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=== dal secolo XIII al XV ===
==== La chiusa lignea ====
Possiamo rintracciare la prima traccia documentaria relativa alla chiusa nell'anonimo manoscritto ottocentesco B 2238, conservato nella biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna. Questo fissa già nell'anno Mille l'esistenza di una rudimentale chiusa, a cui si riferisce coi termini "Pescaja"
Non è certo chi fu coinvolto nell'opera di costruzione, ma una possibile ipotesi vede i Canonici Renani, appartenenti alla Canonica di S. Maria del Reno (fondata nel 1130), che erano dotati dei mezzi economici, organizzativi e tecnici necessari per tale impresa. Certo è, invece, che in origine la chiusa era una costruzione modesta, collocata in un punto non ricostruibile con precisione<ref>Ne è causa il fatto che, col passare dei secoli, i livelli del letto del Reno si sono vistosamente modificati.</ref> e successivamente migliorata e ampliata in base alle funzioni e alle potenzialità che con il passare degli anni le erano richieste. ▼
▲Non è certo chi fu coinvolto nell'opera di costruzione della chiusa, ma una possibile ipotesi vede i Canonici Renani, appartenenti alla Canonica di S. Maria del Reno (fondata nel 1130), che erano dotati dei mezzi economici, organizzativi e tecnici necessari per tale impresa. Certo è, invece, che in origine la chiusa era una costruzione modesta, collocata in un punto non ricostruibile con precisione<ref>Ne è causa il fatto che, col passare dei secoli, i livelli del letto del Reno si sono vistosamente modificati.</ref> e successivamente migliorata e ampliata in base alle funzioni e alle potenzialità che con il passare degli anni le erano richieste.
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Il 23 giugno 1208 quarantatré Ramisani, insieme ad altri interessati e aventi diritti sul canale di Reno, stipularono col Comune di Bologna un accordo per cui il Comune stesso si impegnava nella costruzione di una nuova chiusa, provvedendo alla sua regolare manutenzione, e di un nuovo ramo del canale, introdotto nella città di Bologna dalla Grada<ref>Apertura nel muro della città, dotata di solida ferriata che è possibile alzare e abbassare mediante un apposito meccanismo.</ref>.[1] Fra i Ramisani sottoscrittori compaiono nomi di famiglie di nobiltà feudale, di famiglie d'origine mercantili, futura aristocrazia cittadina, e di persone legate all'Università. La nuova chiusa fu effettivamente costruita poco dopo il 1208 e garantiva un maggior afflusso di acqua di fiume verso la città.
Esistono
Fino a metà del secolo XIII la chiusa, frequentemente oggetto di lavori di modifica e ricostruzione, era un semplice sbarramento di legno simile a una palizzata. La costituivano grossi pali di legno infissi sul fondo dell'alveo fluviale
==== La prima chiusa in pietra ====
Per ovviare a tali costi, il Comune di Bologna fece costruire nel 1250 una chiusa in pietra più a monte della precedente in legno; a questo si aggiunse lo scavo del "ramus vetus", un tratto di collegamento fra la nuova struttura e il canale già esistente. Tali compiti furono gestiti da una commissione tecnica costituita dall'ingegnere Alberto, mastro Giovanni da Brescia, mastro Michele Delamusca e mastro Michele Lamandini. Il lavoro fu terminato nel 1278. Nonostante i buoni propositi, però, anche la nuova costruzione si rivelò bisognosa di frequenti manutenzioni, dovute
Il 29 aprile 1310 una piena del Reno arrecò danni talmente gravi alla chiusa da impedire che l'acqua giungesse ai mulini bolognesi, lasciando così la città senz'acqua. Le necessarie operazioni di ripristino, in atto già il giungo seguente, furono supervisionate dai frati Predicatori e Minori <ref>Si tratta, rispettivamente, dei frati Domenicani e Francescani</ref>, a cui il Comune di Bologna decise di affidare il complesso chiusa-canale. Episodi come questi non erano inusuali, in particolare nel primo trentennio del Trecento; non risulta tuttavia possibile ricostruire esattamente il numero e i dettagli degli interventi effettuati per via delle versioni contrastanti dei fatti fornite da cronache e studi. [1]
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I ruderi della chiusa distrutta da Buonacossa sono oggi ancora visibili a valle della Chiusa attuale. Sono localmente chiamati "il Pracinino" (dal termine dialettale "Prè-zinèn", ovvero "prato piccolo") e "i Masgnòn" (i Macignoni). Osservandoli, è chiaramente visibile la composizione della chiusa: un conglomerato di pietre e sassi legati da calce e ricoperti, su almeno parte dello scivolo della chiusa, da pietra ofiolitica. Si notano anche segni di una struttura di travi lignee, probabilmente impiegata per la sopraelevazione delle parti superiori della chiusa, e, nella calce, tracce di carbonella, che fanno pensare a fuochi accesi dagli operai nei momenti di sosta. La chiusa presentava gravi errori di progettazione, che la costrinsero a cadere sotto l'attacco congiunto del legato e della piena: la costruzione era eccessivamente lunga, sprovvista di elementi interni capaci di opporre resistenza a una forte pressione dell'acqua, e appoggiata direttamente sulla pietra, senza scavo di fondazione. Le sue fondamenta affondavano infatti solamente in un alto e poco solido cuscino di ghiaia.
=== L'attuale chiusa in pietra ====
Nella successiva ricostruzione, indetta dal Legato de Albornoz fra il 1360 e il 1363 [2 pag.28], la chiusa fu ulteriormente spostata a monte, nel sito in cui ancora oggi si trova.
== Custodi ==
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== Curiosità ==
Nella sala Farnese del palazzo comunale di Bologna si trova un affresco, realizzato da Antonio Catalani detto "Il Romano", che ritrae il Cardinale Albornoz nell'atto di esaminare progetti per la costruzione della chiusa attuale.
== Note ==
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