Terni: differenze tra le versioni

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Una volta sottomessa Terni il Fortebraccio nominò un suo procuratore, il luogotenente ''Ruggero di Antognolla'' e il suo cancelliere, il ternano ''Giovanni de Gregoriis'' che ebbe il compito di riscuotere le taglie dovute dalle città soggette. Nel frattempo riemerse la secolare disputa tra Ternani e Reatini, già citata all’inizio, per la delicata questione idrologica delle Marmore. I Reatini volendo il Cavo Curiano ben scavato iniziarono dei tentativi di attestarsi sul piano delle Marmore: nello stesso anno (il 1416) occuparono la fortezza ternana di Monte Sant’Angelo, che Terni però riconquistò l’anno dopo con ''Giovanni di Martale di Vitalone''. Infatti, le antiche ''Riformanze Ternane'' riportarono che il 3 settembre del 1417 ci fu la popolare arringa del nobile Giovanni di Martale di Vitalone (della famiglia Cittadini), con la decisione di dare l’assalto alla loro rocca invitando gli abitanti ad andare a mano armata alle Marmore “a vincere o morire”. ''Andreasso Castelli'', cugino di Andrea Castelli venne incaricato di coadiuvare l’attacco. Ripresa la Rocca di Monte Sant’Angelo, si rimise la decisione delle risoluzioni da prendere, nelle mani di Braccio Fortebraccio da Montone, che, dal canto suo, intervenne a favore dei Ternani, restituendo loro le Marmore. La questione, nonostante il lodo di Braccio, non finì certo, però, e ritornò puntuale ad “acque calme” qualche anno dopo. Nel 1426 i Reatini, in accordo coi Pedelucani, aprirono un varco che consentì loro di raggiungere Miranda senza pagare il dovuto pedaggio ai Ternani. Questi, per ristabilire le cose, inviarono a Marmore la cavalleria cittadina capitanata da ''Ser Antonio di Petruccio''. Perfino i frati parteggiarono nella lotta, sempre nelle Riformanze di Terni si riporta l’episodio nel quale il convento di San Pietro in città inviò quattro barili di vino del ''[[cellario]]'' per "ringargliardire" i Ternani impegnati al Cavo Reatino. Il podestà di Terni, Romano di Abbiamonte di Orvieto, nel processo contro i contravventori reatini, riconobbe alla città di Terni il possesso dei territori che dalle Marmore andavano a [[Piediluco]], il lago e fino a Miranda, ribadendo così i confini del comune ternano.
[[File:Borgo fortificato di Papigno (Terni).jpg|destra|thumb|Borgo fortificato di ''Papigno'' (sullo sfondo, nella montagna, è visibile la diroccata fortezza di Monte San'Angelo)]]
[[File:Miracolo dei tre pani, e l’Apparizione della Madonna dell’ulivo (M.della Dormitio Virginis, affresco del XV secolo, Terni, Chiesa di Santa Maria del Monumento).jpg|destra|thumb|''Miracolo dei tre pani,'' e l’Apparizionel’''Apparizione della Madonna dell’ulivo'' (M.della Dormitio di Terni, affresco del XV secolo, Terni, Chiesa di Santa Maria del Monumento)]]
Ben presto però Braccio, che intanto si impossessò anche di Roma, spinto da forti ideali di unificazione nazionale, cominciò a far valere sempre più il suo ruolo di signore delle città dell’Umbria, in particolar modo la bellicosissima Terni. Questa stretta si evidenziò soprattutto nella pretesa di entrare in possesso delle rocche suburbane ternane (Colleluna, prima fra tutte, ma poi anche [[Papigno]], Monte Sant’Angelo, Acquapalombo). Ruggero di Antognolla impose al comune di consegnargliele, e il comune chiese a Andrea Castelli, che con i suoi figli, aveva continuato a mantenere un forte ruolo militare negli anni precedenti, di abbandonarle. Costui, dopo aver preteso, il pagamento di arretrati dovutigli, si barricò in Colleluna con i quattro figli Iannotto, Galeotto, Paolo e Giorgio insieme ad alcuni miliziani. Braccio, con l'inganno e un falso pretesto di armistizio, li fece subito attirare a sé, costoro in buona fede deposero le armi e appena si avvicinarono, furono strangolati senza pietà.