Utente:Distico/Sandbox: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Distico (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Distico (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 468:
L'archeologo indiano contemporaneo B. B. Lal ha notato che, sebbene le osservazioni di Jones sono stati inizialmente confinate al campo della linguistica, hanno ispirato: «Una teoria sull'esistenza di una "razza", che era stata il vettore di queste lingue verso ovest, in Europa e verso est in India. E si pensò che una qualche zona in [[Asia centrale]] fosse la "casa originale" di questi indoeuropei, anche se molti studiosi preferivano localizzarli in Russia o nel Nord Europa».<ref>B. B. Lal, ''Aryan Invasion of India: Perpetuation of a Myth'', in Edwin Bryant e Laurie Patton, eds., ''The Indo-Aryan Controversy: Evidence and Inference in Indian History'' (New York, 2005), 50–74, 50</ref> Jim Schaffer e Diane Lichtenstein osservano che: «Forse nessuna altra ipotesi degli studiosi del [[XVIII secolo]] [...] ha continuato ad influenzare in modo così forte diverse discipline come la linguistica, la storia, la biologia, l'etnologia e la scienza politica» e argomentano che: «l'eredità degli studiosi occidentali post-illuministi riguardante la storia e la preistoria dell'[[Asia meridionale]] è stata ripetuta così spesso da diventare un dogma».<ref>Jim Schaffer e Diane Lichtenstein, ''South Asian Archaeology and the Myth of Indo-Aryan Invasions'', in Bryant e Patton, ''The Indo-Aryan Controversy'', 75–104, 75–76.</ref>
 
Ironia della sorte, Jones, il cui lavoro diede apparente supporto scientifico alla preistoria speculativa di Bailly, era egli stesso abbastanza scettico delle audaci affermazioni di Bailly. Anche se elogiava Bailly come un «meraviglioso uomo pieno d'ingegno e uno scrittore molto vivace», Jones fu, come già detto, ben lontano dall'essere convinto dell'esistenza di una civiltà perduta nell'estremo nord, o della trasmissione della civiltà da nord a sud. Anche se aveva accettato la questione del clima, ed infatti era d'accordo con Bailly sul graduale raffreddamento della Terra, Jones sosteneva che la barbarie delle popolazioni dei [[Tartari]] dell'[[Asia centrale]] rendeva di fatto insostenibile la teoria di una trasmissione da nord a sud della cultura. Jones scrisse che l'ipotesi di Bailly ignorava il fatto di «una differenza immemorabile e totale tra i selvaggi delle montagne, come infatti gli antichi cinesi chiamavano giustamente
Ironically, Jones, whose work was to give apparent scientific backing to Bailly’s speculative prehistory, was himself quite skeptical of Bailly’s bold assertions. Though he praised Bailly as a “wonderful ingenious man and a very lively writer,” Jones was far fromconvinced of the existence of a lost civilization in the far north, or of the transmission of civilization from north to south. Even if one were to
Tartari, e gli studiosi, placidi e contemplativi abitanti delle pianure indiane». Jones respingeva anche l'argomento di Bailly secondo cui il sanscrito, «di cui egli dà un resoconto più che erroneo», «fu la prova dell'esistenza di un'antica civiltà perduta originaria del nord».<ref>Jones, ''Dissertations and Miscellaneous Pieces'', 116–17.</ref>
discount the question of climate, and agree with Bailly on the gradual cooling of the Earth, Jones argued, the barbarity of the Central Asian Tartars made the former’s theory of a north-to-south transmission of culture untenable. Jones wrote that Bailly’s hypothesis ignored the fact of “an immemorial and total difference between the savages of the mountains, as the old Chinese justly called
the Tartars, and the studious, placid, contemplative inhabitants of these Indian plains.” Jones also rejected Bailly’s argument that Sanskrit, “of which he gives a most erroneous account,” was proof of the existence of a lost ancient civilization with its origins in the far north.98
 
Lo storico Thomas Trautmann osserva che Jones approcciò lo studio dell'antica [[India]] da ipotesi epistemologiche molto diverse da quelle dei ''philosophes'' francesi [[Voltaire]] e [[Bailly]]. Mentre Voltaire era attratto dall'India per il potenziale che l'antica storia indiana aveva di confutare il racconto della Genesi e mentre Bailly aveva incorniciato la sua Atlantide Nordica alternativa all'Eden biblico, Jones, come la maggior parte dei suoi connazionali britannici fino alla metà del [[XIX secolo]], continuò ad operare all'interno di quello che lo stesso Trautmann chiama «etnologia mosaica», che cercava di conciliare la disciplina nascente dell'[[orientalismo]] con le [[Sacre Scritture]] tracciando la discesa di tutti i popoli del mondo antico dai tre figli di [[Noè]]. Trautmann sostiene che l'interpretazione prevalente di Jones, come pioniere della linguistica comparata e del "mito ariano", oscura il progetto di altri che, prima di lui, «volevano formare una difesa razionale della Bibbia dai materiali raccolti dagli studiosi orientalisti».<ref></ref> Per questo motivo, Jones non poteva accettare l'estesa linea temporale di Bailly per la civiltà umana, né il suo rifiuto dell'Eden a favore di Atlantide.<ref>Trautmann, ''Aryans and British India'', 42.</ref>
Thomas Trautmann has observed that Jones approached the study of ancient India from very different epistemological assumptions than did the French philosophes Voltaire and Bailly.While Voltaire was drawn to India by its potential to refute the Genesis account of human origins, and Bailly framed his northern Atlantis as an alternative to the biblical Eden, Jones, like most of his countrymen until the mid-nineteenth century, continued to operate within what Trautmann calls the “Mosaic ethnology,” which sought to reconcile the nascent discipline of orientalism with Holy Scripture by tracing the descent of all the peoples of the ancient world from the three sons of Noah. Trautmann argues that the predominant interpretation of Jones as the pioneer of comparative linguistics and of the “Aryan myth” obscures the antiquarian’s own project of “forming a rational defense of the Bible out of the materials collected by Orientalist scholarship.”99 For this reason, Jones could not accept Bailly’s extended timeline for human civilization, nor his rejection of Eden in favor of Atlantis. The legend of a prehistoric, Sanskrit-speaking root civilization of mankind, suggested by theworks ofBailly and Jones, was popularized in the early years of the nineteenth century by the German philosopher Friedrich Schlegel. Schlegel, who
 
studied Sanskrit in Paris with the British orientalist Alexander Hamilton in 1803–1804, compared the discovery of ancient IndianVedic textswith the revival of classical learning in fifteenth-century Italy, arguing that this “Oriental Renaissance ”would “have no less influence on the sphere of European intelligence.”100 Schlegel claimed that Sanskrit was not only related to Greek and Latin, as Jones had argued, but was “of higher antiquity” than either, and compared the diffusion of Sanskrit-derived languages throughout Europe and Asia to that of the Romance languages from the ancient Mediterranean to the contemporary New World.101
La leggenda di una preistorica civiltà, di lingua sanscrita, origine dell'umanità, suggerita dai lavori di Bailly e Jones, fu resa popolare nei primi anni del [[XIX secolo]] dal filosofo tedesco [[Friedrich Schlegel]]. Schlegel, che aveva studiato il [[sanscrito]] a Parigi con l'orientalista britannico [[Alexander Hamilton]] nel periodo tra [[1803]] e il [[1804]], comparando la scoperta degli antichi testi [[Veda]] con la rinascita della cultura classica nel [[XV secolo]] in Italia, sostenendo che questo «Rinascimento Orientale [...] non avrebbe avuto minore influenza sulla sfera dell'intelligenza europea [rispetto a quello italano]».<ref>Friedrich Schlegel, “On the Language and Philosophy of the Indians,” trad. E. J. Millington, in ''The Aesthetic and Miscellaneous Works of Friedrich von Schlegel'' (London: George Bell, 1875), 425–526, 427.</ref> Schlegel affermò che il sanscrito non solo era legato al greco e latino, come Jones aveva sostenuto, ma che fosse «di maggiore antichità» rispetto ad entrambi, e confrontò la diffusione delle lingue derivate dal sanscrito ​​in Europa e in Asia alle lingue romanze dal Mediterraneo al contemporaneo nuovo mondo.<ref>Schlegel, ''On the Language and Philosophy of the Indians'', 456, 506.</ref>
 
Perhaps most importantly, it was Schlegel who popularized the term “Aryan” to