Crisi da sovraindebitamento: differenze tra le versioni
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== ''CRISI DA [[Indebitamento|SOVRAINDEBITAMENTO]]'' ==
1) '''Definizione''':
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La dottrina prima e in seguito il legislatore attraverso la conversione con modifica del decreto, hanno distinto i debitori in due categorie: il debitore civile, detto “consumatore”, e il debitore non fallibile. Il debitore consumatore è definito ex art. 6 della l. 221/2012 come la persona fisica che ha assunto obbligazioni totalmente estranee rispetto all’attività imprenditoriale o professionale che eventualmente svolge. All’interno del decreto legge non era consentito al debitore consumatore, al contrario di quanto previsto nelle procedure concorsuali stabilite dalla legge fallimentare (riconduci alle voci che hanno fatto gli altri), di ottenere, attraverso il consenso della maggioranza, l’esdebitazione di tutti i debiti: gli effetti del piano del consumatore era limitato ai soli creditori aderenti, mentre i creditori che non aderivano, dovevano essere integralmente soddisfatti. Con la conversione in legge con modifica il legislatore ha incentivato i debitori a trovare accordi con i propri creditori, offrendo una tutela, con il consenso del giudice, dopo la presentazione della proposta.
Rientrano invece nella categoria degli imprenditori non fallibili:
* i piccoli imprenditori ai sensi dell’art. 2083 c.c.;
▲- gli imprenditori commerciali esclusi dal fallimento in seguito alla mancanza dei requisiti dimensionali ex art. 1 l.f.;
▲- i soci di società di persone, assoggettabili al fallimento della società di estensione ai sensi dell’art. 147 l.f.;
▲- gli enti non commerciali;
La differenza tra debitore consumatore e debitore non fallibile ha come fine l’individuazione dei procedimenti alternativi da applicare: come si vedrà di seguito, l’accordo di composizione è un percorso di risoluzione della crisi da sovraindebitamento destinata a tutti i debitori, mentre è riservata al debitore consumatore, il piano cosiddetto “del consumatore” (4.2.).
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Le funzioni dell’O.C.C. impongono che lo stesso assuma ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso, inoltre compie contemporaneamente attività di consulente legale e finanziario del debitore, ausiliario del Giudice e di garanzia nei confronti dei terzi in generale e dei creditori in particolare.
Gli O.C.C., ai fini dello svolgimento dei compiti e delle attività previste dalla legge e previa autorizzazione del Giudice, possono accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche (es. PRA, Carichi pendenti, Equitalia, Enti locali, ecc.).2
Si è però a più riprese palesata l’ipotesi di un conflitto di interessi nello svolgimento delle funzioni a cui è preposto l’O.C.C., a norma del decreto n. 202/2014 e più precisamente all’articolo 4, comma 5 del summenzionato decreto, va riscontrato che si è prevista un’adeguata formazione da parte dei professionisti che intendono aderire all’O.C.C. (Gestori della crisi) e, per altro verso, si è prevista l’ipotesi dell’affidamento dell’incarico
Ogni O.C.C. ha l’onere di istituire un elenco dei Gestori della crisi, che va comunicato al competente Ministero, unitamente ad un registro informatico degli affari con le annotazioni relative al numero d’ordine progressivo della procedura, ai dati identificativi del debitore, al Gestore della crisi designato, all’esito del procedimento. Non manca l’obbligo, altresì, del trattamento dei dati raccolti nel rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).
'''4) Fasi strutturali del procedimento'''
'''4.1.) Condizioni di ammissibilità'''
Condizioni di ammissibilità della proposta che il debitore ovvero consumatore può inoltrare ai creditori sono:
▲- La non assoggettabilità a procedura concorsuale del debitore;
▲- Il non aver fatto ricorso alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento nei cinque anni precedenti.
▲- Il debitore non deve aver subito provvedimento di revoca, annullamento, risoluzione dell’accordo, ovvero revoca e dichiarazione di cessazione degli effetti di omologazione del piano.
Si riconosce inoltre una specifica condizione di ammissibilità per il consumatore al quale è richiesto di produrre documentazione idonea a ricostruire in modo specifico ancorché analitico la sua situazione economica nonché patrimoniale per il giudizio di merito da assumere in sede di omologazione del piano.
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Il contenuto dell’accordo è disciplinato dall’articolo 8 della L.3/2012 ed è necessario riconoscere che i creditori possono anche essere pagati mediante la cessione dei crediti, ovvero facendo ricorso alla garanzia dei terzi nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano.
Il debitore formula ai creditori (di regola) una proposta di accordo che può prevedere:
# la dilazione del pagamento dei debiti (c.d. accordo dilatorio o moratoria);
▲c) la dilazione del debito ridotto per effetto della remissione parziale (moratoria con esdebitazione parziale).
Nel ventaglio di contenuti della proposta del debitore nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento se ne riscontrano tanti e diversi, passando da una mera moratoria dei pagamenti ad una generalizzata remissione parziale dei debiti.
I creditori prelatizi non sono destinatari della proposta di accordo sempreché non rinuncino alla prelazione, per cui vanno pagati in misura integrale.
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Nel caso di accordo liquidatorio, la dilazione dei creditori prelatizi, eccedente i tempi della liquidazione del patrimonio o dell’esecuzione individuale, deve essere approvata dai medesimi, in di trattamento del credito diverso dal pagamento ottenibile dalle alternative liquidatorie concretamente praticabili.
La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, la cui formazione non è soggetta ai vincoli posti nelle procedure di concordato preventivo e fallimentare dalla omogeneità dei relativi interessi economici e posizione giuridica. Infatti, nelle procedure di composizione della crisi non è previsto che il Giudice verifichi la legittimità dei criteri di formazione delle classi. Per cui non pare precluso che i creditori siano liberamente suddivisibili in classi, anche disomogenee tra loro.
Vi sono però taluni limiti alla libertà di contenuto della proposta, tra cui a titolo esemplificativo:
# deve essere rispettato l’ordine delle cause legittime di prelazione, cioè il vincolo della graduazione dei crediti, per cui i creditori di grado inferiore possono essere pagati solo se quelli di grado superiore sono stati integralmente pagati. Ciò implica che i creditori chirografari possono essere pagati solo se i prelatizi sono stati integralmente soddisfatti, tenendo conto delle masse mobiliari e immobiliari e della collocazione sussidiaria, salvo il caso della degradazione a chirografo dei prelatizi incapienti sulla base di apposita attestazione da parte dell’O.C.C. Insieme alla proposta, il debitore predispone un piano, tramite cui si specificano i contenuti della proposta:la liquidazione dei beni e dunque la cessazione dell’attività (c.d. accordo liquidatorio) ovvero la continuazione dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo professionale (c.d. accordo in continuità). Nel primo caso, ovvero nel caso di accordo liquidatorio, il piano può prevedere la cessione dei beni ad un liquidatore giudiziale, "la datio in solutum", l’incasso dei crediti o il mandato a terzi ad incassare i crediti. Invero nel secondo caso, ergo di accordo in continuità, il piano può prevedere la liquidazione degli “assets” non strategici per la continuazione dell’attività, la destinazione degli utili futuri derivanti dalla continuazione dell’attività al pagamento dei debiti pregressi, ridotti, in caso di proposta remissoria, o integrali, in caso di moratoria. Il piano deve prevedere il termine, entro il quale, la proposta dovrà essere adempiuta. La proposta di accordo è approvata con il consenso dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti ed è prevista la regola del silenzio assenso. Anche se non esplicitamente indicato dalla legge (come per il piano del consumatore), l’accordo deve essere conveniente rispetto alla liquidazione del patrimonio. Detta valutazione della convenienza spetta ai creditori, i quali sono chiamati ad esprimere il loro consenso o dissenso rispetto alla proposta del debitore. Non tutti i creditori hanno diritto di esprimersi sulla proposta: i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Gli stessi possono rinunciare in tutto o in parte al diritto di prelazione, ed in questo caso hanno diritto di esprimersi. La proposta di accordo può essere modificata fino alla data in cui i creditori possono far pervenire il loro consenso o dissenso alla stessa. La legge dispone la possibilità di apportare modifiche alla proposta di accordo senza però esplicitare le modalità. Se l’esecuzione dell’accordo non è possibile per cause non imputabili al debitore, l’accordo può essere modificato. In tal caso, non opera la preclusione di cui all’art. 7, comma 2, lett. b), legge n. 3/2012. È da sottolineare che se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per cause imputabili al debitore, l’accordo può essere risolto per inadempimento o annullato ove si ha conseguente conversione in liquidazione su istanza di un creditore o del debitore stesso.
'''4.3.) Omologazione, revoca e cessazione degli effetti'''
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'''5.1) L’impugnazione'''
La disciplina
Al fine di ottenere l’annullamento o la risoluzione dell’accordo, può agire ogni creditore anche se, di fatto, tale opzione appare limitata ai soli creditori che abbiano aderito all’accordo poiché i creditori non aderenti non avrebbero alcun interesse ad agire, essendo il loro crediti totalmente soddisfatti come previsto obbligatoriamente dall’ accordo.
L’azione di impugnazione si realizza nelle ipotesi in cui siano stati dolosamente, o con colpa grave, aumentato o diminuito il passivo ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero simulate attività inesistenti; al fine di comprendere fino a che punto sia da considerare ammissibile l’azione di annullamento, si riporta la risoluzione della questione a fonti giurisprudenzali.
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