Wikipedia:Oracolo/Archivio/Febbraio 2007: differenze tra le versioni
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::Per AnnaLety - Il mio collega (nato in Egitto, studi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ora lavora a Parigi) quando gli feci notare che la choucroute non era proprio il piatto consigliato per gli islamici mi rispose che c'erano un miliardo (esagerato) di islamici al mondo, e quindi c'era un miliardo di modi di intendere la religione islamica. Per la serie: le religioni cambiano, ma gli uomini sono sempre gli stessi - --[[Utente:Klaudio|<span style="color:#002020">Kla</span>]][[Discussioni utente:Klaudio|<span style="color:#ffb000">udio</span>]] 13:15, 13 feb 2007 (CET)
:::una buona parte degli islamici che ho conosciuto io, invece, se in compagnie esclusivamente occidentali (cioè senza paura di essere criticati dai correligionari) è abbastanza elastica sull'uso dell'alcool, mentre non ne ho conosciuto neppure uno che, in condizioni normali e non di strettissima emergenza, contravvenisse al divieto di mangiare maiale --<span style="font-family:Comic sans MS;">
Al di là del confermare la correttezza teorico-pratica di Vermondo e di Klaudio (ricordiamo una grande verità, che cioè nella cultura islamica è perfettamente legittimo usare l'espressione ''tot capita tot sententia'') il problema dell'adeguamento socio-culturale dei fedeli musulmani ad un contesto ebraico-cristiano-laico come quello occidentale è un problema davvero importante. Tariq Ramadan, ad esempio, è sostenitore del dovere dei musulmani che vivono in Europa e in Occidente in genere di adeguarsi al portato giuridico e finanche culturale (se non contrasta a fondo con gli assunti islamici) dei paesi che li ospitano, richiedendo "pari opportunità" e "cittadinanza" per gli emigrati nei paesi ospiti, al fine di godere degli stessi diritti e di fronteggiare gli stessi doveri. Le sue posizioni sono state criticate dai movimenti più oltranzisti "islamisti". Il che vuol dire che la questione è aperta. Però lasciati dire, cara anonima, che la tua domanda è davvero un po' strana. Il comportamento dei musulmani in Occidente incontra con tutta evidenza le medesime difficoltà di quelle che hanno conosciuto gli Europei che sono immigrati in paesi tradizionalmente diversi dalla nostra cultura. Non credi che un Italiano d'Egitto, ad esempio, o di Tunisia abbia avuto le stesse lacerazioni? Quelle cioè di uniformarsi a un portato giuridico e culturale estraneo strutturalmente, senza peraltro rinunciare al proprio (e non parlo affatto della sola religione. Elemento importante ma non essenziale)? Quindi è come se avessi chiesto: ma i musulmani soffrono di nostalgia? Ameranno la loro patria d'adozione come quella d'origine che l'ha però costretti per i più vari motivi ad emigrare? Domanda - consentimi - che sarebbe giudicata quanto meno ingenua e cui potresti dare un'acconcia risposta da sola, ricorrendo al tuo buon senso.
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