Monumento ai caduti (Pozzuoli): differenze tra le versioni

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Il '''monumento ai caduti''' è un monumento che si trova a [[Pozzuoli]] realizzato per commemorare i soldati puteolani caduti durante la [[prima guerra mondiale]]
==Storia ==
In Italia la prima “ondata monumentale” sorge spontanea subito dopo la vittoriosa [[battaglia di Vittorio Veneto]]; poi dal 1919, l’anno immediatamente successivo alla fine della “Grande[[Grande Guerra”Guerra]], dappertutto dilaga la necessità di costruire monumenti ai caduti.
Da quel momento ogni cittadina italiana anela ad avere il suo monumento ai caduti. Dinnanzi a centinaia di migliaia di morti, tra soldati e civili, alla distruzione di intere città, i lutti che hanno colpito praticamente ogni famiglia di ogni paese, accadde qualcosa mai successo per i conflitti del passato; inizia il processo di glorificazione della guerra, che presto si trasforma in Mito. Prima del 1914 i mausolei non riportano i nomi dei singoli caduti; i monumenti celebrano il coraggio ed il valore di un battaglione o di un reggimento, o talvolta dell’intero esercito di una nazione, senza che sia presente un elenco con i nomi di tutti i caduti. Con  Mondiale i monumenti ai caduti cessano di essere anonimi e su di essi iniziano a comparire i nomi dei singoli soldati; il mito della guerra diventa anche un mito democratico. Il singolo non viene onorato per le sue gesta individuali, non come persona in quanto tale, ma come parte di un progetto superiore, di una guerra condotta per glorificare e potenziare la patria. Il valore simbolico di ciò che rappresentano rende unici i monumenti dedicati ai caduti di Guerra e l’ideologia che sta alla base di essi. Essi fanno molto di più che ricordare dei morti; i caduti sono identificati prima come eroi, poi come garanti della fede e del dovere, infine, come guardiani della patria, dell’umanità e della giustizia. Essi non sono mai evocati in quanto semplici morti.
 
Nel 1920, sulla scorta di analoghe iniziative già attuate in Francia ed in altri Paesi coinvolti nella "Prima Guerra Mondiale", si propone  di onorare i caduti italiani, le cui salme non sono identificate, con la creazione di un monumento al milite ignoto. Viene deciso di creare questo mausoleo nel complesso monumentale del Vittoriano in Roma dove, sotto la statua della dea Roma, sarà tumulata la salma di un soldato italiano, selezionata tra quelle dei caduti ignoti. La scelta della salma viene affidata a Maria Bergamas, madre del volontario irredento Antonio Bergamas che è caduto in combattimento senza che il suo corpo sia stato più ritrovato. Il 26 ottobre 1921, nella Basilica di Aquileia, mamma Maria sceglie il corpo di un soldato tra undici altre salme di caduti non identificabili, raccolti in diverse aree del fronte. Maria viene posta di fronte a undici bare allineate, e dopo essere passata davanti alle prime, non riesce a proseguire nella ricognizione e gridando il nome del figlio si accascia al suolo davanti a una bara, che così diviene la prescelta. Il feretro è collocato sull'affusto di un cannone e, accompagnato da reduci feriti e decorati con  d'oro al Valore Militare, viene deposto in un carro ferroviario appositamente disegnato. Il viaggio si compie da Aquileia a Roma a velocità moderata in modo che presso ciascuna stazione la popolazione abbia modo di rendere onore al milite. La cerimonia ha il suo epilogo nella capitale; tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, con il Re Vittorio Emanuele III in testa, e le bandiere di tutti i reggimenti muovono incontro al Milite, che da un gruppo di decorati di medaglia d'oro è portato prima nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e poi, il 4 novembre 1921, è posto nel monumento creato nel 1911 per celebrare il cinquantenario dell’Unità Italiana. Da allora, per le numerose cerimonie che vi si svolgono, il mausoleo viene anche chiamato “Altare della Patria”.
 
Da quel momento ogni cittadina italiana anela ad avere il suo monumento ai caduti. Dinnanzi a centinaia di migliaia di morti, tra soldati e civili, alla distruzione di intere città, i lutti che hanno colpito praticamente ogni famiglia di ogni paese, accadde qualcosa mai successo per i conflitti del passato; inizia il processo di glorificazione della guerra, che presto si trasforma in Mito. Prima del 1914 i mausolei non riportano i nomi dei singoli caduti; i monumenti celebrano il coraggio ed il valore di un battaglione o di un reggimento, o talvolta dell’intero esercito di una nazione, senza che sia presente un elenco con i nomi di tutti i caduti. Con  Mondiale i monumenti ai caduti cessano di essere anonimi e su di essi iniziano a comparire i nomi dei singoli soldati; il mito della guerra diventa anche un mito democratico. Il singolo non viene onorato per le sue gesta individuali, non come persona in quanto tale, ma come parte di un progetto superiore, di una guerra condotta per glorificare e potenziare la patria. Il valore simbolico di ciò che rappresentano rende unici i monumenti dedicati ai caduti di Guerra e l’ideologia che sta alla base di essi. Essi fanno molto di più che ricordare dei morti; i caduti sono identificati prima come eroi, poi come garanti della fede e del dovere, infine, come guardiani della patria, dell’umanità e della giustizia. Essi non sono mai evocati in quanto semplici morti.
 
Negli anni 1922-23, con l’avvento del fascismo, questo costume riceve una vera e propria regolamentazione quando il sottosegretario Dario Lupi promuove una campagna di attuazione di parchi e viali della “rimembranza”. La circolare prevede che in ogni località, d’intesa con autorità e scuole, gli alunni debbano essere mobilitati e coinvolti nella cura del parco e delle piante. Particolare non secondario, ogni pianta dovrà essere munita di una targhetta con il nome di un deceduto in guerra. Spesso però si preferisce costruire al centro del parco un monumento sulle cui pareti sono scolpiti i nomi dei caduti.
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Intenso è l’utilizzo di questo monumento nei suoi primi dodici anni di vita; essi coincidono con il periodo di massimo consenso al fascismo e naturalmente non mancano gli anniversari da celebrare; come la Fondazione di Roma; dell’Impero; quello della entrata in guerra; quello della Marcia su Roma; l’anniversario della Vittoria, ed altri ancora. Il monumento diventa il vero Altare cittadino e si carica di significati simbolici impensabili in passato. Nella prima foto, scattata il 4 novembre 1936, notiamo la guardia d’onore composta da marinai e “giovani fascisti”, tra cui mio Padre, primo a sinistra. Il regime ha il pieno possesso di questi luoghi e li trasforma a suo uso e costume, con l’aggiunta di cerimonie e iscrizioni tipiche dell’epoca. In una foto del 24 maggio 1937, sul muraglione di sostegno del Rione Terra si nota una lunga scritta che riporta una frase tratta dal discorso fatto dal Duce il 30 agosto 1936 alle Forze armate e al popolo dell'Irpinia in Avellino, al termine delle grandi manovre. Questa serie di operazioni militari sono guidate dall’erede al trono, S.A.R il Principe Umberto, che dal marzo 1936 comanda il X Corpo d’Armata con sede a Napoli e reparti dislocati in tutta la Campania. Con la caduta del fascismo al monumento vengono troncate le sei scuri sporgenti dai fasci, lasciando inalterate quelle in bassorilievo ed il fascio raffigurato nello scudo retto da un’aquila. Comunque il monumento resta, a Pozzuoli come in ogni altro luogo, un segno tangibile dei massacri della Grande Guerra e spiega almeno in parte come mai essa si sia fissata indelebilmente nella memoria popolare e collettiva di tutte le comunità.
 
==Descrizione==
Esso si presenta imponente con la parte anteriore distribuita in tre spazi di cui quello centrale, più largo degli altri due, sorregge incastonata una grande lapide di marmo che su cinque righe riporta la scritta: