Marxismo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Custeped (discussione | contributi)
La merce e il lavoro: voce non può essere una raccolta di testi, è sufficiente indicare la nota
Riga 42:
Il valore di scambio è fondamentale nell'analisi del capitalismo, poiché dipende dal lavoro sociale in esso oggettivato, che risulta anch'esso sdoppiato come la merce: il lavoro si presenta infatti come azione concreta, ma dal punto di vista del valore di scambio quel che conta è il lavoro astratto, ovvero il tempo di lavoro astrattamente e mediamente necessario a produrre la merce. In tal modo il lavoro astratto è spogliato d'ogni caratteristica qualitativa e s'identifica unicamente come tempo di lavoro. Il valore della merce è dato dalla quantità di lavoro medio sociale necessaria per produrla.
 
Visto da questa prospettiva lo stesso processo di produzione si sdoppia, in quanto è insieme processo di lavorazione per produrre merci, e processo di valorizzazione attraverso cui il capitale si accresce. È questa duplicità una caratteristica insita della società capitalista, quindi non è universale. La borghesia unifica come una cosa sola questi due processi dichiarandone la loro universalità, mentre "il capitale non è una cosa, ma un rapporto sociale fra persone mediato da cose". Ciò significa che il capitale presuppone e crea una situazione in cui il nesso sociale fra gli individui si realizza attraverso il mercato e in cui i mezzi di produzione sono di proprietà di una singola classe, mentre la classe antagonista è in possesso solamente della propria forza lavoro<ref>Per Barbara Grandi, ''Quanto serve il sindacato'', [[Mondoperaio]], n. 12/2016, p. 16, "la visione di.</ref>.
Marx – che poggiava su di una prospettiva classica quanto
alla considerazione della composizione del reddito complessivo
– voleva ribaltare quel principio (il [[laissez-faire]]) attraverso
una rivoluzione politica. Non era l’incertezza sul futuro che lo
interessava, ma la certezza che i lavoratori fossero sfruttati
dai capitalisti. Siccome in un’economia capitalista il valore
sociale del lavoro era trasferito nelle merci, ne seguiva che il
lavoro stesso veniva considerato al pari delle merci: ed in un
simile contesto solo un intervento politico avrebbe potuto
preservare i lavoratori dall’alienazione. Il carattere sociale di
ogni attività, la forma sociale di ogni prodotto e la partecipazione
della persona al processo produttivo non vengono tenuti in
considerazione dall’economia, che non prevede rapporti di reciprocità
tra esseri umani ma la loro subordinazione a relazioni
esistenti a prescindere da loro stessi. La frustrante condizione
dei lavoratori deriverebbe cosi dalla struttura dell’economia
capitalista, che tiene separati i mezzi di produzione (terra e
capitale) dai lavoratori: perciò, la sola via per salvare la condizione
umana dall’alienazione sarebbe di restituire ai lavoratori
appunto la proprietà dei mezzi di produzione".</ref>.
 
Nel capitalismo il rapporto tra lavorazione e valorizzazione è di subordinazione della prima alla seconda e la funzione del lavoro concreto è di valorizzare il capitale, cioè "lavoro cristallizzato": "Non è l'operaio che utilizza i mezzi di produzione, ma sono i mezzi di produzione che utilizzano l'operaio". Nel capitalismo domina l'alienazione, il feticismo delle merci che appaiono alla coscienza come cose di per sé valorizzate. Ma alla coscienza sono nascosti i processi e i rapporti sociali della valorizzazione (cioè, lo sfruttamento della forza-lavoro). Avviene perciò una personificazione della cosa e una reificazione della persona.