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Arrestato una volta dalla polizia, e rilasciato su intervento del podestà [[Cesare Pagnini]], Schiffrer venne nuovamente arrestato, insieme al padre, nel maggio 1945 dall'OZNA, dopo l'ingresso a Trieste dell'armata jugoslava. Verrà liberato solo dopo qualche giorno, su probabile intervento del vescovo, mons. [[Antonio Santin]].
 
Inserito quindi del gruppo di esperti giuliani aggregato alla delegazione italiana nella [[Trattati di Parigi (1947)|Conferenza di Parigi]] per le discussioni sul futuro confine italo-jugoslavo, Schiffrer si impegnò nella politica locale triestina negli anni del [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. Membro del «''Partito Socialista della Venezia Giulia''», fu come molti favorevole alla restituzioneritorno all'Italiasotto piena sovranità italiana di tutto il mai nato [[Territorio Libero di Trieste]], un indirizzo che viene ribadito dai socialisti triestini al congresso di Copenaghen del 1951. Malgrado ciò, Schiffrer si segnalò anche per la netta opposizione alle ingerenze nella politica triestina del governo italiano, che a suo dire privilegiava i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.
 
Dopo alcuni mesi di insegnamento universitario, e nominato nel frattempo anche "vice-commissario di zona" (carica analoga a quella di sotto-prefetto italiano), in seguito al ritorno di Trieste all'Italia scelse per l'incompatibilità delle cariche di riprendere l'insegnamento superiore, invitato a farlo anche dal ministero dell'istruzione e rinunciando quindi definitivamente ad ogni ipotesi di carriera universitaria.