Uccisione di Giovanni Gentile: differenze tra le versioni
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In seguito, quando chiese al genero [[Raimondo Craveri]] chi ne fossero i responsabili – alla risposta «i partigiani» – commentò: «ammazzano anche i filosofi». Secondo Craveri «con quelle parole Croce prendeva coscienza di una [[guerra civile in Italia (1943-1945)|guerra civile]] ormai in corso e non soltanto di una animosa resistenza militare contro i Tedeschi»<ref>Raimondo Craveri, ''La campagna d'Italia e i servizi segreti. La storia dell'ORI (1943-1945)'', La Pietra, 1980, pp. 57-58.</ref>.
In un articolo pubblicato su ''[[l'Unità]]'' di Napoli il 23 aprile e firmato "x.y.", il segretario del PCI [[Palmiro Togliatti]], sbarcato nella città partenopea il 27 marzo dopo un lungo viaggio da Mosca, e nominato da appena un giorno vicepresidente del Consiglio del [[governo Badoglio II|secondo governo Badoglio]], esordì attaccando coloro che avevano espresso contrarietà all'attentato: «Parlando di Giovanni Gentile, condannato a morte dai patrioti italiani e giustiziato come traditore della patria, non riesco a prendere il tono untuoso di chi, facendo il necrologio di una canaglia, dissimula il suo pensiero e la verità col pretesto del rispetto dei morti». Poi continuò: «Chi tradisce la patria impegnata in una lotta a morte contro l'invasore straniero, chi tradisce la stessa civiltà umana ponendosi al servizio della barbarie, deve pagare con la vita. L'esecuzione di Giovanni Gentile è una vittoria del nostro paese nella tragica lotta in cui esso è oggi impegnato: è un trionfo della causa della giustizia. Salutiamo con commozione ed esprimiamo la nostra riconoscenza di cittadini ai giovani combattenti che hanno compiuto quest'atto di risanamento del nostro paese». Definì Gentile «traditore volgarissimo», «uno dei responsabili e autori principali di quella degenerazione politica e morale che si chiamò fascismo», «bandito politico», «camorrista, corruttore di tutta la vita intellettuale italiana», affermando che «non fu solo intellettualmente disonesto, ma moralmente un aborto», e che «riceveva e distribuiva prebende e accumulava milioni, classico tipo del gerarca corruttore e corrotto {{sic|istallatosi}} alla sommità del mondo culturale italiano, simbolo vivente della sua decomposizione»<ref>{{cita news|x.y.|http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t{{=}}ebook&file{{=}}/archivio/uni_1944_04/19440423_0002_03.pdf|La fine di Giovanni Gentile|l'Unità|23 aprile 1944}} L'articolo, originariamente pubblicato anonimo, fu inserito in una raccolta di scritti di Togliatti: ''Per la salvezza del nostro paese'', Einaudi, Roma, 1946, pp. 403-405. Cfr. {{cita|Paoletti|p. 36}}.</ref>.
L'articolo di Concetto Marchesi, nella versione modificata da Girolamo Li Causi, per volontà di Togliatti venne riprodotto sul numero di ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]'' del 1º giugno 1944, preceduto da una nota intitolata ''Sentenza di morte'', della quale [[Sergio Bertelli]] ha ritrovato il testo autografo:
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