Lucio Afranio (console 60 a.C.): differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 43:
''[[Homo novus]]'', di origine [[Picenum|picena]], fu [[Legatus|legato]] di [[Gneo Pompeo Magno]] in ''[[Hispania]]'' durante la guerra contro [[Quinto Sertorio]] e in [[limes orientale|Oriente]] durante le [[terza guerra mitridatica|campagne militari]] degli anni [[66 a.C.|66]]-[[62 a.C.]] contro [[Mitridate VI del Ponto|Mitridate VI]], re del [[Ponto]]. [[Cassio Dione Cocceiano]] racconta infatti che Pompeo, dopo aver richiesto inutilmente la [[Conduene]], ovvero la regione per la quale [[Fraate III]] (re dei [[Parti]]) e [[Tigrane II]] (re d'[[regno d'Armenia|Armenia]]) stavano litigando,<ref>[[Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', XXXVII, 5.3.</ref> non ricevendo alcuna risposta dal re partico, inviò il suo legato Lucio Afranio a prenderne possesso, per poi condederlo a Tigrane.<ref>[[Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', XXXVII, 5.4.</ref> Afranio, mentre stava attraversando la [[Mesopotamia]] settentrionale, contrariamente ai patti conclusi con i Parti, smarrì la strada e subì molti danni (poiché l'inverno era iniziato) a causa soprattutto della mancanza di vettovaglie. E sarebbe morto, insieme al suo esercito, se gli abitanti di [[Carre]] non lo avessero accolto e poi guidato nella marcia successiva.<ref>[[Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', XXXVII, 5.5.</ref>
Tornato dalla [[Terza guerra mitridatica|guerra mitridatica]], conclusasi con la morte del [[Mitridate VI del Ponto|re]] tanto ostile verso i romani, Pompeo volle garantirsi l'approvazione da parte del senato delle conquiste effettuate in Oriente e la rettifica dell'assetto dato all'intera fascia medio-orientale a seguito della lunga campagna di guerra. <ref>Luigi Pareti, Storia Romana, III, 8.16.</ref> Per rendere ciò possibile appoggiò caldamente ed in maniera poco cristallina, mediante intrighi, l'elezione a console di Lucio Afranio, che riusci ad essere eletto nel 60 a.C. insieme a [[Quinto Cecilio Metello Celere]]. Pompeo si aspettava di vedere approvate le sue richieste dal senato, essendo riuscito con successo a piazzare il suo fedele legato in una così importante carica, ma le sue aspettative furono clamorosamente disattese. Non solo il senato iniziò a fare ostruzionismo su tutte le proposte del console, tanto che non riuscì a fare approvare nessuno dei provvedimenti che il suo comandante aveva richiesto, ma questi cominciò anche essere fatto bersaglio dei veti del suo collega, ed avversario, Metello Celere.<ref>Luigi Pareti, Storia Romana, III, 8.17.</ref><ref>Luigi Pareti, Storia Romana, III, 8.18</ref> Egli infatti godeva della fama, presso il senato, di essere un "imbecille incolto", e [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] stesso lo definiva "ignavo"<ref>Marco Tullio Cicerone, Epistole ad Attico, I, 18,5.</ref> e "indegno del consolato"<ref>Marco Tullio Cicerone, Epistole ad Attico, I,20,5.</ref>.
L'azione di [[Marco Porcio Catone Uticense]], [[Quinto Cecilio Metello Celere]], [[Lucio Licinio Lucullo]] ed altri leader ottimati, stigmatizzata tuttavia da Cicerone, ebbe conseguenze decisive per il futuro della [[Repubblica romana|res publica]]. Infatti rifiutando di accogliere le richieste di Pompeo, ma anche simultaneamente quelle di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e di [[Marco Licinio Crasso|Crasso]], di fatto il senato li spinse l'uno nelle braccia dell'altro , avvicinandoli fortemente e inducendoli a formare l'accordo segreto passato alla storia con il nome di " [[Primo triumvirato|Primo Triumvirato]] ". Non è un caso che lo storico [[Gaio Asinio Pollione|Asinio Pollione]], molto vicino a Cesare, faccia iniziare le sua storia della guerra civile romana (opera perduta) prorpio con il consolato di Metello e Afranio, ciò a riprova dell'importanza rivestita, a suo modo, dalla fallimentare esperienza politica del legato pompeiano, che ebbe ricadute fondamentali nella formazione degli assetti politici degli anni anni immediatamente successivi ad esso. Quando l'anno dopo (59 a.C.) il mandato dei consoli termina, i giochi erano ormai fatti, ed il destino dello stato romano appariva deciso dall'accordo segreto fra i tre importanti uomini politici. Cesare, Pompeo e Crasso, appoggiati dalla plebe urbana, dall'esercito e da molti esponenti del [[Ordine equestre|ceto equestre]], imposero il loro volere esautorando il potere del senato.
|