L'Olimpiade (Pergolesi): differenze tra le versioni

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==Vicende storiche==
===La preparazione===
Pergolesi era probabilmente guardato con un certo sospetto dalla [[Conquista borbonica delle Due Sicilie|nuova dinastia borbonica]] che si insediò a Napoli nel maggio del 1734, a causa dei suoi collegamenti con ambienti aristocratici del precedente [[Regno di Napoli#Gli Asburgo .28vicereame.29|viceregno austriaco]].<ref>Nel 1732 Pergolesi era stato nominato maestro di cappello del principe di Stigliano, Ferdinando Colonna, alto funzionario del viceré austriaco, mentre nel 1734 aveva assunto la stessa carica presso ill'ottavo duca di Maddaloni, Domenico Marzio VIII Carafa (e non Marzio IV come erroneamente indicato da Toscani), parente del principe. Al momento della conquista borbonica entrambe le famiglie erano riparate a Roma e avevano invitato il musicista a seguirle. Qui, su commissione dei Maddaloni, Pergolesi compose una ''Messa in fa maggiore'' in onore di [[Giovanni Nepomuceno|San Giovanni Nepomuceno]], protettore della [[Boemia]] e quindi particolarmente venerato nell'[[Monarchia asburgica|impero asburgico]], la quale fu eseguita con scalpore in maggio nella [[basilica di San Lorenzo in Lucina]]. Seppur forse messo in cattiva luce dall'episodio, Pergolesi fu comunque invitato a tornare a Napoli dal nuovo sovrintendente borbonico ai teatri, il marchese d'Arienzo, Lelio Carafa, intimo del nuovo re e zio del duca di Maddaloni, il quale faceva quindi parte di diritto della schiera dei suoi protettori, e a proporre l<nowiki>'</nowiki>''Adriano in Siria'', andata in scena alla fine del mese di ottobre (Toscani). Una conferma della relativa caduta in disgrazia di Pergolesi è stata offerta da documenti recentemente ritrovati dai quali risulta che l'impresario del San Bartolomeo [[Angelo Carasale]] si rifiutò di pagare al musicista il compenso pattuito per l<nowiki>'</nowiki>''Adriano in Siria'', con la scusa che due dei suoi protettori, il duca di Maddaloni e il principe di Avellino, Marino Francesco Caracciolo, non avevano pagato l'affitto per i loro palchi durante l'assenza da Napoli collegata al cambio di regime (''La carriera artistica'', [http://www.fondazionepergolesispontini.com/giovanni-battista-pergolesi/la-carriera-artistica/ Fondazione Pergolesi Spontini])</ref> Forse in seguito a tali sospetti, forse semplicemente per lo scarso successo di botteghino che pare avesse arriso alla sua opera, ''[[Adriano in Siria (Pergolesi)|Adriano in Siria]]'', prodotta in tale anno al [[Teatro San Bartolomeo]] (e pur apprezzata, si dice, dal nuovo re [[Carlo III di Spagna|Carlo VII]]), Pergolesi fu escluso dalla partecipazione alla successiva stagione dei teatri napoletani. Egli decise quindi di accettare la commissione che aveva ricevuto dal [[Teatro Tordinona]] di Roma per la composizione dell'opera d'apertura della stagione di carnevale, sul libretto recentemente redatto dal Metastasio e che era già stato musicato da [[Antonio Caldara]] nel 1733 e da [[Antonio Vivaldi]] nel 1734.<ref>Dorsi, pp. 127 e 129.</ref>
 
Il Teatro Tordinona era un antico teatro di tradizione seicentesca, che era stato solo recentemente ricostruito ed era di proprietà della [[Camera Apostolica]]: la cattive condizioni finanziarie in cui versava non lo rendevano certamente competitivo rispetto ai teatri napoletanti nei quali Pergolesi aveva fino ad allora operato.<ref name="Mellace">Mellace.</ref> Con notevole indignazione di Metastasio si dovettero espungere gli interventi del coro, che non era disponibile presso il teatro, mentre la compagnia di canto appariva priva di elementi di grande spicco.<ref>Hucke&Monson, p. 953.</ref> Dato che la proibizione [[Stato Pontificio|pontificia]] della partecipazione delle donne agli spettacoli teatrali determinava la proliferazione dei [[Castrato|castrati]], ai quali erano affidati anche i ruoli femminili, ben cinque dei componenti della compagnia appartenevano a questa categoria, gli altri due essendo invece [[Tenore|tenori]]. Due dei castrati erano reduci dalla partecipazione alla prima dell<nowiki>'</nowiki>''Olimpiade'' di Vivaldi a Venezia: Marianino Nicolini veniva promosso dal personaggio minore di Aminta al ruolo di "prima donna" (Aristea),<ref>Nicolini del resto, a onta del suo abbondante metro e novanta di altezza ("sei piedi" [[:fr:Anciennes unités de mesure françaises#Unit.C3.A9s de longueur dans le syst.C3.A8me du roi de France|dell'epoca]], riferisce un allibito [[Charles de Brosses]]), fu regolarmente impiegato a Roma in ruoli femminili, fino al carnevale 1740 (Dennis Lybby, ''Nicolini, Mariano [Marianino]'', in Sadie, III, p. 599), e avrebbe inoltre interpretato il personaggio di Licida nella prima rappresentazione dell<nowiki>'</nowiki>''Olimpiade'' di [[Leonardo Leo]], al [[Teatro San Carlo di Napoli]], nel 1737, così come quello di Megacle nella versione di [[Gaetano Latilla]], al [[Teatro San Cassiano|San Cassiano]] di Venezia, nel 1752 ([http://corago.unibo.it/risultatoeventiinterpreti/Nicolini%20Mariano CORAGO-Università di Bologna]).</ref> mentre Francesco Bilancioni, assai noto anche con il cognome di Bilanzoni, passava dal personaggio di Megacle a quello di Licida. Per il ruolo di "primo uomo" si faceva ricorso ad un valente cantore della [[Cappella musicale pontificia sistina|Cappella Sistina]], Domenico Ricci, al quale era consuetudine permettere la partecipazione ad eventi teatrali nella capitale pontificia;<ref>Sergio Durante, ''Ricci [Rizzi, Riccio], Domenico ["Menicuccio"]'', in Sadie, III, p. 1309.</ref> il ruolo di tenore principale era affidato all'esperto [[baritenore]] Giovanni Battista Pinacci, attivo da quasi vent'anni sulle varie piazze italiane e da poco reduce da una trasferta [[Georg Friedrich Händel|händeliana]] a Londra;<ref>Winton Dean, ''Pinacci, Giovanni Battista'', in Sadie, III, p. 1014.</ref> quello di "seconda donna" era invece coperto dal giovane castrato Giovanni Tedeschi, il quale sarebbe rimasto noto come impresario del [[Teatro San Carlo (Napoli)|Teatro San Carlo]] negli anni '60.<ref>Dennis Libby (con John Rosselli), ''Tedeschi [Amadori], Giovanni'', in Sadie, IV, p. 674.</ref> Facevano infine parte della compagnia due oscuri comprimari, Nicola Licchesi (Lucchesi?), tenore, e Carlo Brunetti, contralto (l'unico di tale registro nel gruppo di voci bianche), i quali furono comunque gratificati di notevole attenzione da parte di Pergolesi in sede di creazione dell'opera. Se il coro era assente e i cantanti non di grandissimo richiamo, l'orchestra invece era "più numerosa di quelle napoletane dell'epoca, come prova l'impiego, anche simultaneo, di due trombe e di due corni da caccia".<ref>Dorsi, p. 129.</ref>