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Il problema della confinazione tra italiani e slavi meridionali ha le sue premesse nei processi del [[XIX secolo]], quando sull'onda dell'emergere delle [[Identità nazionale|identità nazionali]] si elaborò anche nei territori dove i due gruppi convivevano, da parte delle rispettive rappresentanze nazionali, la teoria del legame tra un popolo (cioè: una nazione) e un territorio.
 
In tale ambito, i territori di Gorizia, di Trieste e dell'Istria divennerovennero visti da parte italiana come i settori orientali della regione veneta (La [[Venezia Giulia]]), e quindi le terre sulla frontiera nord-orientale dell'Italia; al contempo, gli stessi territori assumevano il ruolo di propaggini occidentali degli spazi etnici e linguistici sloveno e croato. AIn fronte di questealtre zone, l'identificazione popolo-territorio fu invece da altre parti più graduale. Il caso di [[Fiume (Croazia)|Fiume]] ne è esempio: se infatti la città venne vista da un lato come città "''croata''" dal 1848, per buona parte della rappresentanza cittadina (perlopiù di lingua italiana) essa costituiva invece un territorio che doveva restare "''autonomo''" nell'ambito del [[Regno d'Ungheria|Regno di Ungheria]]; solo a partire dai primi del '900 i pensieri [[Irredentismo italiano|irredentistici]] italiani avrebbero iniziato a considerare anche Fiume.
 
Infine, c'era la Dalmazia, che nella prospettiva croata era una terra abitata da croati e più in generale costituiva un punta della triade che metteva sullo stesso piano Croazia, Dalmazia e Slavonia. A fronte di questa posizione - per la quale si era più volte chiesta l'<i>unione</i> amministrativa del Regno di Dalmazia con il Regno Croazia-Slavonia, nell'ambito dell'[[Monarchia asburgica|Impero]] - si contrappose a lungo quella <i>autonomista</i> la quale, in linea con il pensiero espresso da uomini come [[Niccolò Tommaseo]], vedeva nei dalmati - sia italiani che slavi - un popolo a sé, e nel territorio che essi abitavano il ponte tra i due mondi. Tuttavia per vari fattori, e in particolare visti i successi politici che gli schieramenti nazionali croati ebbero praticamente ovunque in Dalmazia nella seconda metà dell’Ottocento, la prospettiva dell'autonomia fu considerata alla lunga sempre più come inefficace, facendosi quindi largo anche presso i dalmati italiani la linea irredentista, vista ormai come una strada sempre più obbligata. Puntando infatti sulla prospettiva di una Dalmazia italiana, essi ritenevano con ciò di preservare il patrimonio culturale, linguistico e umano non slavo della regione che altrimenti - si sosteneva - si sarebbe perso con la soluzione croata. Questa posizione, faceva il paio con quella di chi - specie in Italia - auspicava una tale soluzione in vista di una solida egemonia italiana nel [[mare Adriatico]].