Lex Sempronia agraria: differenze tra le versioni

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Plutarco sintetizza così le vicende:
 
<small>{{citazione|I Romani, quando avevano conquistato un territorio ai popoli confinanti, ne vendevano una parte e ne rendevano l'altra di proprietà pubblica, dandola da coltivare ai cittadini meno abbienti e privi di mezzi, dietro pagamento di un modesto canone all'erario. Ma, poiché i ricchi avevano incominciato ad offrire canoni maggiori e schiacciavano i poveri fu fatta una legge che vietava di possedere più di 500 iugeri di terra. Per breve tempo questa legge mise un freno all'avidità e recò aiuto ai poveri, che poterono restare sulle loro terre pagando l'affitto stabilito e coltivare il lotto che ciascuno aveva avuto dall'inizio.|[[Plutarco]], ''Vita dei Gracchi'', 8,1-3}}
 
Tale legge rinnovò modificandole le norme che si attribuiscono alle ''[[Leges Liciniae Sextiae]]''<ref>Rotondi G., ''Leges Publicae Populi Romani'', pp. 216-220.</ref> del 367 a. C. A differenza di questa legge, la ''lex Sempronia agraria'' conteneva la clausola in favore dei possidenti che avevano eredi, in più l'inalienabilità, e soprattutto introduceva la commissione esecutiva permanente con ben definite funzioni, la cui omissione nella vecchia legge ostacolava la sua applicazione pratica.
<small>I Romani, quando avevano conquistato un territorio ai popoli confinanti, ne vendevano una parte e ne rendevano l'altra di proprietà pubblica, dandola da coltivare ai cittadini meno abbienti e privi di mezzi, dietro pagamento di un modesto canone all'erario. Ma, poiché i ricchi avevano incominciato ad offrire canoni maggiori e schiacciavano i poveri fu fatta una legge che vietava di possedere più di 500 iugeri di terra. Per breve tempo questa legge mise un freno all'avidità e recò aiuto ai poveri, che poterono restare sulle loro terre pagando l'affitto stabilito e coltivare il lotto che ciascuno aveva avuto dall'inizio.
([[Plutarco]], ''Vita dei Gracchi'', 8,1-3)</small>
 
 
Tale legge rinnovò modificandole le norme che si attribuiscono alle ''[[Leges Liciniae Sextiae]]''<ref>Rotondi G., ''Leges Publicae Populi Romani'', pp. 216-220.</ref> del 367 a. C. A differenza di questa legge, la ''lex Sempronia agraria'' conteneva la clausola in favore dei possidenti che avevano eredi, in più l'inalienabilità, e soprattutto introduceva la commissione esecutiva permanente con ben definite funzioni, la cui omissione nella vecchia legge ostacolava la sua applicazione pratica.
 
==Proposta e approvazione della legge==
Dalla metà del II secolo a. C. le tensioni interne alla società romana acuirono la crisi economica e sociale del ceto contadino. Tra le conseguenze di tale crisi si rintracciava la scomparsa della plebe rurale e una significativa scarsità di cittadini compresi nelle liste di leva. Per questo la legge agraria voleva risolvere due problematiche: da un lato le condizioni di indigenza in cui versavano i cittadini romani che vivevano di stenti e dall'altro la grave crisi demografica che comprometteva il reclutamento dei soldati e quindi la difesa dello Stato. L'unica possibilità concreta di intervento a disposizione del governo romano per cercare di modificare la situazione sociale stava nell' intervenire sulla gestione dell'''ager'' ''publicus''.
 
Dalla metà del II secolo a. C. le tensioni interne alla società romana acuirono la crisi economica e sociale del ceto contadino. Tra le conseguenze di tale crisi si rintracciava la scomparsa della plebe rurale e una significativa scarsità di cittadini compresi nelle liste di leva. Per questo la legge agraria voleva risolvere due problematiche: da un lato le condizioni di indigenza in cui versavano i cittadini romani che vivevano di stenti e dall'altro la grave crisi demografica che comprometteva il reclutamento dei soldati e quindi la difesa dello Stato. L'unica possibilità concreta di intervento a disposizione del governo romano per cercare di modificare la situazione sociale stava nell' intervenire sulla gestione dell'''ager'' ''publicus''.
Su questi punti Tiberio ha cercato di sviluppare la sua propaganda volta a discorsi basati sulla giustizia sociale che lo stesso Plutarco ci riporta:
 
<small>{{citazione|Tiberio diceva, parlando dei poveri, che le fiere che sono in Italia hanno pur le tane e ciascuna di esse ha il proprio giaciglio e il proprio rifugio; a coloro che combattono e muoiono per l'Italia non è concesso null'altro se non l'aria e la luce, e senza casa né ricovero, con i figli e le mogli sono costretti a vagabondare. Mentono i generali quando incitano i soldati nelle battaglie a combattere i nemici a difesa delle tombe e degli altari. Nessuno, infatti, di tali soldati romani possiede un altare paterno o un sepolcro avito; ma per il lusso e la ricchezza di pochi combattono e muoiono: sono detti essere i padroni del mondo, ma non hanno di proprio una sola zolla di terra.|[[Plutarco]], ''Vita dei Gracchi'', 9,4}}
 
<small>Tiberio diceva, parlando dei poveri, che le fiere che sono in Italia hanno pur le tane e ciascuna di esse ha il proprio giaciglio e il proprio rifugio; a coloro che combattono e muoiono per l'Italia non è concesso null'altro se non l'aria e la luce, e senza casa né ricovero, con i figli e le mogli sono costretti a vagabondare. Mentono i generali quando incitano i soldati nelle battaglie a combattere i nemici a difesa delle tombe e degli altari. Nessuno, infatti, di tali soldati romani possiede un altare paterno o un sepolcro avito; ma per il lusso e la ricchezza di pochi combattono e muoiono: sono detti essere i padroni del mondo, ma non hanno di proprio una sola zolla di terra.
([[Plutarco]], ''Vita dei Gracchi'', 9,4)</small>
 
 
Tiberio Gracco, appena eletto tribuno, il 10 dicembre 134 a. C, comunicò l'intenzione di presentare la sua proposta di legge. Convocata l'assemblea, Marco Ottavio pose il veto alla ''rogatio'' di Tiberio e la discussione fu quindi rimandata a una nuova assemblea. La nobiltà senatoria, che rappresentava la maggior parte dell'aristocrazia terriera, si schierò contro la proposta di legge, mentre i contadini la sostennero in quanto aspiravano a nuove assegnazioni di terre. Nuovamente M. Ottavio fece ricorso al suo ''ius intercessionis'' e questo suscitò delle reazioni avverse tra i fautori della legge. Infine in una terza riunione dell'assemblea Tiberio, in chiave straordinariamente rivoluzionaria, fece leva sui propri poteri tribuni e propose al comizio che Ottavio perdesse la potestà tribunizia in quanto aveva agito contro gli interessi del popolo e della ''res publica''. Le tribù votarono compatte per tale tesi e dopo una serie di vicissitudini, Ottavio fu deposto. Si procedette alla sostituzione del tribuno con Q. Mummio e la legge agraria fu approvata. Furono eletti per il triumvirato preposto alla suddivisione delle terre lo stesso Tiberio, il fratello Caio e il suocero Appio Claudio.
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La vivace partecipazione dei latini e degli alleati all'episodio graccano induce, tuttavia, a credere che anche gli alleati fossero ammessi alle assegnazioni di agro pubblico nell'ambito delle loro comunità, anche se non si possiede alcuna certezza. Appiano scrive riguardo a Tiberio:
 
<small>{{citazione|Tenne discorsi pieni di preoccupazione intorno alla stirpe italica, facendo notare che era valentissima in guerra e consanguinea ai Romani, ma che a poco a poco andava esaurendosi nella povertà e nella scarsità demografica e non aveva speranza di riprendersi.|[[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerre Civili'', 9,35}}
 
<small>Tenne discorsi pieni di preoccupazione intorno alla stirpe italica, facendo notare che era valentissima in guerra e consanguinea ai Romani, ma che a poco a poco andava esaurendosi nella povertà e nella scarsità demografica e non aveva speranza di riprendersi.
([[Appiano di Alessandria|Appiano]], ''Guerre Civili'', 9,35)</small>
 
 
La riforma comportò ingenti spese sia per la creazione di infrastrutture, sia per dotare gli assegnatari delle scorte necessarie per il primo avviamento nella conduzione dei poderi. Inoltre sorsero controversie di ordine legale dal momento che il recupero dell'agro pubblico interessava anche le proprietà degli alleati e le classi elevate italiche e latine si erano avvalse dell'occupazione dell'agro pubblico romano. Quindi gli italici presentarono ricorsi e lamentele e trovarono dei difensori nell'opposizione antigraccana.
Da questo momento nasce chiaramente il problema degli alleati, per ora strettamente collegato al problema agrario, ma che acquisterà nel tempo una sua autonomia.
 
==Note==
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==Bibliografia==
 
===Fonti antiche===
 
*Appiano, ''Guerre civili'', 9,35
*Cicerone, ''De re publica'', 3,41
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===Fonti moderne===
 
*Boren H. C., ''The Gracchi'', New York, 1968.
*Carcopino J., ''The Political Origins of the Agrarian Program'', in ''Problems in European Civilization'', Lexington, D. C. Heath and Company, 1970, pp. 41-44.