Carlo Pesenti: differenze tra le versioni

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L'aneddotica su Pesenti relativa agli anni della sua gioventù è vasta e il giornalismo specializzato tende a valutarla con estremo scetticismo in quanto basata su confidenze delle persone appartenenti alla sua cerchia di conoscenze<ref name="Turani 79" />; secondo le più accreditate di tali voci Pesenti, all'epoca giovane dirigente ancora non impegnato in ruoli decisionali nell'azienda di famiglia, si oppose nel 1939 al licenziamento di un ragioniere alle sue dipendenze (e che in seguito sarebbe diventato uno dei suoi più fidati collaboratori), richiestogli dal [[segretario federale|federale]] del [[Partito Nazionale Fascista|PNF]] di [[Bergamo]] perché costui non era iscritto al partito<ref name="Turani 75">{{Cita|Turani|pag. 75}}</ref>; a tale rifiuto fece seguito una detenzione di due giorni<ref name="Turani 75" />; ancora, voci sorsero sul suo coinvolgimento nell'uccisione di un federale della bergamasca, che ne fecero oggetto di indagini e gli valsero altri cinque giorni di detenzione<ref name="Turani 79" />.
 
Indipendentemente dall'origine e dalla veridicità di tali aneddoti, lo stesso Pesenti pubblicò sempre scarsissime notizie su di sé limitandosi a scarni riassunti dell'attività professionale: di sé stesso Pesenti disse di essere entrato nell'azienda di famiglia nel 1934 con vari incarichi impiegatizi e dirigenziali fino al 1942, anno in cui giunse la nomina a direttore generale; raccontava inoltre il citato episodio del carcere e il suo allontanamento dalla società nel 1942 a seguito dell'insediamento nella stessa di un commissario, e il rientro nel 1946 di nuovo come direttore generale<ref name="Repubblica 1984">{{Cita news | url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/09/22/impero-pesenti-perde-il-timoniere.html | titolo = L'impero Pesenti perde il timoniere | autore = Antonio Ramenghi | data = 22 settembre 1984 | pubblicazione = [[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] | accesso = 3 marzo 2017 }}</ref>; terminata la [[seconda guerra mondiale|guerra]] e iniziata la transizione dalla dittatura alla democrazia, comunque, è acclarato che la detenzione a opera della polizia fascista fu un elemento che in tale fase politica del Paese gli fu favorevole<ref name="Turani 79" />.
Suo zio Antonio, infatti, già intimo di [[Benito Mussolini|Mussolini]] e da questi beneficiato da commesse cementifere nelle colonie dell'[[Africa Orientale Italiana]]<ref name="Turani 78" /> nonché avvantaggiatosi negli affari dalla vicinanza con i gerarchi<ref name="Turani 78" />, era ormai troppo compromesso con il [[fascismo]]: dovette quindi lasciare l'[[Italcementi]] che passò nelle mani di Carlo, scelta vista come appropriata in ragione degli episodi che lo descrivevano quantomeno come non connivente con il passato regime<ref name="Turani 79" />.