Alpini: differenze tra le versioni
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Il reclutamento locale, oltre a fornire uomini già abituati alla dura vita in montagna, era un forte elemento di coesione tra le truppe: riunendo nelle compagnie i giovani provenienti dalla stessa vallata, e stanziandoli nella loro terra d'origine si ottenevano sensibili vantaggi senza esporsi a rischi<ref>{{cita|G. Oliva|p. 24}}.</ref>.
Per i problemi di bilancio che affliggevano il ministero della Guerra, e quindi per paura che il voto del Parlamento fosse sfavorevole, Ricotti non presentò un progetto organico per la creazione di un nuovo corpo, ma lo inserì in una generale ristrutturazione dei distretti militari che da cinquantaquattro dovevano diventare sessantadue, unitamente alla creazione di un certo numero di [[Compagnia (unità militare)|compagnie]] alpine limitato a quindici<ref name="G.Oliva|p. 28">{{cita|G. Oliva|p. 28}}.</ref>. Il progetto fu appoggiato dal ministro della Guerra del governo di [[Quintino Sella]], Ricotti-Magnani, che condivideva le necessità della difesa dei valichi alpini e preparò il decreto nel quale si istituiva praticamente di nascosto il nuovo corpo mascherato con compiti di fureria<ref name="G.Morandi|p. 11" />. Il decreto venne quindi firmato dal re [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] il 15 ottobre 1872 a [[Napoli]]<ref name="G.Morandi|p. 11" />. Nella relazione ministeriale che accompagnava il Regio Decreto n. 1056<ref name="glialpini.com"/>, si parlava dell'istituzione delle prime compagnie alpine<ref>{{cita|G. Oliva|p. 25}}.</ref>. Subito dopo, in occasione della chiamata alle armi della classe 1852, iniziò la formazione delle prime quindici compagnie alpine<ref name="esercito.difesa.it">{{cita web|url=http://www.esercito.difesa.it/Organizzazione/Armi_corpi/fanteria_specialita/Pagine/GliAlpini.aspx|titolo=Gli Alpini,
La rapidità con la quale il Ministero decise la costituzione ebbe come contropartita riflessi negativi nel numero e soprattutto nell'equipaggiamento. La divisa era la stessa della fanteria, con evidenti inconvenienti in rapporto alle esigenze di montagna; [[chepì]] di feltro, cappotto di panno indossato direttamente sulla camicia, ghette di tela e scarpe basse<ref>{{cita|G. Oliva|p. 33}}.</ref>. L'armamento era costituito da un fucile di modello recente, il "[[Vetterli-Vitali Mod. 1870/87|Vetterli 1870]]"<ref>{{cita|G. Morandi|p. 12}}.</ref>, in linea con i fucili impiegati dagli eserciti europei, ma dal peso e dalla lunghezza eccessivi per gli spostamenti su terreni impervi, mentre gli ufficiali erano invece dotati dell'obsoleta pistola a rotazione "[[Casimir Lefaucheux|Lefaucheaux]]"<ref name="G.Oliva|p. 34">{{cita|G. Oliva|p. 34}}.</ref>.
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Il 24 maggio 1915, con l'entrata nella prima guerra mondiale dell'Italia, gli Alpini occuparono i più importanti ed impervi punti, dal [[passo dello Stelvio]] alle [[Alpi Giulie]], passando per il [[passo del Tonale]] e il monte [[Pasubio]]. Quello stesso giorno il primo soldato a perdere la vita tra le truppe italiane fu proprio un alpino della 16ª Compagnia del battaglione Cividale, 8º Reggimento, di nome [[Riccardo Giusto]], che alla mezzanotte del 24 maggio mentre varcava la frontiera sul monte Natpriciar fu freddato da un tiratore scelto austriaco<ref>{{cita|G. Morandi|p. 33}}.</ref>.
Parteciparono alle più cruente battaglie, come quella dell'[[Battaglia del monte Ortigara|Ortigara]] con la conquista dell'[[monte Ortigara|omonimo monte]], la [[Battaglia di Caporetto|disfatta di Caporetto]], fino alla [[Prima battaglia del Piave|resistenza sul monte Grappa]] e la [[Battaglia di Vittorio Veneto|controffensiva finale]] del generale [[Armando Diaz]], che portò alla [[Battaglia di Vittorio Veneto|vittoria]] dell'ottobre 1918. Gli Alpini furono i protagonisti di un conflitto che si combatté quasi interamente sulle Alpi, e su tutti i fronti, dai ghiacciai dell'[[Gruppo dell'Adamello|Adamello]] alle crode [[dolomiti]]che, dal [[Carso]] al [[monte Grappa]], dagli [[Altopiano dei Sette Comuni|altopiani]] al [[Piave]], dimostrando il loro valore, come testimoniano gli oltre 35.000 morti e dispersi e i circa 80.000 feriti<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/alpini_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Stabilire la cifra esatta degli Alpini mobilitati durante la Grande Guerra è difficile. Durante il conflitto le truppe alpine raggiunsero il loro massimo sviluppo, arrivando a contare ottantotto [[battaglione|battaglioni]] per trecentoundici [[Compagnia (unità militare)|compagnie]] per un totale poco inferiore a 80.000 uomini<ref name="G.Oliva|p. 105">{{cita|G. Oliva|p. 105}}.</ref>, cifra puramente indicativa perché gli effettivi variarono e i vuoti lasciati dai caduti e dai feriti vennero colmati, almeno in parte, dalle nuove leve<ref name="G.Oliva|p. 105"/>. Inoltre alla somma vanno aggiunti sessantasette gruppi di [[artiglieria|artiglieria da montagna]] per un totale di 175 batterie. In questo periodo infatti le zone di reclutamento alpino vennero estese a quasi tutti i distretti montani della penisola<ref name="esercito.difesa.it"/>.
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[[File:CadutiAlpiniOrtigara.jpg|miniatura|upright=0.8|Alpini caduti durante la battaglia del monte Ortigara]]
Dei sessantuno battaglioni Alpini esistenti nel novembre 1918, ne furono sciolti più della metà e alla fine del 1919 gli otto reggimenti avevano ripreso quasi per intero la fisionomia del 1914<ref>{{cita|G. Oliva|p. 146}}.</ref>. Già l'anno successivo alla fine del conflitto gli alpini reduci costituirono l'8 luglio 1919 l'[[Associazione Nazionale Alpini]] (ANA) a Milano, presso la sede dell'Associazione geometri, che ebbe come primo presidente l'alpino [[Daniele Crespi (militare)|Daniele Crespi]]<ref name="ana.it">{{cita web|url=http://www.ana.it/index.php?module=ContentExpress&func=display&ceid=40|titolo=La storia dell'Associazione Nazionale Alpini
Intanto il paese nell'immediato dopoguerra fu caratterizzato da un periodo di forti tensioni sociali alimentate dalle condizioni di quella parte del popolo che per decenni era stata ai margini della vita nazionale ed ora rivendicava un ruolo primario, forte dei sacrifici patiti in guerra<ref name="cita|G.Oliva|p. 147">{{cita|G. Oliva|p. 147}}.</ref>. Le esigenze di ordine pubblico, legate alle oggettive difficoltà strutturali e logistiche di un paese devastato nell'economia, resero la [[Mobilitazione|smobilitazione]] un'operazione lunga e complicata e fecero sì che fosse mantenuta in armi una forza di circa 300.000 uomini, abbastanza da tenere in vita reparti teoricamente soppressi sulla carta<ref name="cita|G.Oliva|p. 147"/>.
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Fu nel [[1931]] che iniziarono le prime competizioni sciistiche per le truppe alpine, oggi conosciute come [[Campionati sciistici delle truppe alpine|Ca.STA]] (Campionati Sciistici delle Truppe Alpine)
Nel 1934 venne costituita ad [[Aosta]] la [[Centro addestramento alpino|Scuola militare centrale di alpinismo]], per provvedere all'addestramento sci-alpinistico dei quadri delle truppe alpine. La scuola diverrà ben presto un polo di eccellenza in campo sportivo e sci-alpinistico, tanto da essere considerata "università della montagna"<ref>{{cita web|url=http://www.truppealpine.eu/casta/cosa_sono/cosa_sono_.asp|titolo=Ca.STA
Lo sviluppo dell'armamento degli alpini nel corso del ventennio 1919-'39 fu limitato essenzialmente alle sole mitragliatrici e alle armi a tiro curvo. Nel primo caso si trattava di realizzare un'arma automatica per il tiro collettivo che fosse più leggera e mobile della mitragliatrice pesante [[Fiat Mod. 14/35|Fiat Mod. 14]] che era più adatta come arma di posizione<ref name="G.Oliva|p. 158">{{cita|G. Oliva|p. 158}}.</ref>. Dopo varie sperimentazioni fu sviluppata la leggera [[Breda Mod. 30]] che divenne l'arma delle squadre fucilieri Alpine. In linea con le necessità della guerra in montagna furono sviluppati due nuovi mortai, il [[Brixia Mod. 35]] da 45 mm e [[Mortaio da 81 Mod. 35|quello da 81 mm]]. La scarsa attenzione che le forze armate diedero allo sviluppo di nuove armi, soprattutto al [[carro armato]] e alle armi controcarro, fece sì che il solo cannone atto a fermare le truppe corazzate, il [[47/32 Mod. 1935]], fu assegnato solo a tre divisioni alpine (Cuneense, Tridentina e Julia) con conseguenti gravi carenze di fronte al massiccio impiego di mezzi corazzati negli altri eserciti<ref name="G.Oliva|p. 158"/>.
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{{vedi anche|guerra d'Etiopia|occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)}}
{{Citazione|Il maresciallo Badoglio ha scritto a Mussolini, per prender l'Abissinia ci vogliono gli Alpini...|Motto alpino nato in concomitanza della campagna d'Abissinia<ref>{{cita|G. Morandi|p. 74}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.glialpini.com/casco_coloniale.html|titolo=Il cappello degli alpini
Gli anni 1935-'36 videro gli alpini ancora impegnati in Africa e precisamente in [[guerra d'Etiopia|Etiopia]]<ref>Anche se unità Alpine parteciparono anche alla [[guerra civile spagnola]], vestendo l'uniforme del ''[[Legione spagnola|Tercio de Extranjeros]]''.</ref>, dove sbarcarono a [[Massaua]] da dove gli alpini della [[5ª Divisione alpina "Pusteria"]] parteciparono alle operazioni di guerra, con le battaglie [[battaglia di Amba Aradam|di Amba Aradam]] e [[battaglia dell'Amba Alagi|dell'Amba Alagi]]. Il 31 marzo ci fu la [[battaglia di Mai Ceu|battaglia finale di Mai Ceu]], dove le truppe di [[Hailé Selassié]] furono costrette a ripiegare<ref>{{cita|G. Oliva|p. 163}}.</ref> e per l'imperatore di Etiopia fu la sconfitta. Per la colonna italiana formata da mille automezzi la strada verso Addis Abeba era spianata, e la "Pusteria", con sole 220 perdite<ref>{{cita web|url=http://www.vecio.it/cms/node/17|titolo=Il Vecio - scheda
Dopo le operazioni in Albania durante la Grande Guerra, meno di vent'anni dopo gli alpini sbarcarono di nuovo sulle coste di [[Durazzo]] e [[Valona]] il 7 aprile 1939 per volere del Duce, che volle riequilibrare la [[Anschluss|mossa dell'alleato tedesco]] in [[Austria]] di pochi mesi prima. Fu una spedizione all'insegna della disorganizzazione, tanto che gli stessi muli imbarcati senza basto, [[finimenti]] e cavezza al momento dello sbarco cominciarono a scappare dal porto invadendo le strade di Durazzo<ref>{{cita|G. Morandi|p. 80}}.</ref>.
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Nonostante le forze preponderanti, le unità italiane furono chiamate ad operare in condizioni precarie e pregiudizievoli in quanto, soprattutto per gli alpini di origine piemontese, il disagio fu acuito dalla constatazione delle ripercussioni sociali ed economiche sulle popolazioni civili<ref name="G.Oliva|p. 171">{{cita|G. Oliva|p. 171}}.</ref>. Inoltre migliaia di truppe male addestrate e mal equipaggiate di mezzi e armamenti<ref name="G.Oliva|p. 171"/> si trovarono a combattere in un terreno impervio e contro un sistema difensivo di prim'ordine attrezzato con un complesso di oltre quattrocento opere servite da un'ottima rete ferroviaria e stradale<ref name="G.Oliva|p. 171"/>. Il 21 giugno arrivò l'ordine di attacco, e le divisioni Tridentina, Cuneense e Pusteria furono spostate nei rispettivi teatri di scontro; la Tridentina fu posta in prima linea assieme alla Taurinense con il compito di penetrare verso [[Bourg-Saint-Maurice]] dal colle del [[Piccolo San Bernardo]], mentre le altre due divisioni ebbero il compito di penetrare nel settore [[val Maira|Maira]]-[[valle Po|Po]]-[[valle Stura di Demonte|Stura]]<ref>{{cita|G. Oliva|p. 175}}.</ref>. Nella notte tra il 24 e 25 giugno, appena tre giorni dopo l'inizio delle operazioni per le divisioni alpine, fu firmato l'[[Armistizio di Villa Incisa]] che pose fine alle ostilità con la Francia<ref>{{cita|G. Oliva|p. 178}}.</ref>.
Nell'ottobre dello stesso anno le divisioni Cuneense, Tridentina, Pusteria e la [[Divisione Alpina Alpi Graie|Alpi Graie]]<ref>Della quale faceva parte il cappellano militare [[Secondo Pollo]], il beato degli alpini.</ref> furono spostate sul [[Campagna italiana di Grecia|fronte greco-albanese]] dove era già presente la [[Brigata Alpina Julia|Julia]], che fu anche la prima a compiere azioni di guerra nel settore<ref>{{cita|G. Oliva|p. 181}}.</ref>. L'invio degli alpini avvenne a causa dello sfondamento del fronte difensivo italiano sulla Vojussa: l'avanzata greca minacciava di raggiungere l'[[mar Adriatico|Adriatico]] e ricacciare oltremare le truppe italiane. Solo grazie all'afflusso di reparti di rinforzo, tra cui le tre divisioni alpine, fu possibile stabilire una posizione di resistenza in grado di reggere fino alla primavera successiva<ref>{{cita|G. Oliva|p. 186}}.</ref>. La Julia venne impiegata nei primi attacchi, ma la disorganizzazione dei comandi fece sì che in appena un mese di difficoltose avanzate fu costretta a ritirarsi e a difendersi dalle incursioni greche. A fine dicembre da 9.000 uomini la Julia rimase con sole 800 unità<ref>{{cita|G. Oliva|p. 184}}.</ref>. La campagna di Grecia fu un fallimento per l'Italia, e solo l'intervento dell'alleato tedesco nella primavera 1941 diede una svolta alle operazioni. Per assicurarsi il controllo dei [[Balcani]] in previsione dell'[[operazione Barbarossa|invasione dell'Unione Sovietica]], [[Adolf Hitler]] e il suo Stato Maggiore misero a punto l'[[operazione Marita]]. L'attacco italo-tedesco partì il 6 aprile e il 23 la Grecia chiese l'armistizio, armistizio che giunse dopo un enorme tributo di sangue per gli alpini, con 14.000 morti, 25.000 dispersi, 50.000 feriti e 12.000 congelati<ref>{{cita|G. Oliva|p. 190}}.</ref>.
==== La campagna di Russia ====
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Questa ristrutturazione vide gli alpini impegnati in un rinnovamento addestrativo e logistico che gli permise di diventare una delle specialità più idonee agli impieghi all'estero, là dove servono uomini ben preparati fisicamente, militarmente abituati a muoversi in piccoli gruppi autonomi<ref name="G.Oliva|p. 237">{{cita|G. Oliva|p. 237}}.</ref>. Per superare le difficoltà legate all'opinione pubblica contraria ad utilizzare militari di leva per missioni all'estero, nel 1995 è stato introdotto l'arruolamento di personale volontario, e questa nuova disponibilità di personale ha trasformato le brigate in un prezioso serbatoio di unità da utilizzare sia in operazioni di ordine pubblico interno (missioni "[[Operazione Forza Paris|Forza Paris]]" in Sardegna, "[[Operazione Vespri siciliani|Vespri siciliani]]" in Sicilia e "[[Operazione Riace|Riace]]" in Calabria)<ref name="G.Oliva|p. 237"/>, sia in operazioni umanitarie all'estero<ref name="G.Oliva|p. 237"/>.
A partire dagli anni novanta è iniziato l'impegno delle truppe alpine nelle missioni internazionali e umanitarie all'estero. Tra queste vanno ricordate le missioni di ''peacekeeping'' in [[Libano]] (missioni [[missione Libano 1|"Libano 1"]] e [[Missione Italcon Libano#Operazione Libano 2|"Libano 2"]] tra il 1982 e 1984<ref>{{cita web|url=http://www.esercito.difesa.it/Attivita/MissioniOltremare/MissioniconiReparti/MissioniMultinazionali/Pagine/Libano1eLibano2.aspx?status=Conclusa&zone=Asia|titolo=Libano 1 e Libano 2 su esercito.difesa.it|accesso=12 maggio 2011}}</ref>) e [[Albania]] ([[Kosovo Force|KFOR]] 1993, [[Missione Alba|Alba]] 1997<ref>{{Cita|Di Mauro|pp. 233-234}}.</ref> e [[Allied Command Europe Mobile Force - Land|AFOR]] 1999), l'[[operazione Provide Comfort]] nel [[Kurdistan iracheno]] al termine della [[guerra del Golfo]], l'[[operazione Onumoz]] nel 1993/'94 con le brigate Taurinense e Julia inquadrate nel [[contingente "Albatros"]] in [[Mozambico]] e le missioni per il mantenimento della pace in [[Bosnia]] ([[Stabilisation Force|operazione Joint Guard]] e [[operazione Constant Guard]] 1997/1998). Dalla fine degli anni novanta gli alpini hanno visto il loro impegno in [[Kosovo]] ([[Missione "OSCE/KVM - Kosovo"|OSCE/KVM]] 1998/'99<ref>{{cita web|url=http://www.esercito.difesa.it/Attivita/MissioniOltremare/MissionidiOsservazione/MissioniOSCE/Pagine/OSCEKVMKosovo.aspx?status=Conclusa|titolo=Missione "OSCE/KVM - Kosovo"
Con la legge 23 agosto del 2004 n. 226 venne decretata la sospensione del servizio militare a partire dal 1º gennaio 2005<ref name="truppealpine.eu">{{cita web|url=http://www.truppealpine.eu/storia/storia.asp|titolo=Storia delle Truppe Alpine
==== La missione in Afghanistan ====
{{vedi anche|guerra in Afghanistan (2001-in corso)}}
La prima aliquota di alpini inviati in Afghanistan fu una compagnia dell'allora [[4º Reggimento alpini paracadutisti|Battaglione alpini "Monte Cervino"]], giunta a [[Kabul]] nel maggio 2002.<ref>{{Cita|Di Mauro|p. 236}}.</ref> Il 30 gennaio 2003 si svolse a [[L'Aquila]] la cerimonia di saluto del [[9º Reggimento alpini]], che di lì a pochi giorni avrebbe rappresentato il grosso del nucleo italiano inviato in Afghanistan nell'ambito dell'[[operazione Enduring Freedom]]. Il reggimento si stabilì a [[Khowst]] a 300 chilometri a sud-est di Kabul, a rimpiazzo del contingente statunitense che aveva appena lasciato in consegna l'area<ref>{{cita|G. Morandi|pp. 169}}.</ref>. Il reggimento è parte della [[Brigata alpina "Taurinense"|Brigata Taurinense]], la prima ad arrivare a Kabul con quattrocento uomini con il compito di proteggere le vie d'accesso allo scalo aereo cittadino<ref>{{cita|G. Morandi|pp. 170}}.</ref>.
[[File:Alpini on patrol in Afghanistan with VTLM 01.jpg|thumb|Soldati dell'[[8º Reggimento alpini]] (come dimostra anche la [[nappina]] rossa sull'elmetto del soldato alla mitragliatrice del [[Iveco LMV|VTLM Lince]]) di pattuglia in Afghanistan nel novembre 2010.]]
A partire dal 20 aprile 2010, fino all'ottobre dello stesso anno,<ref>{{cita web|url=http://www.agi.it/torino/notizie/201105131741-spe-rto1004-salone_libro_ring_road_in_6_mesi_in_afghanistan_della_taurinense|titolo= La Taurinense per 6 mesi in Afghanistan
In seguito altri reggimenti di alpini, anche non appartenenti alla Taurinense, hanno prestato servizio in Afghanistan, tra cui il [[5º Reggimento alpini|5º]], il [[7º Reggimento alpini|7º]] e l'[[8º Reggimento alpini|8º]]. Il 3º Reggimento alpini è stato in Afghanistan dal 3 settembre 2002 al 18 gennaio 2003<ref>{{cita web|url=http://www.vecio.it/cms/index.php/reggimenti-alpini/265-3-reggimento-alpini|titolo=3° Reggimento Alpini
Fin dai primi mesi di missione in Afghanistan gli alpini hanno subito diverse perdite dovute a [[Ordigno esplosivo improvvisato|ordigni improvvisati]] e [[Mina terrestre|mine terrestri]] dirette ai convogli con cui le forze militari si spostano nel territorio<ref name="corrierealpi">{{cita web|url=http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2011/04/10/news/afghanistan-gli-alpini-tornano-a-casa-3909780|titolo=Afghanistan, gli alpini tornano a casa |sito=Corriere delle Alpi|accesso=20 aprile 2011}}</ref>. Al 4 aprile 2011, quando la brigata Julia è stata rilevata dalla [[Brigata paracadutisti "Folgore"]]<ref>{{cita web|url=http://www.difesa.it/Il_Ministro/Eventi/Pagine/AfghanistanCambiodiguardiaperilContingenteitaliano.aspx|titolo=Afghanistan. Cambio di guardia per il Contingente italiano
== Organica ==
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* [[File:CoA mil ITA rgt alpini 006.png|20px|Stemma 6º Reggimento Alpini]] [[6º Reggimento alpini]] ([[Brunico]], San Candido, Dobbiaco)
* [[File:CoA of Centro di Alpinismo.jpg|25x25px|Stemma Centro di Addestramento Alpino]] Raggruppamento addestrativo<ref>Il Raggruppamento addestrativo stranamente non viene menzionato nel sito ufficiale dell'Esercito Italiano, tuttavia la sua esistenza è documentata dalle seguenti fonti disponibili in rete: {{cita web|url=http://www.difesa.it/ProtocolloInformatico/AOO_Difesa/Esercito/Pagine/E23783.aspx|titolo=protocollo informatico enti|editore= Ministero della Difesa}} {{cita web|url=http://www.vecio.it/cms/index.php/supporti-e-unita-minori/246-raggruppamento-addestrativo|titolo=sintesi storica aggiornata ad agosto 2011
* [[File:CoA of Centro di Alpinismo.jpg|25x25px|Stemma Centro di Addestramento Alpino]] [[Centro addestramento alpino - Reparto attività sportive|Reparto attività sportive]] ([[Courmayeur]])
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{{vedi anche|Preghiera dell'Alpino}}
La preghiera, nella sua forma originale, fu scritta dal colonnello [[Gennaro Sora]], allora comandante del [[battaglione alpini "Edolo"]], a Malga Pader, in [[Val Venosta]], proprio per la sua unità.
Questa prima versione conteneva degli espliciti riferimenti al Duce e al Re, che col tempo furono cancellati. Il vicario generale Monsignor [[Giuseppe Trossi]] il 21 ottobre [[1949]] comunicò il testo rivisto e adattato della preghiera, aggiungendo lo specifico riferimento alla [[Madonna degli Alpini]]. Questa preghiera doveva essere quindi recitata in sostituzione della Preghiera del Soldato al termine di ogni Santa Messa di precetto<ref name="storiapreghiera">{{cita web|url=http://www.ana.it/page/la-storia-della-preghiera-dell-alpino70|titolo=La storia della Preghiera dell'Alpino|accesso=18 settembre 2015
Nuovamente nel [[1972]] il cappellano militare capo del Servizio di Assistenza Spirituale del 4º Corpo d'armata alpino, Monsignor Pietro Parisio, previa autorizzazione del suo generale comandante il Monsignor [[Franco Parisio]], ottenne dall'Arcivescovo Ordinario Militare, Monsignor [[Mario Schierano]], alcune nuove piccole modifiche alla preghiera, in modo da adattarla nel modo migliore agli Alpini delle nuove generazioni. Il testo venne ulteriormente e leggermente modificato ed infine definitivamente approvato il 15 dicembre [[1985]]<ref name="storiapreghiera"/>.
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