Rodolfo Aricò: differenze tra le versioni

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Nel [[1964]] partecipa alla XXXII [[Biennale di Venezia]], dove espone Trittico dell'esistenza, opera formata da tre grandi tele. Nel 1965, ispirandosi a Delaunay, concepisce un archetipo nel fenomeno di due dischi spostati, nei quali la circonferenza di uno passa nel centro dell'altro. Roberto Sanesi gli dedica il volume Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò. Sempre nel medesimo anno, partecipa alla IX [[Quadriennale di Roma]], occasione in cui la [[Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea|Galleria Nazionale d’Arte Moderna]] acquisisce la sua opera Work in progress Le “simultanee forme” di Delaunay.
 
A partire dal [[1966]] avvia la sua riflessione sugli aspetti oggettuali del fare artistico, che nel [[1967]] presenta una mostra personale alla Galleria L'Attico di Roma, con un testo in catalogo di [[Giulio Carlo Argan]]. Nel [[1968]] è invitato alla XXXIV [[Biennale di Venezia]] con una sala personale, nella quale realizza uno spazio ambientale costituito da grandi opere da cui emerge il carattere strutturale della sua pittura-oggetto. Si lega in amicizia con [[Toti Scialoja]], del quale è assistente al liceo artistico di [[Brera]]. Nel [[1969]] espone al Salone Annunciata di [[Milano]] l'opera Pondus, quattro grandi strutture tridimensionali che invadono lo spazio ora in collezione presso i Musei Civici Cagliari. Nello stesso anno presenta una sua mostra personale alla Deson-Zacks Gallery a [[Chicago]].
Le opere degli anni settanta vedono concentrarsi la riflessione sulla reinterpretazione della sua visione umanistica della storia dell'arte e degli archetipi dell'[[Architettura]], espressa in una sottile pittura a spruzzo, con vari strati sovrapposti di gocce di colore che creano un risultato finale di monocromia. Di questa serie sono le opere esposte nel 1970 a [[Milano]] in due mostre che si svolgono in contemporanea al Salone Annunciata e allo Studio Marconi. Il tema umanistico della sua pittura si esprime nelle sue strutture oggettive dai titoli quali Arco, Quattrocento, Prospettiva per Paolo Uccello. Sempre nel [[1970]] iniziano i suoi studi sulla prospettiva secondo finalità ambigue, che egli definisce di “rappresentazione trasgredita”. Nel [[1971]] viene invitato alla mostra “Hommage a Joan Miró”, organizzata a Ciutat de Granollers ([[Barcellona]]) da [[Gillo Dorfles]]. Nello stesso anno, ottiene anche l'incarico dell'insegnamento di Scenografia presso l'[[Accademia di Belle Arti di Urbino]].
 
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Nel [[1978]] realizza una scenografia per il Teatro dell'Assurdo di Tardieu al Teatro Pier Lombardo di [[Milano]] per la regia di Klaus Aulehla. Gianni Contessi lo invita a partecipare alla mostra “I nodi della rappresentazione”, presentata al [[Museo d'Arte della città di Ravenna]], in cui vengono letti i rapporti analogici tra [[Architettura]] e pittura. All'evento partecipano anche gli artisti [[Gianfranco Pardi]], [[Gianni Colombo (artista)|Gianni Colombo]], [[Giuseppe Uncini]] e gli architetti [[Aldo Rossi]], [[Carlo Ajmonino]] e [[Franco Purini]]. In questa occasione Aricò espone un'opera di vaste proporzioni dal titolo Scena di Ravenna, una sorta di contaminazione tra pittura, scenografia e [[Architettura]]. Nello stesso anno, gli viene assegnata la cattedra di Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di [[Brera]]. Nel [[1979]] Tommaso Trini lo invita alla mostra “Sistina società per arte” presso l'[[Arte Fiera]] [[Bologna]].
 
Nel [[1980]] presenta alla Casa del Mantegna di Mantova una mostra, a cura di [[Gianni Contessi]], focalizzata sull'indagine delle relazioni tra [[Architettura]], pittura e mito: in questa occasione realizza Scena di Mantova, un'opera di contaminazione disciplinare formata da quattro quinte e un fondale sui quali dipinge un timpano secondo una percettività ottica inversa ai normali canoni prospettici. GliNegli anni ottanta vedono approfondirsi la sua riflessione su un nuovo rapporto con il passato, inteso nella sua componente mitica e atemporale, concomitante con l'avviarsi di una frantumazione delle regolarità geometriche che avevano caratterizzato i decenni precedenti, in favore di una sempre più articolata metamorfosi di sagomature e superfici: nascono così le grandi pitture del mito tra cui Instabile confine, Neroblu, Naturans.
Nel [[1981]] Nelloè Ponente lo invita aal [[Palazzo delle Esposizioni]] a [[Roma]] per la mostra “Linee della ricerca artistica in Italia 1960/80”, e nello stesso anno partecipa a “30 anni d'arte italiana 1950/80. La struttura emergente e i linguaggi espropriati” alla [[Villa Manzoni]] di [[Lecco]]. Nel [[1982]] [[Aldo Rossi]] cura la mostra “Idea e conoscenza” presso il [[Palazzo dell’arte]] alla [[Triennale di Milano]], dove Aricò espone l'opera Timpano. Pulvis. Partecipa poi alla mostra “Costruttività”, realizzata alla Tour Fromage di Aosta a cura di Filiberto Menna, e viene invitato, nella sezione “Arti Visive '82”, alla XL [[Biennale di Venezia]], dove presenta l'opera Clinamen / Prometeo.
 
Nel [[1983]] partecipa a “L'informale in Italia”, alla [[Galleria d'arte moderna di Bologna|Galleria d'Arte Moderna di Bologna]]. Nel [[1984]] presenta, insieme a [[Gianni Colombo (artista)|Gianni Colombo]], una mostra personale al [[Padiglione d'arte contemporanea di Milano|Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano]]. In questa occasione Aricò espone una serie di opere recenti insieme ad altre del periodo 1967-70, a sottolineare la propria ridefinizione dei caratteri più squisitamente pittorici in uno scompaginarsi formale della composizione strutturale del suo linguaggio oggettivo.
 
Nel [[1985]] partecipa a “L'intelligenza dell'effetto. La messa in scena dell'opera d'arte” a [[Palazzo Dugnani]] a [[Milano]], mostra curata da [[Adriano Altamira]] e [[Francesco Poli]], nell'ambito di un ampliamento del rapporto percettivo tra scena e pittura. In questa occasione Aricò presenta l'opera Portale. Viene inoltre inviato da [[Riccardo Barletta]] ad Acireale per la mostra “Elogio dell'[[Architettura]]”. Nel [[1986]] viene invitato a partecipare alla mostra itinerante “1960/1985. Aspetti dell'arte italiana”, curata da [[Flavio Caroli]] al [[Kunstverein]] di [[Francoforte]], che prosegue a [[Berlino]], [[Hannover]], [[Bregenz]] e [[Vienna]]. Partecipa alla XLII [[Biennale di Venezia]] nella sezione “Il colore” con l'opera Struttura del [[1968]]. La Galleria Morone di [[Milano]] lo invita con Valentino Vago e Claudio Verna alla mostra “La forma emozionata” curata da Luciano Caramel. L'Associazione Culturale Amici di Morterone lo invita alla mostra “Una ragione inquieta” al Palazzo Municipale di Morterone.