Chester Arthur: differenze tra le versioni
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Infatti in materia di [[immigrazione]], il 6 maggio [[1882]] fu proibita, con il ''Chinese Exclusion Act'', l'immigrazione cinese, che aveva raggiunto livelli eccessivi, mentre nell'agosto dello stesso anno una legge sull'immigrazione regolò l'afflusso di stranieri nel Paese, imponendo una tassa di 50 centesimi per ogni immigrato presente negli [[Stati Uniti]] e vietando l'ingresso ai malati di mente, i criminali e chiunque dovesse dipendere dall'assistenza pubblica. Contemporaneamente, però, l'[[Alaska]], ottenuto lo ''status'' di distretto, fu aperto alla colonizzazione degli emigranti.
Nell'ambito dei diritti civili, l'amministrazione Arthur fu incerta e contraddittoria: il 23 marzo [[1882]] il presidente firmò le [[Edmund Laws]], che dichiaravano reato federale la [[poligamia]], misura presa contro le gerarchie della [[Mormonismo|Chiesa mormone]], fortemente presente nello [[Utah]], i cui membri avevano infatti più mogli, punendo con il carcere i bigami, in difesa dei valori tradizionali della famiglia. Fu durante la sua presidenza che la [[Corte Suprema degli Stati Uniti]], nel [[1883]], dichiarò incostituzionale il [[Civil Rights Act (1875)|Civil Rights Act
Verso gli indiani Arthur si comportò come i suoi predecessori, ossia utilizzando la mano pesante: sempre nel [[1882]], quando il governo tentò di confinare nelle riserve gli indiani [[Apache]] dell'[[Arizona]] e del [[Nuovo Messico]], il loro capo [[Geronimo]] si sollevò in armi, dando vita all'ultima grande ribellione indiana contro gli americani, conclusasi quattro anni dopo, il 4 settembre [[1886]], quando gli Apache superstiti con si arresero al generale statunitense [[Nelson Miles]].
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