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La famiglia '''Fontanot''' è stata una nota famiglia di [[antifascisti]], [[comunisti]] e [[partigiani]] di origine [[Trieste|triestina]] e [[Fiume (città)|fiumana]] (con un ramo italo-francese), che pagò molto duramente la propria scelta politica e militare.<br />Fra i componenti della famiglia si annoverano: Vinicio Fontanot, Giovanni Fontanot, Giacomo Fontanot, Giuseppe Fontanot, Giacomo Fontanot (nipote di Giacomo e figlio di Giuseppe), Armido Fontanot, Licio Fontanot, i due fratelli ed il cugino di Nerina Fontanot, Elsa Fontanot, Ribella Fontanot, Spartaco Romano, cugino di Vinicio, Lisa, moglie di Armido, e Giovanna moglie di Vinicio, anch'esse attive militanti comuniste.<br ebbero un figlio giovanni fontanot nato 1945, che si sposo nel 1968 con Luigia Harland , ebbero cosí 3 figli, Laura Fontanot 1971, Alessandro Fontanot 1972, Mariaelena Fontanot 1977, da Alessandro Fontanot e Tebetes Araya ebbero 2 figli , Yohanes Fontanot 2004 e Kyle Fontanot 2010.
 
== Premessa ==
La storia della [[Resistenza italiana|Resistenza]] tradizionale dà, come riferimento iniziale, i giorni immediatamente successivi all'[[Armistizio di Cassibile]] stipulato fra il [[regno d'Italia]] e gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] l'8 settembre [[1943]]<ref>non considerando la lotta armata antifascista degli [[Arditi del Popolo]] e della [[formazioni di difesa proletaria]] degli [[Anni 1920|anni venti]]</ref>. Tale datazione può considerarsi valida in linea di massima, ma non per il [[Friuli-Venezia Giulia]], dove la Resistenza armata ebbe inizio nel 1942 con una serie di azioni di guerriglia (fra cui quelle di [[Stojan Furlan]]). La spinta antifascista nelle zone operaie non si era esaurita negli [[Anni 1920|anni venti]] del [[XX secolo|Novecento]] ed era rimasta come "un fuoco sotto la cenere". Il consenso ottenuto dal fascismo negli [[Anni 1930|anni trenta]] con l'illusione dell'impero ed il relativo appoggio, o indifferenza, popolare, aveva viepiù permesso [[Campi per l'internamento civile nell'Italia fascista|l'incarcerazione ed il confino]] di gran parte degli antifascisti senza "colpo ferire", ma coloro che non erano stati presi pur essendo in numero ridotto, erano molto attivi.<br />Alcune zone operaie italiane erano ancora ''roccaforti silenti'' di frange comuniste, socialiste ed [[Anarchismo|anarchiche]] che mantenevano embrioni di organizzazioni clandestine. Fra queste ultime va citato il caso, in [[Liguria]], di [[Sestri Ponente]] in cui cellule organizzative si erano già [[Anarchici e Resistenza a Sestri Ponente#Anarchici e Resistenza a Sestri Ponente|strutturate nel 1942]] e quello di [[Monfalcone]], in [[Friuli-Venezia Giulia]], dove era iniziata a strutturarsi la resistenza politica al fascismo grazie ai cantieri navali e a una conseguente forte concentrazione di classe operaia. Grazie a questa industria, [[Monfalcone]], da piccolo villaggio, era diventato un grosso borgo operaio con più di diciannovemila abitanti attorno alla metà degli anni trenta presentando forti analogie con [[Sestri Ponente]], anch'essa contraddistinta dalla presenza di cantieri e fabbriche dell'indotto.<br />Anche [[Ronchi dei Legionari]] contava in quel periodo circa ottomila abitanti e una crescita simile avevano avuto i paesini limitrofi. Vi era stata quindi una forte proletarizzazione di strati contadini che portava ad avere un rapporto con lo sviluppo politico nazionale ben differente dal periodo precedente. Il cantiere e/o la fabbrica divenne luogo di presa di coscienza sindacale e di classe<ref>[http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:0tbzKTtl33UJ:www.anpibagnoaripoli.it/doc/testi/OndinaPeteani.pdf+vinicio+fontanot+anpi&hl=it&ct=clnk&cd=5&gl=it&client=firefox-a la Resistenza prima della Resistenza]</ref>. Nel monfalconese e zone limitrofe, pertanto, già durante gli anni del cosiddetto "consenso" nei confronti del regime fascista, operai in massima parte [[comunisti]] e [[socialisti]] distribuivano manifestini contro la [[guerra d'Etiopia]] ([[1935]]) e due anni più tardi, nel [[1937]], fecero innalzare nel cielo un [[pallone aerostatico]] che portava ben visibile la scritta "Viva l'[[URSS]]. Morte ai criminali [[fascisti]]".<br />In quel periodo gli operai delle suddette zone costituirono un'organizzazione denominata ''[[Soccorso Rosso Internazionale|Soccorso Rosso]]'', che raccoglieva fondi per dar aiuto alle famiglie degli [[antifascisti]] arrestati, impiantando persino una tipografia clandestina per la stampa del giornale "[[L'Avanti]]", mentre le riunioni si tenevano direttamente nelle case delle famiglie operaie. È in questa situazione che intere famiglie passarono alla lotta [[antifascista]], prima politica, e, non appena possibile, armata. Fra queste ultime ricordiamo la famiglia Marvin<ref>composta dai fratelli Marvin Romano, Albino e Giuseppe. Giuseppe, come molti [[Antifascisti nella legione straniera|reduci dalla Spagna]], si arruolerà nella [[Legione Straniera]] francese, combatterà a Narvick in [[Norvegia]], dove verrà decorato al valore, raggiungendo successivamente i [[maquis]] in [[Francia]] e cadendo, fucilato dai tedeschi, a [[St. Germain du Corbeis]]; Albino, gravemente ferito in [[Spagna]], sarà curato in [[URSS]] per poi essere paracadutato in [[Slovenia]] dove diverrà capo di stato maggiore della Divisione Garibaldi Natisone; Romano si unirà alle Brigate garibaldine della zona di [[Gorizia]] e resterà con queste fino alla Liberazione.( [http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/giumarvin.gif foto di Giuseppe Marvin da archivio [[Giorgio Visintin]]] [http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/framarvin.gif foto dei fratelli Marvin da archivio [[Giorgio Visintin]], da sinistra, in piedi: Albino Marvin, [[Ilio Barontini]] e [[Antonio Roasio]]; seduti: Romano Marvin e [[Anello Poma]]] )</ref>, la famiglia [[Giorgio Visintin|Visintin]] e la famiglia Fontanot.
 
== La famiglia ==
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Nato a [[Muggia]] (Trieste), il 10 gennaio [[1873]], morto nel [[campo di concentramento di Dachau]] il 6 marzo [[1944]].
Fu cugino di Giacomo e Giuseppe Fontanot, i due fratelli antifascisti che ripararono in [[Francia]] negli anni venti, mentre Giovanni, rimasto in [[Italia]] subì il carcere. Dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] Giovanni, ormai settantenne, prese parte alla Resistenza armata friulana. Venne catturato pochi mesi dopo dai germanici a [[Pozzuolo del Friuli]] e deportato a Dachau. Data anche l'età non poté resiste per lungo tempo al regime criminale di trattamento del campo. Due figli, Licio e Armido, nel frattempo caddero combattendo nella Resistenza. Fra i suoi figli si salvò solo Vinicio Fontanot che sarà il comandante del 3º Battaglione della [[Brigata Proletaria]], con il nome di battaglia di "Petronio".
 
=== Giacomo Fontanot ===
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=== La testimonianza nel libro di memorie di Mario Tonzar, operaio monfalconese ===
 
La situazione in quel periodo è ben illustrata dalla testimonianza di Mario Tonzar<ref>Mario Tonzar, nasce a [[Turriaco]] nel 1920, muore nel 2007, di origini contadine entra nel cantiere di [[Monfalcone]] nel 1935 dove inizia la sua formazione politica, ed è arrestato dai [[fascisti]] il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse località del monfalconese. Presto rilasciato inizia la lotta clandestina [[antifascista]] fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con L'«[[Gruppi di Azione Patriottica#Notizie localistiche sui GAP|Intendenza Montes]] senza prendere parte alle azioni di battaglia dei [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] ma facendo supporto. Subito dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] entra a far parte nelle ''milizie popolari'' diventando responsabile settore giovanile del [[Partito Comunista Italiano|Pci]] nella [[Regione Giulia]].Un paio di anni dopo decide di trasferirsi in [[Jugoslavia]]. Prima si reca in [[Bosnia]] e poi a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] ma resta fedele al dettame [[stalinista]] del [[Cominform]] per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di [[Uljanik]] e [[Bilece]]. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a [[Turriaco]] [http://www.anpi.it/patria_2008/002/F_INSERTO_XI-XIII.pdf da [[ANPI]]]</ref> nel libro di Alessandro Morena "''La valigia e l'idea. Memorie di Mario Tonzar''"<ref>[http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html Tragico destino degli operai "cominformisti" di Anna Di Gianantonio]</ref> Secondo l'autore si era creato un forte legame fra partigiani jugoslavi ed italiani che risiedevano in quelle zone, ciò che li accomunava era un passato di lotta contro i [[nazifascisti]], lo stesso evento fu visto come tradimento dagli jugoslavi, facendo riferimento ai partigiani e operai andati in Jugoslavia, ma rimasti fedeli allo stalinismo. La sua lunga intervista permette di capire quali fossero i sentimenti di una parte della gente di confine in quelle zone ed in quel periodo, vi furono manifestazioni affinché tali territori fossero annessi alla Jugoslavia, con episodi che arrivarono all'aggressione dei corridori durante il giro d'Italia del '46 presso il ponte di [[Pieris (San Canzian d'Isonzo)|Pieris]]<ref>Giro preso a sassate a Pieris (http://www.ilterritorio.ccm.it/lib/files/territorio_bollettino_it_645_pdf_.pdf)</ref>. All'epoca Trieste era ancora contesa tra le due nazioni e gli italiani che erano stati partigiani con i compagni jugoslavi, erano favorevoli ad una annessione alla Jugoslavia. In seguito però vi fu la rottura fra Stalin e Tito, con le conseguenze per gli emigrati in Jugoslavia di cui si è trattato sopra; il fatto più sconcertante è che, non molti anni dopo, Stalin ebbe le critiche dei comunisti italiani e questo normalizzò in parte i rapporti fra i due partiti ma, nel frattempo, gli operai fedeli al [[cominform]] ed espatriati in Jugoslavia, avevano già subito dure pene.
 
== Note ==
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*Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione ''Resistenza e questione nazionale'' [[Del Bianco]], 1981
*Alfonso Bartolini ''Storia della resistenza italiana all'estero'' [[Rebellato]], 1965
*Dino Virgili, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia ''[[Nazisti]] e [[fascisti]] in [[Friuli]]'' [[Del Bianco]], 1995
*[[Giacomo Scotti]] ''Bono taliano: gli Italiani in Jugoslavia'' (1941-1943) [[La Pietra]], 1977
*[[Giacomo Scotti]] ''Juris, juris! All'attacco! La guerriglia partigiana ai confini orientali d'Italia 1943-1945'' Mursia, 1984
*[[Giampaolo Gallo]] ''La Resistenza in Friuli, 1943-1945'' Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 1988
*[[Arrigo Petacco]] ''L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia''
*Alessandro Morena ''La valigia e l'idea. Memorie di [[Mario Tonzar]]''<ref>Mario Tonzar, nasce a [[Turriaco]] nel 1920, muore nel 2007, di origini contadine entra nel cantiere di [[Monfalcone]] nel 1935 dove inizia la sua formazione politica, ed è arrestato dai [[fascisti]] il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse località del monfalconese. Presto rilasciato inizia la lotta clandestina [[antifascista]] fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '44 e inizia la collaborazione con l'«[[Gruppi di Azione Patriottica#Notizie localistiche sui GAP|Intendenza Montes]] senza prendere parte alle azioni di battaglia dei [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] ma facendo supporto. Subito dopo la Liberazione entra a far parte nelle ''milizie popolari'' diventando responsabile settore giovanile del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] nella [[Regione Giulia]]. Un paio di anni dopo decide di trasferirsi in [[Jugoslavia]]. Prima si reca in [[Bosnia]] e poi a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] ma resta fedele al dettame [[stalinista]] del [[Cominform]] per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di [[Uljanik]] e [[Bilece]]. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a
[[Turriaco]] [http://www.anpi.it/patria_2008/002/F_INSERTO_XI-XIII.pdf da [[ANPI]]]</ref> Consorzio culturale del monfalconese, 2005
*Luciano Patat, La battaglia partigiana di Gorizia : la resistenza dei militari e la "brigata proletaria" (8-30 settembre 1943) - Gorizia Centro isontino di ricerca e documentazione storica e sociale Leopoldo Gasparini, 2015.- (parte 2 La brigata Proletaria) - parte 3 (p.100-101) - IT\ICCU\TSA\1447292