Natale: differenze tra le versioni

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=== Festività solari ===
Il solstizio invernale e il culto del "[[Sol Invictus]]" nel tardo impero romano hanno verosimilmente avuto un ruolo nell'istituzione e nello sviluppo del Natale.<ref>{{q|''No liturgical historian, whatever her or his position on the concrete causes of the development and institution of the Christmas feast, goeas as far as to deny that it has any sort of relationship with the sun, the winter solsitce and the popularity of solar worship in the later Roman Empire''.|Susan K. Roll. ''Toward the Origin of Christmas'', 1995, pag. 107}}</ref>, ancheSebbene sela tesi dominante sia questa, secondo lo studioso Thomas Talley mancherebbero provele definitivesufficienti perprove accertaredi tale argomentazionetesi.<ref>{{q|''The specific nature of the relation of Christmas to the then-contemporary feast of the birth of the sun, Natali Solis Invicti, has up to now not been conclusively proven from extant texts, no matter how much some sort of relation might make perfect sense''.|Susan K. Roll. ''Toward the Origin of Christmas'', 1995, pag. 107}}</ref><ref>Per Thomas Talley, la teoria che vede il Natale istituito in sostituzione di una festa pagana, manca di sufficienti argomentazioni (Cfr. Thomas Talley, Le origini dell'anno liturgico, Brescia, 1991, pp. 93-101).</ref>.
 
La festa si sovrappone approssimativamente alle celebrazioni per il solstizio d'inverno e alle feste dei saturnali romani (dal 17 al 23 dicembre)<ref>Sui saturnali e sul loro assorbimento in una festività cristiana, cfr. Lesley Adkins,Roy A. Adkins, ''Handbook to Life in Ancient Rome'', Oxford University Press, pag. 287</ref> Inoltre già nel [[calendario romano]] il termine ''[[Natale romano|Natalis]]'' veniva impiegato per molte festività, come il ''[[natale di Roma|Natalis Romae]]'' ([[21 aprile]]), che commemorava la nascita dell'[[Roma|Urbe]], e il ''[[Sol Invictus|Dies Natalis Solis Invicti]]'', la festa dedicata alla nascita del Sole ([[Mitra (divinità)|Mitra]]), introdotta a Roma da [[Eliogabalo]] (imperatore dal [[218]] al [[222]]) e ufficializzato per la prima volta da [[Aureliano]] nel [[274]] d.C. con la data del 25 dicembre<ref>{{q|Trasformato ufficialmente in culto pubblico con Aureliano, nel 274 d.C., venne fissata al 25 dicembre anche la data in cui si doveva celebrare la nascita del dio, ''Natalis Solis Inuicti'', dopo di che Mitra, identificato con ''Sol'' e a lui sovrapposto, divenne il dio invitto per eccellenza|[[Paolo Scarpi]]. ''Le religioni dei misteri'' vol. II. Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 2008, p. 353.}} Ma anche [[Julien Ries]]. ''I cristiani e le religioni''; vol.1 ''Opera omnia''. Milano, Jaca Book, 2006, pag. 157</ref><ref>Va anche considerato che, secondo [[Gaston H. Halsberghe]], Aureliano riformò un culto, quello del dio [[Sol Invictus]], che aveva perso seguito tra i fedeli negli anni precedenti, e lo fece per unificare l'impero e rinnovare i legami con l'autorità centrale dopo le varie guerre e i vari imperatori succedutisi rapidamente. Compì quindi non solo una riforma religiosa ma anche una vera e propria riforma amministrativa: «La Cristianità era infatti in pieno sviluppo -scrive Halsberghe- e i culti orientali avevano scosso la fede nelle antiche divinità romane e le aveva derubate della loro capacità di sostenere la devozione». Per Halsberghe quindi, in un periodo storico in cui l'aspirazione religiosa conduceva verso il monoteismo, il nuovo culto del [[Sol Invictus]] suggellò gli sforzi di Aureliano per stabilire la centralizzazione e il coordinamento dell'impero: «Lo Stato romano era tornata ad essere uno, ma aveva un leader, l'imperatore, e un unico dio per proteggerlo, il dio Sol Invictus». Il dio Sole fu lo strumento con il quale Aureliano si identificò nella divinità, e con il quale rafforzò la sua autorità. La conseguenza immediata del monoteismo del Sole, dice ancora Halsberghe, «è stata così l'unità religiosa dell'impero e la divinizzazione dell'Imperatore nella sua persona». Cfr.: Gaston H. Halsberghe, ''The Cult of Sol Invictus'', Brill Archive, 1972, pp. 130-157</ref>.