Umberto Saba: differenze tra le versioni

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===I primi libri di versi===
Nel [[1911]] pubblicò, con lo pseudonimo di Saba il suo primo libro, "Poesie", prefate da [[Silvio Benco]] a cui fece seguito, nel [[1912]], nelle edizioni della rivista "La Voce" la raccolta "Coi miei occhi (il mio secondo libro di versi)", ormai nota come "Trieste e una donna". Lo [[pseudonimo]] è di origine incerta, ma si pensa che lo scelse o in omaggio alla sua adorata balia, Peppa Sabaz, o in omaggio alle sue origini [[religione ebraica|ebraiche]]: la parola ''saba' '' ([[lingua ebraica|ebraico]]: סבא) significa "nonno" o, secondo alcune più probabili fonti, "pane". E'È bene specificare che qualora la seconda ipotesi riguardante il suo pseudonimo corrisponda a verità, la lingua annoverata è sicuramente l'ebraico poiché in lingua slava, nello specifico in sloveno, "pane" si traduce "kruh"; basti pensare che il termine italiano "crucco", sebbene riporti alla memoria l'aggettivo "tedesco" in senso ostile e dispregiativo quale ad indicare un nemico, tra le due guerre mondiali indicava per l'appunto i soldati originari e provenienti dall'odierna ex Jugoslavia. In seguito il concetto espresso da tale termine si espanse ad indicare tutti i nemici ed in un secondo tempo giunse a configurare solo i tedeschi, quali maggiori rivali. Risale a questo periodo l'articolo "Quello che resta da fare ai poeti" dove il poeta propone una poetica sincera, senza fronzoli e "orpelli" contrapponendo il modello degli [[Inni Sacri]] [[Alessandro Manzoni|manzoniani]] a quello degli scritti [[Gabriele D'Annunzio|dannunziani]]. L' articolo, presentato per la pubblicazione alla rivista vociana, venne però rifiutato in seguito al veto di [[Scipio Slataper|Slataper]] e sarà pubblicato solamente nel [[1959]].
Completò anche l'atto unico "Il letterato Vincenzo" concorrendo ad un premio organizzato dal Teatro Fenice: l'opera, incentrata sul rapporto tra un poeta e la giovane madre Lena, fu criticata e si rivelò un fiasco.</br> Nel maggio dello stesso anno il poeta si trasferì con la famiglia, per superare un periodo di crisi dovuto al tradimento della moglie, dapprima a [[Bologna]], dove collaborò al quotidiano "Il Resto del Carlino", e nel febbraio del [[1914]] a [[Milano]] dove assunse l'incarico di gestire il caffè del Teatro Eden.