Suicidio nell'antica Roma: differenze tra le versioni
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Espletate queste formalità religiose, il console si lanciò a cavallo tra le file nemiche. Dopo aver ucciso molti nemici, cadde a terra in modo eroico, abbattuto dai dardi e dalle schiere [[latini|latine]]. Questo gesto diede ai suoi una tale fiducia e un tale vigore che i Romani si gettarono con grande impeto nella battaglia, mentre i nemici, confusi, cominciarono ad arretrare sotto la foga dell'armata romana, rincuorata dal sacrificio del proprio comandante. La [[Battaglia del Vesuvio (340 a.C.)|vittoria]], alla fine, arrise ai Romani.<ref>[[Sesto Aurelio Vittore|Aurelio Vittore]], ''De Viris Illustribus Romae'', 28.</ref>
Seguendo lo stesso rituale del padre si suicidarono i suoi due figli uno durante la terza guerra sannitica nella battaglia di Sentino nel 295 a.C. <ref>Livio ''op.cit.'', X, 28</ref>; l’altro nella battaglia di Ascoli Satriano del 279 a.C. contro Pirro.
==Note==
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