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Come nel campo degli studi astronomici precedenti, quindi, Bailly ricercava sempre la spiegazione più semplice e quella che avrebbe coperto più prove storiche possibili (applicando in pratica il [[rasoio di Occam]]). Questo era dunque sia un procedimento di generalizzazione che di semplificazione, anche eccessivo in alcuni casi. A questo punto nello sviluppo del [[pensiero di Bailly|suo pensiero]], a Bailly arrivò l'influenza di [[Antoine Court de Gébelin|Court de Gébelin]] che in generale stava procedendo nella stessa direzione. Per alcuni anni i due lavorarono separatamente, ma lungo linee parallele, sull'interpretazione storica del mito e dell'allegoria, alla ricerca di una chiave di lettura sicura per accedere al passato. La storia di Bailly, come quella di Court de Gébelin, voleva essere la storia dell'umanità, delle leggi universali più che quella meramente cronologica o degli specifici eventi. Bailly scrisse infatti nell'[[Elogio di Molière (Bailly)|Elogio di Molière]]: «La ricerca delle conoscenze degli antichi è il primo passo di un popolo che marcia verso la luce». Questa è un'indicazione di quanto presto, nella sua formazione, questo concetto si stesse formando nella sua mente. Secondo lo storico Burrows Smith, biografo di Bailly: «il suo rispetto per l'antichità era esagerato, ed egli fu frequentemente deluso da quella convinzione [che lui aveva e] secondo cui l'uomo primitivo aveva raggiunto uno stato di conoscenza pari o superiore a quella dell'uomo moderno».<ref name="ebs455">Edwin Burrows Smith, ''Jean Sylvain Bailly: Astronomer, Mystic, Revolutionary (1736-1798)'', American Philosophical Society (Philadelphia, 1954); p. 455.</ref> La sua fede professata verso il progresso si qualificava quindi attraverso il sospetto che il progresso consistesse nel ri-raggiungimento di un livello già raggiunto nel remoto passato.<ref name="ebs455" />
 
==Le ''Histoires'': antologicaAntologia storico-scientifica di Bailly==
(16) Fu sotto questouna duplice egida di scienza e speculazione mitologica che Bailly decise di abbandonare inquasi partedefinitivamente l'osservazione astronomica al fine di concentrarsi sugli studi di storia e di mitologia e diper scavare a fondo alle radici mitiche glidegli inizi della scienza, del progresso tecnologico ed anche delle conoscenze astronomiche.<ref name="Dan Edelstein" /><ref name="Dan2" /> Il suo primo lavoro di questo tipo, vagamente ispirato all'<nowiki/>''Essai sur les mœurs et l'esprit des nations'' di Voltaire, fu l'<nowiki/>''[[Storia dell'astronomia antica|Histoire de l'astronomie ancienne, depuis son origine jusqu'à l'établissement de l'école d'Alexandrie]]'' del [[1775]]''.'' Un altro libro, simile, fu anche l'''<nowiki/>[[Storia dell'astronomia moderna (1779)|Histoire de l'astronomie moderne, depuis la fondation de l'école d'Alexandrie jusqu'àl'époque de 1730,]]'', apparso invece -in comedue giàvolumi ricordatonel -[[1779]]. inQuesti due volumilibri assieme al [[Storia dell'astronomia moderna (1782)|Histoire de l'astronomie moderne, jusqu' à l'époque de 1782]] e al ''Traité de l'astronomie indienne et orientale'' apparsi rispettivamente nel [[17791782]]. Ine questinel scritti[[1787]] formano un'imponente tetralogia sulla storia dell'astronomia, nella quale Bailly formulòformula la tesi storico-leggendaria per lail quale sarebbe diventatostato famoso: pre-datando alcuni casi e studi astronomici documentati dalle civiltà del passato, sostenne l'ipotesi che dovesse esistere una civiltà preesistente, "antidiluviana", che prima delle altre aveva eccelso in campo astronomico. Solo l'esistenza di questa civiltà precedente avrebbe infatti potuto spiegare come mai gli indiani, i caldei, i persiani e addirittura i cinesi avevano potuto sviluppare conoscenze e pratiche astronomiche intorno allo stesso periodo (3000 a.C.).<ref name="Dan Edelstein" />
 
Tra le altre opere d'interesse pubblicate da Bailly negli stessi anni troviamo le ''[[Lettere sull'origine delle scienze|Lettres sur l'origine des sciences]]'' e le ''Lettres sur l'Atlantide de Platon'', due raccolte epistolari della corrispondenza che egli aveva tenuto con Voltaire, in cui trova nuove altre prove per confermare le sue tesi storiche.
(3) La storia dell'astronomia di Bailly includeva una discussione sulle [[tavole astronomiche]] [[India|indiane]] presumibilmente risalenti al 3102 a.C. (una data provocatoriamente antidiluviana); Bailly arrivò a sospettare che le vere origini della scienza e della civiltà dovessero essere poste più a nord. Constatò i suoi sospetti per la prima volta nell’''Histoire de l’astronomie ancienne'' ([[1775]]), dove, notando che queste accuratissime osservazioni convivevano con grandi errori e con numerose superstizioni all'interno degli annali di questi popoli antiche, il che gli suggeriva che queste osservazioni fossero state semplicemente copiate dalle scoperte di una più avanzata e più antica civiltà che però la storia aveva dimenticato.
 
Un'ulteriore opera di interesse storico-mitico, l′''[[Saggio sulle favole e sulla loro storia|Essai sur les fables et sur leur histoire]]'' (scritto tra il [[1781]] e il [[1782]] ma pubblicato postumo) invece mostra dei cambiamenti di un Bailly che, ormai più maturo e consapevole delle prove a sua disposizione, incomincia di conseguenza a mitigare le sue posizioni (continuando su questa scia anche nel ''Traité de l'astronomie indienne et orientale'').
 
==''Histoire de l'astronomie ancienne''==
{{vedia anche|Histoire de l'astronomie ancienne}}
(3) La storia dell'astronomia di Bailly includeva una discussione sulle [[tavole astronomiche]] [[India|indiane]] presumibilmente risalenti al 3102 a.C. (una data provocatoriamente antidiluviana); Bailly arrivò a sospettare che le vere origini della scienza e della civiltà dovessero essere poste più a nord. Constatò i suoi sospetti per la prima volta nell’''Histoire de l’astronomie ancienne'' ([[1775]]), dove, notando che queste accuratissime osservazioni convivevano con grandi errori e con numerose superstizioni all'interno degli annali di questi popoli antiche, il che gli suggeriva che queste osservazioni fossero state semplicemente copiate dalle scoperte di una più avanzata e più antica civiltà che però la storia aveva dimenticato.
 
Bailly riportò anche che entrambi [[Tolomeo]] e [[Zoroastro]], avevano scritto che la durata del giorno nel [[solstizio d'estate]] fosse due volte più lunga di quella del [[solstizio d'inverno]], un'osservazione che in realtà era sbagliata per le latitudini della [[Grecia]] e del [[Medio Oriente]], ma corretta al [[49º parallelo Nord]], dove la lunghezza del giorno variava dalle sedici ore di [[giugno]] alle solo otto ore di [[dicembre]].<ref>Jean-Sylvain Bailly, ''Histoire de l’astronomie ancienne, depuis son origine jusqu’à