Papa Celestino I: differenze tra le versioni

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|canonizzazione =
|santuario principale =
|ricorrenza = [[27 luglio]] ([[Chiesa cattolica]]), [[8 aprile]] ([[ChieseChiesa ortodosseortodossa]])
|attributi = colomba, drago, fiamma
|patrono =
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|Nazionalità = romano
|Categorie = no
|FineIncipit = è stato il 43º [[vescovo di Roma]] e [[Papa]] della [[Chiesa cattolica]] dal 10 settembre (o 3 novembre) [[422]] alla sua morte. È venerato come [[santo]] dalla [[Chiesa cattolica]] e dalle [[Chiesa ortodossa|Chiese ortodosse]]
}}
 
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Gli ultimi anni del pontificato di Celestino furono impiegati nella lotta all'eresia di Nestorio. Divenuto vescovo di [[Costantinopoli]] nel [[428]], all'inizio fu fonte di grande soddisfazione per il papa, come si evince da una lettera indirizzatagli da Celestino stesso. Ma presto nacquero sospetti circa la sua ortodossia: ricevette in modo benevolo i Pelagiani banditi da Roma dal papa e poco dopo giunsero a Roma echi dei suoi insegnamenti eretici riguardo alla duplice personalità di Cristo e, in particolare, rispetto al ruolo della Madonna, che si rifiutava di riconoscere come "Madre di Dio", ma solo come "Madre di Cristo". Celestino ordinò a [[san Cirillo d'Alessandria]] di investigare e presentare un rapporto. Cirillo, avendo appurato che Nestorio professava apertamente la sua eresia, inviò un resoconto particolareggiato al papa che, in un [[sinodo]] romano (agosto [[430]]), avendo condannato solennemente gli errori di Nestorio, ordinò a Cirillo di procedere contro di lui in suo nome.
 
Quest'ultimo avrebbe dovuto essere [[scomunica]]to e deposto a meno che entro dieci giorni non avesse ritrattato solennemente e per iscritto i suoi errori. In lettere scritte lo stesso giorno a Nestorio, al clero e al popolo di Costantinopoli, a [[Giovanni di Antiochia (patriarca)|Giovanni di Antiochia]], Giovenale di [[PatriarcatoPatriarchi di Gerusalemme|Gerusalemme]], Rufo di Tessalonica e Flaviano di [[Filippi]], Celestino rese pubblica la sentenza emessa su Nestorio e l'incarico dato a Cirillo di eseguirla. Allo stesso tempo riammise tutti coloro che erano stati scomunicati o erano stati deposti da Nestorio. Cirillo lanciò la condanna papale ed il suo [[anatema]] su Nestorio.
 
Ma Nestorio godeva delle simpatie dell'imperatore che, non convinto delle decisioni prese a Roma, indisse un concilio generale da tenersi a Efeso (7 giugno [[431]]). Celestino inviò quali [[Legato pontificio|legati]] i vescovi Arcadio e Proietto ed il presbitero Filippo, che avrebbero dovuto appoggiare Cirillo pur non partecipando alla discussione, ma con il solo compito di valutare le opposte opinioni, riservandosi il papa di emettere la decisione finale. Approfittando delle assenze, a vario titolo, di molti rappresentanti delle Chiese d'Oriente e d'Africa, nella seduta del 22 giugno Cirillo chiuse in tutta fretta i lavori, confermando la condanna di Nestorio. L'imperatore accolse il reclamo di quest'ultimo e convocò una nuova assemblea generale nei primi giorni di luglio, che però di nuovo confermò la sentenza già emessa in precedenza. [[Teodosio II]] non poté opporsi, ma chiese ed ottenne la deposizione anche di Cirillo, che però fu presto riabilitato, mentre Nestorio si ritirò in un convento e morì poco dopo in Egitto.