Elitismo: differenze tra le versioni

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All'elitismo democratico<ref>P. Bachrach, ''La teoria dell’elitismo democratico'', Napoli 1974.</ref> sotteso alla teoria delle moderne società "poliarchiche" ([[Robert Dahl]]), è collegata anche la concezione non teleologica del potere politico: essa spiega le alternanze del ceto politico non già come dati patologici, dovuti alla "decadenza" della Costituzione, ma come elementi fisiologici in un sistema politico in cui la selezione deriva da una competizione aperta; è questo il ritratto più proprio della "democrazia dei moderni", caratterizzata dall'attrazione nella contesa politica di sempre nuovi interessi al cui soddisfacimento si candidano volta a volta nuovi soggetti politici; il voto popolare, mediante le elezioni, è la regola procedurale che decide volta a volta quale soggetto politico garantisce un più esteso fronte di interessi emergenti dalla società<ref>Così [[Joseph A. Schumpeter]], "Un'altra dottrina della democrazia", in ''Socialismo, Capitalismo, Democrazia'', Etas ed., p. 257. Per un commento, v. [[Giuliano Urbani]], ''Schumpeter e la scienza politica, in Rivista italiana di scienza politica'', 1984, 3, p. 396, secondo cui la condizione di vitalità e di sviluppo delle democrazie è «responsabilizzare al massimo il cittadino, avvicinandolo — per così dire - alla diretta comprensione delle scelte politiche e delle poste (o risorse) che queste implicitamente mettono in palio per ogni soggetto della comunità politica».</ref>.
 
[[Giovanni Sartori (politologo)|Giovanni Sartori]] conclude la diatriba teorica, affermando che una teoria della [[democrazia]] è davvero tale solo se ricomprende, al suo interno, sia la teoria "variamente detta competitiva, pluralista o [[Joseph A. Schumpeter|schumpeteriana]]", sia la teoria classica o partecipativa o [[Jean-Jacques Rousseau|rousseauviana]]: "ciò che la democrazia è non può essere disgiunto da ciò che la democrazia dovrebbe essere"<ref>Giovanni Sartori. ''Democrazia. Cosa è''. Rizzoli, 1994, pp. 12-17.</ref>. Nel suo ''Democrazia e definizioni'' (pubblicato originariamente dal Mulino nel 1957) "Sartori riprende e rinnova una tradizione di studi che risale a Max Weber e a Joseph Schumpeter: propone una teoria del funzionamento della democrazia pluralista che tiene insieme il realismo (descrive la democrazia come essa è effettivamente, inevitabilmente controllata e influenzata da élite in competizione fra loro) e la considerazione — un elemento che era stato sottovalutato da Weber e da Schumpeter — di quella che Sartori chiama la «pressione assiologica», il peso che sugli attori esercitano i valori democratici"<ref>[[Angelo Panebianco]], ''Sartori, maestro della politica'', [[Corriere della sera]], 5 aprile 2017.</ref>.
 
== Note ==