Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni

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Amendola scrive che [[Sandro Pertini]], responsabile militare del PSIUP (i cui rapporti con il PCI in quella fase non erano buoni{{#tag:ref|Amendola scrive che il [[patto di unità d'azione]] tra i due partiti era allora «del tutto inoperante». Tra le varie condotte che i socialisti rimproveravano ai comunisti, Amendola elenca: «quando incontriamo tra i socialisti resistenze all'azione non sappiamo transigere e temporeggiare e procediamo per conto nostro». Secondo il dirigente comunista le rimostranze dei socialisti «non sono valide e non rispondono a realtà». Cfr. Lettera di Amendola al centro dirigente del PCI di Milano, Roma, 2 marzo 1944, in {{cita|Longo 1973|pp. 349-50}}.|group=N}}), «mordeva il freno» e, «geloso delle prove crescenti di capacità e di audacia date dai Gap, chiese che si concordasse un'azione armata unitaria»<ref>{{cita|Amendola 1973|p. 290}}.</ref>. In base a un accordo tra i due fu dunque previsto che il corteo fascista sarebbe stato attaccato in due punti diversi dai GAP e da una squadra delle [[Brigate Matteotti]] socialiste{{#tag:ref|In {{cita|Amendola 1964|p. 564}}, e {{cita|Amendola 1973|p. 290}}, si legge che il Teatro Adriano non sarebbe dovuto essere il punto di arrivo del corteo, bensì di partenza verso la [[Palazzo Piacentini (Roma)|sede della federazione fascista in via Veneto]], cosicché (secondo il più dettagliato testo del 1973): «Da piazza Cavour al [[via del Corso (Roma)|Corso]] il terreno era riservato alla squadra socialista, dal Corso a piazza Barberini ai GAP». Al contrario, {{cita|Calamandrei 1984|pp. 155-6}} (22 marzo), e {{cita|Capponi 2009|pp. 226-7}}, in coerenza con gli annunci della stampa affermano che le celebrazioni si sarebbero dovute svolgere all'Adriano, dove si programmò che sarebbero stati proprio i GAP a colpire, con un ordigno esplosivo uguale a quello poi usato a via Rasella che, trasportato in una carrozzina per bambini da Carla Capponi, sarebbe stato fatto esplodere tra i fascisti uscenti dalla manifestazione.|group=N}}.
 
Parallelamente all'azione contro i fascisti, i gappisti iniziarono a studiare un attacco contro un reparto tedesco, l'11ª Compagnia del III Battaglione del [[Polizeiregiment "Bozen"]], che marciava in colonna attraverso il centro rappresentando un bersaglio relativamente facile<ref>{{cita|Klinkhammer 1997|p. 12}}.</ref>{{#tag:ref|Sebbene in {{cita|Amendola 1973|p. 290}} si affermi che l'attentato contro il "Bozen" fosse solo un'«azione di riserva» decisa nell'impossibilità di colpire il corteo fascista il 23 marzo, dal diario di Calamandrei emerge che in realtà l'attacco al "Bozen" fu pianificato in via completamente autonoma, risultando eseguito nell'anniversario dei Fasci del tutto casualmente, dopo essere stato rinviato più volte. Cfr. {{cita|Calamandrei 1984|p. 152-5}}. Lo stesso risulta dall'intervista a Mario Fiorentini utilizzata come fonte in {{cita|Katz 1968|p. 40}}, secondo la quale tre gappisti si erano appostati a via Rasella per colpire il "Bozen" già in «un pomeriggio della seconda settimana di marzo», ma avevano dovuto rinunciare all'attacco a causa della mancata apparizione della colonna in quel giorno e nei successivi.|group=N}}. Il "Bozen" era formato da altoatesini arruolati nella polizia dopo che, nell'ottobre 1943, la [[provincia di Bolzano]] era stata occupata dai tedeschi e inserita nella cosiddetta [[Zona d'operazioni delle Prealpi]], sullaannessa qualedi lafatto sovranitàal della RSI eraReich nominale. La colonna, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, quasi quotidianamente intorno alle 14 attraversava il centro di ritorno dall'addestramento al poligono di tiro di [[Tor di Quinto]], diretta al [[Palazzo del Viminale]] (già sede del [[Ministero dell'Interno]]) dove era acquartierata. I soldati marciavano con fucili in spalla con il colpo in canna e bombe a mano alla cintola, in genere cantando marcette come ''Hupf, mein Mädel''<ref>{{cita|Katz 2009|p. 241}}.</ref> (Salta, ragazza mia).
 
Giorgio Amendola ha affermato che il passaggio del "Bozen" fu segnalato al comando dei GAP da più parti e che egli stesso lo aveva notato dalla casa dello sceneggiatore [[Sergio Amidei]] in [[piazza di Spagna]] (sede della redazione clandestina de ''[[l'Unità]]''), segnalandolo ai gappisti «perché fosse oggetto di un attacco, lasciando poi – come sempre avveniva – al comando assoluta libertà d'iniziativa, e di preparare l'operazione con le modalità ritenute più opportune»<ref name=amendola1964-565>{{cita|Amendola 1964|p. 565}}.</ref><ref>{{cita|Amendola 1973|pp. 290-1}}.</ref>. In seguito ha aggiunto che, una volta ordinato al comando dei GAP che il "Bozen" fosse «obiettivo di una azione di carattere anche politico», si limitò «a dare le disposizioni generali e a indicare anche il punto dell'esplosione: via Rasella»<ref>Testimonianza di Giorgio Amendola in [[Gianni Bisiach]], ''Pertini racconta. Gli anni 1915-1945'', Milano, Mondadori, 1983, pp. 130-1. Il testo è la trascrizione di un filmato tratto dalla rubrica televisiva di Gianni Bisiach ''Testimoni oculari'', puntata 4 di 6 «La battaglia di Roma», trasmessa per la prima volta nel 1978 sulla Rete 2. Le interviste ivi contenute sono poi state inserite nel documentario «La battaglia di Roma» della serie ''Grandi battaglie'', sempre a cura di Gianni Bisiach, andato in onda nel 1994 su Rai Uno.</ref>. Anche il gappista [[Mario Fiorentini]] "Giovanni" ha affermato di aver avvistato la compagnia dal suo appartamento in via Capo le Case e di aver ideato il piano<ref>{{cita|Katz 1968|pp. 23-6 e 38-40}}.</ref>.