Alcibiade: differenze tra le versioni
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Oratore e statista di altissimo livello, fu l'ultimo membro di spicco degli [[Alcmeonidi]], il clan aristocratico a cui apparteneva la famiglia di sua madre, poi decaduto con la fine della [[guerra del Peloponneso]]. Svolse un ruolo importante nella seconda parte di questo conflitto, come consigliere strategico, comandante militare e politico.
Lorenzo Titef Durante la guerra del Peloponneso, Alcibiade cambiò più volte il proprio partito politico: nella natia Atene, dal 420 a.C al [[anni 410 a.C.|410 a.C.]] fu fautore di un'aggressiva politica estera impegnandosi nell'organizzazione della [[spedizione ateniese in Sicilia]], ma passò dalla parte di [[Sparta]] quando i suoi oppositori politici lo accusarono del [[scandalo delle erme|sacrilegio delle erme]]. A Sparta propose e supervisionò importanti campagne militari contro la sua città natale, ma anche da lì fu ben presto obbligato a rifugiarsi in [[Impero achemenide|Persia]], dove divenne consigliere del [[satrapo]] [[Tissaferne]] finché i suoi sostenitori politici ateniesi non gli chiesero di tornare. Fu poi [[strategos|generale]] ad Atene per diversi anni, ma i suoi nemici riuscirono a farlo esiliare una seconda volta.
A detta di molti storici, se avesse potuto comandare la spedizione in Sicilia da lui progettata (guidata invece da [[Nicia]]), l'operazione non sarebbe terminata con la disastrosa disfatta degli Ateniesi.<ref name=V59>{{cita|Vlachos|p. 59}}.</ref> Negli anni passati a Sparta, Alcibiade ebbe un ruolo determinante nella caduta di Atene: l'occupazione permanente della città di [[Decelea]] e le rivolte di molti territori sotto il controllo di Atene furono da lui consigliate o supervisionate. Una volta tornato alla sua città natale, comunque, ebbe un ruolo cruciale in una successione di vittorie ateniesi che forse avrebbero costretto Sparta alla pace.
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