Pandosia Bruzia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 24:
*[[Castrolibero]]<ref>Castrolibero e Marano Principato nel [[XIX secolo]] costituivano un unico comune, con il nome di "Castelfranco". Gli attuali comuni di Castrolibero, [[Marano Marchesato]] e [[Marano Principato]] hanno costituito nel [[1998]] l'"Unione Pandosia".</ref>: dista da Cosenza pochi chilometri concordando forse con il racconto liviano della fine di Alessandro il Molosso, secondo il quale parte del suo corpo, straziato dai nemici, venne trasportato a Cosenza a dorso di mulo{{citazione necessaria}}. Castrolibero fu inizialmente una fortezza (Castelfranco) situata nel territorio di [[Mendicino]]<ref>I centri storici dei comuni di Mendicino e di Castrolibero, che confinano tra loro, si trovano a pochi chilometri di distanza.</ref>, dove (''in tenimento Mendicini'') si trovava il casale di "Pantosa", citato in un documento del [[1267]]<ref>Il documento venne emanato in Viterbo, l'8 febbraio del 1267, decima indizione, da [[papa Clemente IV]]{{citazione necessaria}}. In un altro documento del [[1278]]{{citazione necessaria}} il toponimo è indicato indifferentemente come "Pantose" o "Pandose", indicando una possibile sopravvivenza del nome dell'antica città di Pandosia</ref>. Nel [[1412]] il casale risulta disabitato<ref>Pergamena n.57 dell'Archivio Sanseverino di Bisignano nell'Archivio di Stato di Napoli{{citazione necessaria}}.</ref> ed era stato forse abbandonato a favore di Castelfranco<ref>La chiesa di San Nicola, al confine tra Castrolibero e Marano Principato, viene citata nel [[1545]] (F. Russo, ''Regesto Vaticano per la Calabria'', nn. 18965 e 18976) come ''S. Nicolai de Pantusa de Castrofranco'', la chiesa di San Salvatore, nel centro storico di Castelfranco è citata nel [[1567]] in un doccumento del ''notar Giordano G. Andrea (Cosenza – 6-5-1563 f. 299 come ''Santis Salvatoris de Pantusa''.</ref>. A Caselfranco sono stati rinvenuti, in località "Palazzotto" i resti di strutture difensive{{citazione necessaria}} e nel [[1877]] vi venne trovata una moneta dell'antica Pandosia<ref>Eugenio Arnon, ''La Calabria Illustrata'' (ristampa Edizioni Orizzonti meridionali, 1995), IV, p.59.</ref>.
 
*[[Acri]] è stata identificata con Pandosia da diversi studiosi del [[XIX secolo]] e del [[XX secolo]]<ref>[[Francois Lenormant]], ''Paisage et Historie - La Grande Grecè'', 1881-1884, pp.442-446; Davide Andreotti Loria, ''Storia dei Cosentini, monografia sul nome di Acri'', ''L'avanguardia'', X, nn.3-8, 1895; Ubaldo Valbusa, s.v. ''Acri'', in ''Enciclopedia Italiana Treccani'', Roma 1929 Vol I p.424; Albert Forbiger: ''Handbuch der alten Geographie'', Leipzig 1842, volume III pp.750,776; Francesco Grillo, ''Italia antica e medioevale. Ricerche storiche di geografia storica'', in ''Calabria Nobilisssima'', V, 1951, nn.6-12; 6, 1952, n.21; 7, 1953; Cesare Cantù: Storia Universale Doc. 8, p.218; Leopoldo Pagano "La selva Calabra" ms 27395, bibl. Civ. Cosenza p.11, Giulio Cesare Recupito, "De Vesuviano Incendio Nuntivs", Ivlio Caesare Recupito Neapolitano e Societate Iesusuviana, Neapoli, Ex Regia Egidii Longhi, 1632 (Elenc.FV.C.I.II.25 Invent.6958.Università degli Studi Salerno)</ref>.<br>In scavi condotti negli anni 1999, 2000 e 2002, sono stati rinvenuti i resti di due grossi insediamenti bruzii,con oggetti di uso quotidiano, con fornaci per la fabbricazione della ceramica e resti di una villaville romanaromane del [[II secolo a.C.]]. Tuttavia Stefano di Bisanzio, nel [[V secolo]], la cita come città della [[Iapigi|Iapigia]], distinta da Pandosia<ref>Gabriele Barrius, "De antiquitate et situ Calabriae", ''apud Iosepheum de Angelis'', Roma [[1571]], V, p. 398.</ref>.
 
==Note==