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Gli Autoritratti di Paul Gauguin
Tra le opere del pittore francese Paul Gauguin sono numerosi gli autoritratti di natura espressionista che ripropongono alcuni periodi storici e psicologici della vita dell'artista. Per il pittore gli autoritratti divengono una vera e propria ossessione, un'occasione per guardare in profondità nella propria anima alla ricerca della più intima identità spirituale.
Indice
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5.2 Descrizione
6. Autoritratto presso il Golgota (1896)
6.1 Storia
7. Autoritratto con gli occhiali (1903)▼
6.2 Descrizione
I Miserabili (1888)
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Descrizione
Gauguin si raffigura con un'aria seria e impenetrabile nel contesto "tahitianizzato" della sua nuova bottega, una sorta di studio-abitazione messo su come un "atelier dei mari del sud": muri gialli e verdi, su una finestra il motto <<Ici faruru>> (" Qui si fa l'amore"), tele "barbare" e opere di impressionisti, oggetti esotici di ogni genere come il pareo giallo e blu sulla destra. L'immagine che il pittore vuole trasmettere è quella di un artista selvaggio, dai tratti "primitivi", la cui rudezza è accentuata dalla semplicità della pennellata e dal materiale ruvido con cui è composta la tela. Nello studio dell'artista,il giovedì, si organizzavano serate durante le quali Gaguguin si atteggiava a maestro, raccontava dei suoi viaggi, parlava delle opere esotiche, leggeva brani di "Noa Noa", portava Tahiti nel raffinato circolo simbolista parigino. Talvolta vi si affacciavano scrittori simbolisti e personaggi illustri che a quel tempo si attivarono per far conoscere l'opera di Gauguin come Mallarmè, Strindberg, Durrio, Molard; quest'ultimo compare sul retro del quadro, con il viso dall'espressione un pò stravolta. Dietro la figura di Gauguin, a rovescio come fosse visto in uno specchio, l'artista colloca il famoso "Manau Tupapaù" ("Lo spirito dei morti veglia",un olio su tela (73x92cm) realizzato nel 1892 e conservato nel Allbright-Knox Art Gallery,a Buffalo) che, a detta dell'artista, rappresenta l'opera più importante e più significativa realizzata durante il suo soggiorno nel Pacifico. Il dipinto ritrae una giovane donna che giace supina e nuda nel proprio letto mentre alle sue spalle aleggiano gli spiriti con velo nero; la donna raffigurata nella tela è Teha'amana,la giovane compagna del pittore, che avrebbe preso ispirazione per il quadro quando tornando da Papeete in una sera di pioggia tra lampi e tuoni,trovò la donna al buio nella capanna, sdraiata sul letto e terrorizzata dall'oscurità e dalla tempesta. Il pittore aggiunge a sinistra nel quadro una figura incappucciata, con l'aria minacciosa, una sorta di demone o spettro polinesiano dei morti ("Tupapau") che evoca la paura della fanciulla nella notte di pioggia. L'intero quadro, con le sue due facce, fornisce una sintesi esatta dell'inverno 1893-1894 che il pittore trascorse a parigi.
Storia
Durante il secondo soggiorno a Tahiti Gauguin si impegna nella ricerca di un dialogo tra la cultura polinesiana e quella francese e la sua posizione "ambivalente" di artista e teorico riflette la sua personale variante di "primitismo moderno": un'insieme di elementi europei e polinesiani, prestiti dalla religione cattolica e dalle tradizioni spirituali extraeuropee. Questa è la nuova direzione che intraprende e che si apre con la serie di dipinti iniziata al principio del 1896, dopo un lungo periodo di inattività per le cattive condizioni di salute e la sistemazione della nuova abitazione a Punaauia, sulla costa ovest di Tahiti. Il riflesso di uno stato d'animo negativo, influenzato in parte dagli insuccessi parigini, si avverte nel primo quadro dipinto da Gauguin dopo il ritorno a Tahiti: l' "Autoritratto presso il Golgota" (1896), olio su tela (76x64cm), custodito al Museu de Arte, San Paulo. L'artista si presenta assimilato a Cristo, come martire e vittima dell'arte nuova, l'arte primitiva e pura; il dipinto è infatti caratterizzato da una forte pregnanza simbolica ed assume i caratteri di una meditazione personale. Ad avvalere questa ipotesi è il fatto che questo quadro non fu destinato al mercato poichè Gauguin lo tenne sempre con se come icona dell'ultimo periodo della sua vita e testimone delle sue meditazioni: un "memento". Fu acquistato solo dopo la sua morte dallo scrittore e amico Victor Segalen, che si era recato alle isole Marchesi per incontrarlo.
Descrizione
A differenza degli altri dipinti in cui Gauguin, divenuto capo di una piccola accolita di artisti, sovrappone a se stesso l'immagine di Gesù, capo e guida degli apostoli, nell' "Autoritratto presso il golgota" l'identificazione è meno ostentata: l'artista è vestito con una lunga tunica bianca, propabilmente un camice d'ospedale, e con i capelli più lunghi del reale. Il camice bianco evoca Gesù Cristo mentre nello sfondo scuro il Golgota (o Calvario), luogo in cui Gesù fu crocifisso, sembra annunciare la fine vicina. Gauguin, immerso nelle tenebre, fissa negli occhi l'osservatore con uno sguardo spento, il volto serio e teso, a sottintendere una sofferta meditazione e le sofferenze fisiche che gli procuravano i suoi mali. Le braccia abbandonate lungo i fianchi raccontano la resa di un uomo ormai minato da malattie, in ospedale con le gambe piagate e con la sifilide. Se però nel "Cristo nell'orto" lo sguardo abbassato sottolineava la rassegnazione di chi si compiaceva di essere riconosciuto come un martire della fede nell'arte, l'atteggiamento di questo lavoro è diverso. Lo sguardo sicuro diventa un atto di d'accusa rivolto non solo alla società francese del tempo, che aveva disprezzato il suo profeta, ma a tutti gli uomini, compresi quelli che in un prossimo futuro fossero stati incapaci di riconoscere il valore del suo messaggio artistico. Gauguin è come il Cristo che muore, nell'isolamento morale e affettivo, per le colpe commesse da tutti gli uomini, anche da quelli non ancora nati, ed egli stesso affermerà che il vero calvario è "questa spaventosa società che fa trionfare i piccoli a spese dei grandi e che pure dobbiamo sopportare".
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