Ipparco di Nicea: differenze tra le versioni

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È inoltre stato il primo a compilare una [[tavola trigonometrica]], che gli permetteva di risolvere qualsiasi [[triangolo]].
 
== Le opere ==
Ipparco lasciò diverse osservazioni sugli astri e redasse una lista dei suoi lavori principali, in cui menzionava 14 libri, quasi completamente perduti.<ref>{{cita|Geus|pp. 152-153}}.</ref> Forse scrisse anche altre opere sulla meteorologia, sulla matematica e sull'ottica, di cui però non si sono conservati neanche i titoli e che probabilmente ebbero circolazione piuttosto limitata.<ref>{{cita|Geus|p. 153}}.</ref> L'unico suo lavoro pervenuto ai giorni nostri è un commentario in due volumi sul poema didascalico ''Phaenomena'' di [[Arato di Soli]], che a sua volta divulgava l'opera di [[Eudosso di Cnido]], nel quale Ipparco criticava le posizioni e le descrizioni delle stelle e delle costellazioni fornite da Arato e da Eudosso.<ref name=ODCW /><ref>L'edizione critica con traduzione in tedesco è {{cita libro|curatore=Karl Manitius|titolo=Hipparchi in Arati et Eudoxi Phaenomena Commentariorum Libri Tres|editore=B.G. Teubner|anno=1894|città=Lipsia}}</ref> Il commentario è stato tradotto in latino da padre Petau che lo ha edito nella sua ''Uranologie''<ref>Parigi, 1650 in-folio</ref>.
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=== Il catalogo astrale ===
Nel suo primo catalogo stellare, perduto, Ipparco inserì circa 850 stelle, registrando per ognuna la posizione attraverso un [[sistema di coordinate]] sulla [[sfera celeste]] (''climata''<ref>Strabone, ''Geografia'', I, 1, 12; II, 5, 34.</ref>), anziché facendo riferimento alla posizione di altre stelle, con la precisione permessa dall'assenza di orologi, di [[telescopio]] o di altri strumenti moderni.<ref name=Geus154 /> Ipparco non trascurò di indicare la [[Luminosità (astronomia)|luminosità]] degli astri,<ref name=Plinio /> che utilizzò quale parametro per una classificazione che assegnava ciascuna stella in sei gruppi: la cosiddetta [[magnitudine apparente|magnitudine]] stellare. Al primo gruppo appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo quelle un po' più deboli, e via via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano le stelle più deboli visibili in una notte serena senza [[Luna]] da un uomo dalla vista perfetta.
 
Questo più che bi-millenario sistema di misurazione della luminosità (magnitudine) degli astri, leggermente modificato nel corso dell'Ottocento, è utilizzato ancora oggi.
 
== Gli studi geografici ==
Oltre che astronomo, Ipparco è stato anche un grande geografo. [[Strabone]], nella sua ''[[Geografia (Strabone)|Geografia]]'', ci testimonia la sua proposta di calcolare le differenze di [[longitudine]] con metodi astronomici, misurando le differenze tra i tempi locali di osservazione di una stessa [[eclissi lunare]].<ref>[[Strabone]], ''[[Geografia (Strabone)|Geografia]]'', [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Strabo/1A*.html#1.12 I, 1, 12].</ref> Plinio il Vecchio ricorda che Ipparco corresse la misura della circonferenza terrestre proposta da Eratostene, portandola da 252.000 a 278.000 [[Stadio (unità di misura)|stadi]], pari a circa 51.430 &nbsp;km.<ref>Plinio il Vecchio, ''Naturalis historia'', II, 247. Nel conteggio si considera 1 stadio = 185 m.</ref>
 
Secondo quanto riporta [[Strabone]]<ref>[[Strabone]], ''[[Geografia (Strabone)|Geografia]]'', [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Strabo/1A*.html#1.9 I, 1, 9].</ref>, egli aveva inoltre dedotto l'esistenza di un continente che separava l'[[oceano Indiano]] e l'[[oceano Atlantico]], basandosi sulle differenze fra le maree del [[Mare arabico]], studiate da [[Seleuco di Seleucia]], e quelle delle coste atlantiche di [[Spagna]] e [[Francia]]. Senza bisogno di [[Caravella|caravelle]], grazie ad una semplice deduzione, Ipparco aveva intuito l'esistenza dell'[[Americhe|America]].