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|Gruppo6 = Informazioni generali
|Nome7 = Epoca
|Valore7 =
|Nome8 = Lunghezza del ciglio superiore
|Valore8 = 160,45 metri
|Nome9 = Lunghezza del ciglio inferiore
|Valore9 = 138,65 metri
|Nome10
|Valore10
|Nome11 = Soglia superiore (pedana)
|Valore11 = 0,90 metri (larghezza)
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=== Dal secolo XIII al XV ===
==== La chiusa lignea ====
Fino alla sistemazione
Troviamo la prima traccia documentaria relativa alla chiusa nell'anonimo manoscritto ottocentesco B 2238, conservato nella biblioteca dell'[[Archiginnasio di Bologna]]. Questo fissa già nell'anno Mille l'esistenza di una rudimentale chiusa, a cui si riferisce coi termini "Pescaja" o "Steccaia", e di un breve tratto (lungo appena qualche centinaio di metri) del canale di Reno. Tuttavia, pare ragionevole datare l'opera idraulica a un periodo più tardo, benché anteriore al 1191, anno in cui fu costruita una ramificazione del canale di Reno
Non è certo
Il 29 maggio 1208 il consorzio dei Ramisani cedette al Comune di Bologna i diritti sull'acqua superflua alle loro lavorazioni, come è riportato nel relativo atto, rogato dal notaio Giovanni Canova e conservato attualmente nel "Registro Grosso", presso l'Archivio di Stato di Bologna. Fra i Ramisani sottoscrittori compaiono nomi appartenenti alla nobiltà feudale, altri d'origine
Fino
==== La prima chiusa in pietra ====
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Il 29 aprile 1310 una piena del Reno arrecò danni talmente gravi alla chiusa da romperla e lasciare a secco il canale, impedendo dunque che l'acqua giungesse ai mulini bolognesi. Le necessarie operazioni di ripristino, in atto già il giungo seguente, furono supervisionate dai frati Predicatori e Minori <ref>Rispettivamente, frati Domenicani e Francescani</ref>, a cui il Comune di Bologna decise di affidare il complesso chiusa-canale. Episodi come questi non erano inusuali, sopratutto nel primo trentennio del Trecento; non risulta tuttavia possibile ricostruire esattamente il numero e i dettagli degli interventi effettuati per via delle versioni contrastanti dei fatti fornite da cronache e studi<ref>Per approfondire: {{Cita|Zanotti, 2000}}</ref>.
Nel 1317 si parla di interventi di tipo strutturale, e così anche nel 1324, anno in cui l'allora al governo Cardinale [[Bertrando del Poggetto]] affidò a due frati dell'ordine degli Eremitani<ref>Frati Agostiniani</ref>, frate Giacomo e frate Bartolomeo, una sistemazione della chiusa che intendeva essere definitiva. Tale lavoro venne compiuto ma, al contrario delle aspettative, ebbe vita breve. Nel 1325, infatti, a seguito della [[battaglia di Zappolino]], le truppe di [[Rinaldo dei Bonacolsi | Passerino
I ruderi della chiusa distrutta da
==== La seconda chiusa in pietra ====
Nella successiva ricostruzione, indetta dal Legato Albornoz fra il 1360 e il 1363<ref>{{Cita|Chierici, 2011|p. 28}}</ref>, la chiusa fu ulteriormente spostata a monte di 200 metri
=== Dal secolo XVI al XVII ===
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=== Dal secolo XVIII a oggi ===
Si giunse quasi alla fine del XIX secolo senza che la chiusa subisse ulteriori danni di grave entità: solo nel 1763 e 1790 si resero necessarie alcune riparazioni, che non posero però grandi difficoltà. L'avvenimento che maggiormente segnò la storia della chiusa di
La piena raggiunse il suo culmine alle ore 11 della mattina: l'idrometro della chiusa segnò 4,70 m sullo zero idrometrico e una portata di 2200 m³/sec, quota senza precedenti. L'onda della piena travolse case e animali e fece saltare il muro di protezione della sponda sinistra del fiume. L'acqua abbandonò così l'alveo del fiume, lasciando a secco la chiusa e il canale e causando il blocco di tutta l'industria bolognese.
Il giorno 7 ottobre le autorità cittadine si recarono presso la
Il 16 gennaio 1894 furono stipulati i contratti d'appalto e due giorni dopo iniziarono i lavori, salvo essere interrotti per una nuova piena del fiume e riprendere il
La notizia dell'avvio dei lavori richiamò a Casalecchio un gran numero di disoccupati, provenienti da vicino e da lontano
Il primo intervento consistette nel ricondurre il fiume al vecchio alveo. A tale scopo, furono collocati contenitori in rete metallica riempiti di sassi, detti "burghe" e prodotti dalla ditta Maccaferri, lungo la sponda sinistra del fiume. Tale fila di burghe fu subito rinforzata dalla costruzione di una diga di 252 m di lunghezza, addossata alle burghe già disposte. La diga era formata quasi interamente da ulteriori burghe del volume di 3-4 m³ e, per la parte restante, da sacchi di tela di iuta riempiti di terra per minimizzare la quantità d'acqua che riusciva a filtrare attraverso le burghe. Inoltre, a monte della diga e come sua prosecuzione lungo la sponda dell'alveo fluviale, fu costruito un repellente per deviare ulteriormente la corrente fluviale. Il repellente era lungo circa 100 m, formato da un nucleo di terra vegetale e rivestito su fianchi e sommità da gradoni di burghe, che furono collocate in numero maggiore sul lato verso il fiume al fine di proteggere maggiormente il repellente contro la corrente fluviale
Riportato il Reno nel suo letto e al canale, i lavori si rivolsero alla costruzione di un argine di chiusura della rotta, lungo 102 m e alto 7 m. Ancora una volta, si ricorse a un nucleo di terra vegetale rivestito con burghe disposte a gradoni e, nella scarpata verso il fiume, anche con sacchi di terra protetti da una rete metallica. L'argine
In totale furono impiegate 2900 burghe, che finirono per suscitare interesse anche negli ambienti scientifici universitari.
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Nella gestione della acque era fondamentale la figura del custode, o intendente, della Chiusa, che aveva il compito di interpretare i segnali dati dal fiume e di prevedere l'arrivo e la portata delle piene. Visto il potere che aveva sul corretto flusso di energia necessario per il funzionamento delle industrie bolognesi, nucleo vitale dell'economia del territorio, veniva considerato una delle maggiori autorità. La sua importanza era tale che nei cortei legati a rilevanti cerimonie pubbliche era solita sfilare una sua controfigura con un'uniforme di gala.<ref>{{Cita|Chierici, 2011|p. 32}}</ref> Secondo l'annuale Stato delle Anime della Parrocchia di San Martino, il custode non era solito risiedere a Casalecchio.
Nel caso in cui minacciasse di esservi un temporale, l'intendente allertava una squadra di manovali perché regolassero il flusso d'acqua nel canale mediante pesanti paratoie di legno. Evitava così il rischio che il canale si riempisse eccessivamente portando ad allagamenti in città. L'intendente tentava inoltre di intuire, a seconda di colore e odore, da dove provenisse l'acqua delle
=== La famiglia Chierici ===
La famiglia Chierici fu responsabile della chiusa a partire dal 1768 e rimase fedele all'incarico per duecento anni. Contravvenendo l'usanza precedente, si stanziò a Casalecchio per controllare con continuità il regime delle acque. Precisamente, i Chierici risiedettero nella Casa di Guardia
[[File:Pracinino-casa-custode.jpg|thumb|Casa di Guardia "Pracinino"]]
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=== UNESCO ===
Nel dicembre del 2010 L'UNESCO ha dichiarato la chiusa di Caslecchio "Patrimonio messaggero di una cultura di pace a favore dei giovani". Presso la Casa di Guardia
== Note ==
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