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Lo storico Antonio De Santis inquadra la sua figura come quella di un semplice frate predicatore, lo definisce ''torzone'', ed aggiunge che fu animato da un forte sentimento di fede nell'ideale francescano di povertà. Egli seguì il religioso fra Giovanni Castiglione nel territorio meridionale della [[Francia]] ed, insieme con questi, itinerando di paese in paese, predicò gli insegnamenti di [[Francesco d'Assisi|san Francesco d'Assisi]] contrapponendoli al lusso della Chiesa e in particolare a quello della Corte di Avignone.
I due frati scelsero per la diffusione dei loro sermoni soprattutto la città di [[Montpellier]], dove aveva sede l'università istituita dal [[papa Niccolò IV]], considerata all'epoca come un vivace centro culturale. Fu in questa cittadina [[Francia|francese]] che avvenne il loro arresto per mano dell'inquisitore mandato dal [[papa Innocenzo VI]] e, da qui, furono condotti in stato di [[reclusione|prigionia]] presso l'istituto di detenzione di [[Carcassonne]]. Da questa località furono trasferiti ad [[Avignone]] da due notai incaricati del papa e due sbirri.
Nell'[[Archivio segreto vaticano|Archivio Vaticano]] si trova ancora conservata la nota delle spese sostenute per la traduzione dei due frati, che ammontarono a quattro [[fiorino|fiorini d'oro]] giornalieri più il vitto. Nella città di Avignone, al cospetto del papa Innocenzo VI, senza alcun timore ripeterono e misero per iscritto le loro affermazioni sulla illegittimità dei papi succedutisi da [[papa Giovanni XXII|Giovanni XXII]] a Innocenzo VI, considerandoli indegni di ricoprire qualsiasi carica o ufficio ecclesiastico. Sebbene vi furono tentativi per zittire i due frati, non vi fu verso di convincerli e pertanto condannati al [[morte sul rogo|rogo]]. Alla presenza del papa furono ridotti allo stato laicale e arsi tre giorni dopo la [[Pentecoste]]. La condanna fu eseguita ad Avignone il [[3 giugno]] [[1354]].
Dalle cronache dell'epoca si apprende che affrontarono il fuoco con serenità. Mentre erano condotti al rogo e durante il divampare delle fiamme cantavano con voce ferma il [[Gloria in excelsis Deo]], fino a quando il fumo non lo impedì. La folla presente al supplizio restò attonita e impressionata dal coraggioso comportamento dei frati, in segno di rispetto s'inginocchiò e prima che i soldati portassero via i resti dei religiosi, per gettarli nel [[Rodano (fiume)|Rodano]], tentò di prendere qualche avanzo per custodirlo come reliquia.<ref>A. De Santis, ''op. cit.,'' pp. 308-311.</ref>
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