Alfabeto devanagari: differenze tra le versioni
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Nella scrittura Devanāgarī ogni simbolo rappresenta una consonante seguita da una ''a'' molto breve (tranne che, in taluni casi, in fine parola): per esempio, il simbolo द si trascrive "da" e va letto /da/ in sanscrito (nel moderno Hindi, la vocale di default è invece una vocale neutra di timbro leggermente velare detta schwa, /ə/, ottenibile se si immagina di declamare i nomi delle consonanti dell'alfabeto italiano "b-c-d-f-..." in modo "puro", senza dire la vocale che si accompagna al nome proprio della lettera, come invece accade in "bi-ci-di-effe...").
In generale, le lettere sono sormontate da una linea orizzontale che si scrive per ultima: per prime si scrivono le lettere, i matra e i diacritici. In corrispondenza di alcune lettere può spezzarsi, quindi non necessariamente è sempre continua. Il punto fermo, come grafia e durata consiste in una linea verticale (
La vocale che accompagna la consonante può essere un'altra se è presente un simbolo chiamato ''Matra'': ad esempio, prendendo sempre come riferimento il simbolo द, "da" /də/, quando esso viene scritto दे (notare la linea obliqua presente sopra il simbolo), si trascrive "de" e va letto /de/. Esistono forme isolate e matra per vocali brevi e lunghe. Poiché la lunghezza della vocale ha valore distintivo in hindi e sanscrito, bisogna far sentire la differenza tra breve e lunga.
Nella tabella sotto riportata i matra sono i simboli rappresentati vicino a un cerchio tratteggiato, indicante la posizione del simbolo rispetto al matra.
Oltre che come matra di una consonante, una vocale può essere anche presente nella forma indipendente quando si trova all'inizio di una parola o accanto ad un'altra vocale (ad esempio, la /e/ da sola o a inizio parola o affiancata da un'ulteriore vocale in forma di matra si scrive ए).
Quando sopra una lettera con vocale qualunque viene posto un diacritico a forma di punto, l'''Anusvāra'' ं , si vuole indicare che dopo la vocale si aggiunge una consonante nasale (n,m e simili) che si assimila con la consonante che viene dopo (vedi più avanti per la lista completa).
Se invece si trova un diacritico a forma di semicerchio chiamato ''Candrabindu/Anunāsika'' (mezzaluna) ँ , la vocale va pronunciata nasalmente, rilassando cioè il velo palatino (cioè la parte morbida del palato) e facendo passare il suono attraverso il naso, come avviene anche in altre lingue come il portoghese, il polacco, il francese o il bengalese. Una parola indiana può iniziare e finire per vocale nasalizzata (ex. ऊँट /ũ:ṭ/ "cammello" e माँ /mã:/ "mamma") e una delle tipiche posizioni in cui è possibile reperire la mezzaluna nelle parole hindi è proprio la seconda, specie se la parola non finisce in schwa.
Dunque, in base alla presenza di uno o dell’altro diacritico, avvengono due fenomeni distinti e riconoscibili. Tuttavia in ortografia capita che i due diacritici vengano usati senza distinzione e/o ne venga usato uno solo per entrambi. Ciò tuttavia non crea problemi nella pronuncia perché la nasalizzazione avviene in contesti diversi dall’aggiunta della consonante nasale: se una vocale, lunga o breve, è seguita o meno da una consonante che si articola in un certo modo (indifferentemente dal luogo di articolazione e dall’aspirazione presente o no), si avrà l’uno o l’altro fenomeno. Per le regole, vedi più avanti.
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|/dyə/
|DYA, dya
|Il quarto e ultimo cluster irregolare è l'incontro di /d/ con la semivocale /j/,
|}
Per completezza, si elencano infine i numeri cardinali. Il sistema grafico indiano possiede il numero zero, di cui si hanno le prime tracce storiche proprio in India.
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* In hindi ci sono precise regole che riguardano i fenomeni di nasalizzazione vocalica e aggiunta+assimilazione della consonante nasale. la '''nasalizzazione''' della vocale avviene se il diacritico (quello più corretto è la mezzaluna "candrabindu" ँ) si trova su una qualunque vocale a fine parola, indifferentemente se essa è lunga o breve. La lunghezza della parola è indifferente: può anche essere monosillabica, come माँ , "ma', mamma". La nasalizzazione non modifica assolutamente la lunghezza vocalica: le lunghe restano lunghe. Nel secondo caso, avviene se la mezzaluna si trova su una vocale completamente isolata, lunga o breve. Nel terzo caso, avviene se dopo la vocale con mezzaluna si trova un'altra vocale (scritta, per logica, in forma isolata), ex. सांई /sã:i/ "santo" nel linguaggio induista'''.''' Nel quarto caso, avviene se la vocale ''lunga'' con candrabindu è seguita da una consonante occlusiva o affricata sorda, indifferentemente se essa è aspirata o meno; per la precisione, le consonanti coinvolte sono la /p, t, t͡ʃ, ʈ, k/ con e senza aspirazione. Si ricorda che il luogo di articolazione è pure indifferente. Nel quinto caso, avviene se una vocale ''breve'' con la candrabindu è seguita da una consonante liquida o nasale o vibrante o dalle semivocali; per la precisione, sono la /l, m, ɲ. n, ɳ, ŋ, r, ɽ, h, j, w/. Si ricorda che /ɭ/ è in disuso in hindi. Le ultime due, nella parlata veloce, assimilano l'aspirazione. In alcune parole o prestiti, la regola può cadere.
* In tutti gli altri casi (sempre in hindi), avviene l''''aggiunta della consonante nasale''' e la sua successiva assimilazione alla consonante successiva: cambia solo il luogo di articolazione, in base a dove è posizionata la lingua (il modo non cambia perché è sempre nasale: il suono uscirà sempre e solo dal naso). Il diacritico più corretto per indicare il fenomeno (e dunque renderlo subito riconoscibile senza bisogno di applicazione di regole) è l'anusvāra, ं . Davanti a p/b la consonante usata è /m/, davanti a d/t e r/s/sh/h diventa /n/, davanti ai medesimi suoni retroflessi si retrofletterà anch'essa (ʈ/ɖ - /ɳ/), davanti a t͡ɕ/d͡ʑ/ɕ in versione palatalizzata diventerà /ɲ/ ("''gn"'' di ''gn''omo) o altrimenti nella pronuncia alternativa tornerà ad essere /n/, di fronte a k/g diventerà /ŋ/, davanti alla "v/f" diventa /ɱ/ (come nella parola "ca''n''vass"), davanti alla /q/ diventa /N/ uvulare, eseguita con la radice della lingua (né con dorso né con la punta) e preceduta da una pesante nasalizzazione vocalica. si ricorda che i diacritici nasali, oltre che le lettere in disuso nell'hindi, si trovano perlopiù in parole di origine sanscrita. In taluni casi, la grafia di aggiunta di consonante nasale con diacritico è reperibile pure in prestiti di altre lingue (e quindi anche davanti a suoni importati come f/q). La regola in alcune parole o prestiti, come "banca", può cadere.
* Il simbolo ऽ, cioè la "Avagraha S", in hindi si trova dopo i suoni vocalici lunghi e li allunga dandogli un tono di lamento, ragion per cui si trova in interiezioni o parole esclamate. Per ragioni enfatiche, si può scrivere più volte di fila (ex. आईऽऽऽ! /a:i:/ cioè "aahiiii!"). Un esempio di prestito con tono esclamatorio è कूऽल !! /ku:l/ "cooool !! / fiiiigooooo!!". Deriva dal sanscrito, in cui ha una diversa funzione: è analoga alla virāma ed è reperibile quando due parole/blocchi di frase in cui uno dei due ha la schwa si affiancano: in questi casi, la schwa della prima parola cade per regola.
* La Visarga, ः , è un paio di punti a fine parola che, in sanscrito, indicano un'aspirazione /-h/ (fricativa glottidale), che si conserva in hindi. Si traslittera come Ḥ, ḥ ed è sempre preceduta da una vocale. In sanscrito, per circoscrivere e far sentire bene l'aspirazione, si può sentire la vocale ripetuta dopo l'aspirazione, dando un effetto eco, ex. /əh→ əhə/.
* La '''cancellazione/caduta della schwa''' (o "''Schwa deletion''") in hindi, come già detto, se non è disambiguata con la virāma, è -in parte- predittiva con delle regole. Come '''1°''' regola, la schwa /ə/ non si può omettere nella prima sillaba di una parola. Come '''2°''' regola, se una parola inizia per schwa, ovviamente deve essere pronunciata. Come '''3°''' regola, data la legenda ''[C]= consonante con schwa sottintesa, [V]= vocale, [CV]= consonante+matra, [(C)V]= consonante che può esserci facoltativamente'' e ''[<u>C</u>= consonante soggetta a caduta di schwa inerente]'', nelle parole aventi tre sillabe [1'][2'][3'] la cui sillaba finale [3'] termina con una vocale a piacere diversa da schwa, la lettura finale è [(C)V][<u>C</u>][CV] (è indifferente che la parola inizi o no per consonante). Vale a dire, dall'incontro delle due consonanti in mezzo alla parola, la prima perde la schwa. Come '''4°''' regola, se una parola con più sillabe termina con una consonante con schwa sottintesa, cioè -[C], il fono schwa spesso si elimina. Come '''5°''' regola, una parola di quattro sillabe tutte con schwa inerente, cioè [C][C][C][C], se soggetta al fenomeno si legge [C][<u>C</u>][C][<u>C</u>]. La schwa si toglie dalla seconda e quarta sillaba, che non a caso è l'ultima (si riprende quindi la quarta regola; poiché la prima sillaba resta completamente inalterata, si riprende anche la prima). Come '''6°''' regola, una parola ha da 4 sillabe in su ed è molto diversificata al suo interno, si scandaglia ed esamina il vocabolo applicando un passo alla volta la terza regola, cioè spostando volta per volta il blocco [(C)V][<u>C</u>][CV] di una posizione in avanti. Se la combinazione di vocali e consonanti combacia col blocco, è probabile che quindi la lettura del blocco di parola in esame rispecchi [(C)V][<u>C</u>][CV] (e cioè, è probabile che ci sia nella posizione [<u>C]</u> la caduta di schwa). Se la parola ha 4 sillabe, in totale quindi si eseguiranno due spostamenti/analisi; se ne ha 5, se ne eseguiranno tre prima di arrivare in fondo; ecc. Nelle parole polisillabiche è anche utile ricordarsi la 1° regola. Si ricorda che la lettura corretta e il corretto inserimento della virāma può essere sbrogliata da un buon dizionario con romanizzazione e/o la trascrizione IPA. Un esempio di eliminazione di schwa è nel nome proprio विमला (Vim'
* Le '''legature/congiunzioni ortografiche''' si ottengono, in molti casi, togliendo la linea verticale della prima delle due lettere e affiancandole (possono essere diverse o identiche se si scrive un raddoppio consonantico) fino a unirle (ex. प्प, ष्ष, ख्ख, ग्ग, ब्ब, व्व, च्च, ञ्ञ, घ्घ, भ्भ, थ्थ, ध्ध, म्म, ल्ल, स्स, ण्ण, श्श ecc). Su supporto informatico, si ottengono digitando una consonante, la virāma e un'altra consonante a piacere. Le eccezioni sono i due raddoppi occlusivi /kkə/ e /ppʰə/ (क्क e फ्फ: la prima delle due linee verticali rimane) e le quattro lettere dalla base semisferica (tutte occlusive retroflesse), che si appendono l'una sull'altra: ट्ट, ठ्ठ, ड्ड, ढ्ढ, incluso /ddə/ द्द. Quando le consonanti si appendono, si schiacciano e comprimono. La "t" geminata ha la prima parte alzata: त्त. Si ricorda nuovamente che, in assenza di matra e virāma, la vocale di default è la schwa breve: gli esempi contengono proprio la vocale neutra. Inoltre, due consonanti non si possono semplicemente affiancare per creare un cluster: ad ex., per creare /tke/ si deve scrivere त्के ; se si scrivesse तके , si leggerebbe /təke/: la schwa non è stata tolta, quindi essendoci una vocale in mezzo la pronuncia è quella appena indicata e non si crea un cluster.
* In generale, "k/ph" non perdono la loro riga verticale anche quando si affiancano ad altre lettere (ex. /klə/ क्ल /kdʱə/ क्ध /pʰɳə/ फ्ण /pʰɖə/ फ्ढ /pʰʃə/ फ्थ ). Si ricorda nuovamente che, con tre consonanti, la linea orizzontale si spezza. Quindi, alla fine della scrittura delle consonanti/matra/diacritici di tutta la frase si tracceranno due linee orizzontali distinte. Nei cluster con una delle tre consonanti spezza-linea, la prima metà della linea ospita il frammento della prima consonante, ex. "gtha" ग्थ , "pdho" प्धो , "kbhi" क्भि . Anche nei cluster, la /-i/ si scrive in posizione preconsonantica e, in questo caso, si riferisce ad un intero gruppo consonantico: se in "gi" (गि) si riferisce a /g/, in "gpi" (ग्पि) si riferisce a /gp/.
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