Crisi da sovraindebitamento: differenze tra le versioni

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L’O.C.C. è definito dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto n. 202 del 20141 come: “articolazione interna di uno degli [[Ente pubblico|enti pubblici]] individuati dalla Legge e dal presente regolamento che, anche in via non esclusiva, è stabilmente destinata all’erogazione del servizio di gestione della crisi da sovraindebitamento”.
Il legislatore ha precisato la natura eminentemente pubblicistica dell’O.C.C. e, in riferimento a quanto previsto dall’articolo 15 della legge n. 3/2012, sottolineando le indispensabili condizioni di indipendenza e professionalità, non potendo lo stesso organismo fare preferenze tra classi di creditori, sia nella redazione del piano che nella certificazione della sua fattibilità, fungendo nella successiva fase esecutiva anche da compositore di conflitti.
Si precisa che la costituzione ed il funzionamento degli O.C.C. non debbano rappresentare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. È necessario sottolineare che ai sensi dell’art. 15, comma 9, legge n. 3/2012 i compiti e le funzioni attribuiti agli O.C.C. possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti, in possesso dei requisiti fissati dall’art. 28 l.f., ovvero da un notaio nominati dal [[Presidente del tribunale|Presidente del Tribunale]] o dldel Giudice delegato.
Le funzioni dell’O.C.C. impongono che lo stesso assuma ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso, inoltre compie contemporaneamente attività di consulente legale e finanziario del debitore, ausiliario del Giudice e di garanzia nei confronti dei terzi in generale e dei creditori in particolare.
Gli O.C.C., ai fini dello svolgimento dei compiti e delle attività previste dalla legge e previa autorizzazione del Giudice, possono accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche (es. PRA, Carichi pendenti, Equitalia, Enti locali, ecc.).2
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Vi sono però taluni limiti alla libertà di contenuto della proposta, tra cui a titolo esemplificativo:
# ai creditori titolari di crediti impignorabili non può essere proposta né la moratoria, né la parziale esdebitazione a fronte del fatto che essi vanno pagati alle scadenze pattuite e nella misura integrale;
# ai creditori titolari di tributi costituenti risorse proprie dell’UE, allo Stato per l’IVAl’[[IVA]] e le ritenute alla fonte, non può essere proposta la remissione parziale del debito, ma solo ed esclusivamente la dilazione;
# deve essere rispettato l’ordine delle cause legittime di prelazione, cioè il vincolo della graduazione dei crediti, per cui i creditori di grado inferiore possono essere pagati solo se quelli di grado superiore sono stati integralmente pagati. Ciò implica che i creditori chirografari possono essere pagati solo se i prelatizi sono stati integralmente soddisfatti, tenendo conto delle masse mobiliari e immobiliari e della collocazione sussidiaria, salvo il caso della degradazione a chirografo dei prelatizi incapienti sulla base di apposita attestazione da parte dell’O.C.C. Insieme alla proposta, il debitore predispone un piano, tramite cui si specificano i contenuti della proposta:la liquidazione dei beni e dunque la cessazione dell’attività (c.d. accordo liquidatorio) ovvero la continuazione dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo professionale (c.d. accordo in continuità). Nel primo caso, ovvero nel caso di accordo liquidatorio, il piano può prevedere la cessione dei beni ad un liquidatore giudiziale, "la datio in solutum", l’incasso dei crediti o il mandato a terzi ad incassare i crediti. Invero nel secondo caso, ergo di accordo in continuità, il piano può prevedere la liquidazione degli “assets” non strategici per la continuazione dell’attività, la destinazione degli utili futuri derivanti dalla continuazione dell’attività al pagamento dei debiti pregressi, ridotti, in caso di proposta remissoria, o integrali, in caso di moratoria. Il piano deve prevedere il termine, entro il quale, la proposta dovrà essere adempiuta. La proposta di accordo è approvata con il consenso dei creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti ed è prevista la regola del silenzio assenso. Anche se non esplicitamente indicato dalla legge (come per il piano del consumatore), l’accordo deve essere conveniente rispetto alla liquidazione del patrimonio. Detta valutazione della convenienza spetta ai creditori, i quali sono chiamati ad esprimere il loro consenso o dissenso rispetto alla proposta del debitore. Non tutti i creditori hanno diritto di esprimersi sulla proposta: i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Gli stessi possono rinunciare in tutto o in parte al diritto di prelazione, ed in questo caso hanno diritto di esprimersi. La proposta di accordo può essere modificata fino alla data in cui i creditori possono far pervenire il loro consenso o dissenso alla stessa. La legge dispone la possibilità di apportare modifiche alla proposta di accordo senza però esplicitare le modalità. Se l’esecuzione dell’accordo non è possibile per cause non imputabili al debitore, l’accordo può essere modificato. In tal caso, non opera la preclusione di cui all’art. 7, comma 2, lett. b), legge n. 3/2012. È da sottolineare che se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per cause imputabili al debitore, l’accordo può essere risolto per inadempimento o annullato ove si ha conseguente conversione in liquidazione su istanza di un creditore o del debitore stesso.
 
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Il piano di omologazione, che è interessato dagli artt. 12 bis e 12 ter della L. 3/2012, è concentrato in un’unica udienza, all’esito della quale, il tribunale deve assumere una decisione fondata su un giudizio di meritevolezza della condotta del debitore, basato a sua volta sulla ragionevolezza della prospettiva di adempimento delle obbligazioni assunte e sulla mancanza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento.
Oltre ad una revoca di diritto, espressamente contemplata nell’art. 11, comma 5, della legge n. 3/2012, che sanziona il debitore gravemente inadempiente rispetto agli obblighi assunti con l’accordo, il legislatore prevede anche ipotesi in cui l’accordo cessa di produrre effetti su istanza di qualsiasi creditore, sentito in contraddittorio con il debitore.
Si tratta delle ipotesi declinate nell’art. 14 bis della legge n. 3/2012 relative alle situazioni in cui:
- # sia stato dolosamente o con colpa grave, aumentato o diminuito il passivo;
- # sia stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo;
- # siano state simulate dolosamente attività inesistenti. Il termine per proporre ricorso è di sei mesi dalla scoperta della causa e, in ogni caso, entro un anno dalla scadenza fissata per l’ultimo adempimento previsto.
Il termine per proporre ricorso è di sei mesi dalla scoperta della causa e, in ogni caso, entro un anno dalla scadenza fissata per l’ultimo adempimento previsto.
 
'''4.4.) Esecuzione dell’accordo o del piano del consumatore'''
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'''5.1) La risoluzione'''
 
La risoluzione dell’accordo è stabilita dall’art.14 comma 2 della novella n.3/2012. Il primo presupposto per la risoluzione è il mancato adempimento da parte del proponente delle obbligazioni; il primo presupposto si discosta rispetto quanto previsto dalla disciplina del concordato preventivo poiché quest’ultimo non è risolvibile nel caso in cui il denunciato inadempimento sia di scarsa rilevanza, come si evince dall’art.186 comma 2 della legge fallimentare. Il secondo caso di risoluzione dell’accordo è dato dalla mancata costituzione di garanzie promesse mentre l’ultima causa di [[Risoluzione del contratto|risoluzione]] è l’impossibilità dell’esecuzione dell’accordo per causa non imputabile al debitore.
 
'''6) La riforma Rordorf'''
 
Nell'ambito della riforma Rordorf, uno degli aspetti salienti che necessitava di essere affrontato afferisce il comportamento del creditore in relazione all’efficienza causale spiegata sulla situazione di sovraindebitamento.
L’art. 9 lett. l) d.d.l. C. 3671-bis prevede, infatti, quale principio della legge delega quello di: “prevedere misure sanzionatorie, eventualmente di natura processuale con riguardo ai poteri di impugnativa e di opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all’aggravamento della situazione di indebitamento”. Ciò detto è utile notare come codesto aspetto si ponga in linea con il considerando n. 26 della direttiva2008[[Direttiva dell'Unione europea|direttiva]] 2008/48/CE (relativa ai contratti di credito ai consumatori)prevede che: “In un mercato creditizio in espansione, in particolare, è importante che i creditori non concedano prestiti in modo irresponsabile o non emettano crediti senza preliminare valutazione del merito creditizio, e gli Stati membri dovrebbero effettuare la necessaria vigilanza per evitare tale comportamento e dovrebbero determinare i mezzi necessari per sanzionare i creditori qualora ciò si verificasse.”