Invidia: differenze tra le versioni

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Il suo malocchio si ritorce contro di lui come nella visione [[dante Alighieri|dantesca]] che raffigura gli invidiosi con gli occhi cuciti.<ref>Dante, Purgatorio, XIII, vv. 43-84</ref>
 
{{Vedi anche|Invidia degli dei}}
 
Uno degli autori più antichi, [[Erodoto]] ([[484 a.C.]]–[[425 a.C.]]) estende questo sentimento malevolo persino agli dei arcaici, dagli umani attributi, custodi gelosi della propria gloria e del proprio potere e garanti di quell'ordine universale che se compromesso causa l'intervento della divinità, in base a quel principio che l'autore definisce come φθόνος τῶν θεῶν (''"invidia degli dei''") per il quale l'uomo che ottiene troppa fortuna, al di là dei limiti stabiliti, viene ucciso o privato della propria gloria.
 
In molte tragedie greche l'invidia degli dei costituisce lo sviluppo narrativo che porta come conseguenza al commettere un atto di [[hýbris]] e, di conseguenza, essere uno hýbristes ossia un colpevole di tracotanza che vìola leggi divine immutabili, ed è la causa per cui, anche a distanza di molti anni, i personaggi o la loro discendenza sono portati a commettere crimini o subire azioni malvagie. Al termine hýbris viene spesso associato quello di "némesis", in [[lingua greca|greco]] νέμεσις, che è la sua conseguenza: significa infatti "vendetta degli dei", "ira", "sdegno", e si riferisce alla punizione giustamente inflitta dagli dei a chi si era macchiato personalmente di hýbris, o alla sua discendenza o al popolo di cui fa parte.
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