Orfeo ed Euridice (Gluck): differenze tra le versioni

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Gluck eseguì una serie di cambiamenti nell'orchestrazione dell<nowiki>'</nowiki>''Orfeo'', allorché si trovò, nel 1774, ad adattare ai complessi dell'[[Académie Royale de Musique]] la partitura viennese originaria. [[Cornetto (strumento musicale)|Cornetti]] e ''[[salmoè]]'' furono rimpiazzati da più moderni ed usuali [[oboe]] e [[Clarinetto|clarinetti]], mentre calò considerabilmente la parte riservata ai [[Trombone|tromboni]], forse per mancanza di capacità tecniche da parte degli esecutori francesi. I cornetti erano strumenti tipicamente utilizzati per la [[musica sacra]], mentre i salmoè avevano largo uso solo in quella [[Musica da camera|da camera]]: tutte e due le tipologie di strumenti erano inusuali nella Francia del 1774.<ref name="Mestron" />. Sotto certi punti di vista, il passaggio dal salmoè all'oboe corrisponde al mutamento da castrato a tenore acuto: né i castrati né i salmoè erano destinati a sopravvivere a lungo<ref name="Mestron" />.
 
In ambe le edizioni, italiana e francese dell'opera, la [[Lira (strumento musicale)|lira]] di Orfeo è rappresentata dall'[[Arpa (strumento musicale)|arpa]], cosa che si ritiene costituisca il primo esempio di introduzione di questo strumento nelle orchestre francesi<ref name="Mestron" />. Ogni verso dell'aria strofica "Chiamo il mio ben così" viene accompagnata da un diverso strumento solista: a Vienna si trattava di [[flauto]], [[Corno (strumento musicale)|corni]] e [[Corno inglese|corni inglesi]], ma nel 1774 Gluck fu costretto a passare ad un singolo corno e a due clarinetti, anche in questo capo in parte rimpiazzando strumenti inusuali con altri di più largo utilizzo<ref name="Mestron" />. Durante l'aria "Chiamo il mio ben così" ed i recitativi ad essa inframmezzati, Gluck previde una seconda orchestra, composta di archi e salmoè, dietro il palcoscenico, allo scopo di creare un effetto di [[Eco (fisica)|eco]]<ref name="Grove" />.
 
Per i diversi organici orchestrali previsti nelle varie edizioni, vedi la voce [[Versioni storiche di Orfeo ed Euridice]].
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Coro di furie e spettri nell'Inferno e Orfeo/''Orphée''
 
In un oscuro panorama di caverne rocciose, mostri e spettri dell'al di là rifiutano inizialmente di ammettere Orfeo, in quanto persona vivente, nel mondo degli inferi, invocando contro di lui "le fiere [[Eumenidi]]" e "gli urli di [[Cerbero]]", il mostruoso guardiano canino dell'[[Ade (regno)|Ade]] (coro: “Chi mai dell'Erebo”/“''Quel est l'audacieux''”)<ref>Il testo cantato dal [[Coro (opera)|coro]] è costituito da tutta una serie di impressionanti versi [[Metrica italiana#Versi piani.2C sdruccioli e tronchi|sdruccioli]] volti a destare l'inquietudine dell'ascoltatore; tale effetto si perde purtroppo nella traduzione in francese dove esistono solo [[Parola tronca|parole ossitone]] o, al massimo, [[Parola piana|piane]].</ref>. Quando Orfeo, accompagnandosi con la sua [[lira (strumento musicale)|lira]] (orchestralmente resa con un'[[Arpa (strumento musicale)|arpa]]), si appella alla pietà delle entità abitatrici degli inferi, definite "furie, larve, ombre sdegnose" (aria: "Deh placatevi con me"/“''Laissez-vous toucher''”), egli viene dapprima interrotto da orrende grida di "No!"/“''Non!''” da parte loro, ma, poi, gradualmente intenerite dalla dolcezza del suo canto (arie: "Mille pene"/“''Ah! La flamme''” e "Men tiranne"/“''La tendresse''”), esse gli dischiudono i "neri cardini" delle porte dell'Ade (coro: “Ah, quale incognito”/“''Quels chants doux''”). Nella versione del 1774, la scena si chiude in una "Danza delle furie" (n. 28)<ref>La danza, ''presa in prestito'' dal balletto "Don Juan" (Vienna, 1761), è stata talvolta ricollocata, nelle edizioni novecentesche dell'opera, alla fine del primo atto.</ref>.
 
==== Scena seconda ====