De vulgari eloquentia: differenze tra le versioni

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Di diverso avviso fu invece il Manzoni, il quale in una lettera scritta nel [[1868]]<ref>[http://www.classicitaliani.it/manzoni/Dante_Vulgari.html Alessandro Manzoni, Lettera a Ruggero Bonghi intorno al libro De Vulgari Eloquio di Dante Alighieri]</ref> sostiene che nel ''De vulgari eloquentia'' Dante abbia affrontato la questione del volgare solo per legittimare l'uso del volgare per trattare temi nobili in contesto letterario e per costruire una norma letteraria unitaria, cioè una lingua unitaria unicamente scritta, ma in nessun passaggio egli lo propone come lingua corrente del popolo: ''"Al libro De Vulgari Eloquio è toccata una sorte, non nova nel suo genere, ma sempre curiosa e notabile; quella, cioè, d'esser citato da molti, e non letto quasi da nessuno, quantunque libro di ben piccola mole, e quantunque importante, non solo per l'altissima fama del suo autore, ma perché fu ed è citato come quello che sciolga un'imbarazzata e imbarazzante questione, stabilendo e dimostrando quale sia la lingua italiana."''
 
Dante Alighieri, profeta della lingua, in particolare del ceppo indoeuropeo, ci ammonisce in merito alla degradazione della linguistica preda di ladroni e saccheggi. La Lingua , per Alighieri, è un patrimonio inestimabile, chiuso in poche lettere che ammaestrano l'umanità.
 
==Note==