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Con l'intervento italiano nella nuova [[Seconda guerra mondiale|guerra mondiale]], venne richiamato e quindi destinato nella zona di [[Bisterza|Villa del Nevoso]] (allora nella [[provincia del Carnaro]]). Dopo un periodo di congedo, fu richiamato nuovamente per controllare i convogli di soldati alla stazione ferroviaria di Trieste. Dopo l'armistizio e l'occupazione tedesca, Schiffrer iniziò a lavorare presso l'Istituto di studi geografici a Trieste, conoscendo [[Giovanni Cosattini]], nembro del [[Partito d'Azione]] di Udine. L'amicizia con Cosattini determinò, oltre alla definitiva partecipazione di Schiffrer alla [[Resistenza italiana|Resistenza]], anche il suo inevitabile coinvolgimento nelle discussioni con il movimento resistenziale jugoslavo a proposito del confine orientale. Date le sue competenze in materia, Cosattini chiese infatti a Schiffrer di redigere uno studio sulla composizione etnica della Venezia Giulia, da poter utilizzare negli incontri tra gli esponenti del CLN Alta Italia e quelli del Fronte di Liberazione Sloveno.
 
Arrestato una volta dalla polizia e rilasciato su intervento di [[Cesare Pagnini]] - podestà di Trieste sotto la zona di operazioni del Litorale Adriatico - Schiffrer venne nuovamente arrestato nel maggio 1945 insieme al padre, stavolta dopo l'ingresso in città dell'armata jugoslava<ref>L'arresto di Schiffrer per mano jugoslava - come altri episodi della sua vita in quel periodo - è ricordato con un certo dettaglio dallo scrittore istriano [[Pier Antonio Quarantotti Gambini]] nel suo diario sugli avvenimenti triestini del 1945 (''Primavera a Trieste'', p, 138). Questi ricorda che Schiffrer, al rientro dall'Università, seppe che i militari jugoslavi lo attendevano fuori, consegnandosial che si consegnò spontaneamente ad essi. E aggiunseaggiunge: "Verrò a conoscere, un giorno, un'astuzia usata dai titini allo scopo di riuscire a catturarlo anche se egli, trovandosi in casa al loro sopraggiungere, avesse tentato la fuga. Precedentemente durante i suoi contatti per un'intesa con gli slavi [...] un agente di Tito, mostrando di preoccuparsi della sua incolumità gli aveva domandato [...] "Ha in casa una seconda uscita, un'uscita di sicurezza?" "Si - aveva risposto Schiffrer - c'è nel cortile un albero che arriva coi suoi rami sino alle mie finestre. [...] Se volessi". Ebbene, ieri, al momento del suo arresto, gli slavi vigilavano armati anche quell'albero". L'episodio è citato anche in </ref>. Verrà comunque liberato dopo qualche giorno, su probabile intervento del vescovo, mons. [[Antonio Santin]].
 
Inserito quindi del gruppo di esperti giuliani aggregato alla delegazione italiana nella [[Trattati di Parigi (1947)|conferenza di Parigi]] per le discussioni sul futuro confine italo-jugoslavo, Schiffrer si impegnò nella politica locale triestina negli anni del [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. Membro del «Partito Socialista della Venezia Giulia», fu come molti favorevole al ritorno sotto piena sovranità italiana di tutto il mai nato [[Territorio Libero di Trieste]]<ref>Compresa la Zona B, allora sotto occupazione militare jugoslava e quindi - dopo gli accordi del [[Memorandum di Londra|1954]] e del [[Trattato di Osimo|1975]] - annessa alla Jugoslavia.</ref>, un indirizzo che viene ribadito dai socialisti triestini al congresso di Copenaghen del 1951. Malgrado ciò, Schiffrer si segnalò anche per la netta opposizione verso le influenze nella politica triestina del governo italiano, che a suo dire privilegiava i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.