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Mentre lavorava al suo studio, nell'ottobre 1944 viene arrestato dalla polizia, anche se rilasciato poco dopo su intervento di [[Cesare Pagnini]] (podestà di Trieste entro la Zona di Operazioni del Litorale Adriatico). Un nuovo arresto sopraggiunse ai primi di maggio del 1945, stavolta ad opera delle forze jugoslave (che in quei giorni erano entrate in città). Arrestato con il padre, e assieme ad altri esponenti del CLN di Trieste venne però anche qui rilasciato successivamente<ref>L'arresto di Schiffrer per mano jugoslava - come altri episodi della sua vita in quel periodo - è ricordato con un certo dettaglio dallo scrittore istriano [[Pier Antonio Quarantotti Gambini]] nel suo diario sugli avvenimenti triestini del 1945 (''Primavera a Trieste'', p, 138). Questi ricorda che Schiffrer, al rientro dall'Università, seppe che i militari jugoslavi lo attendevano fuori, al che si consegnò spontaneamente ad essi. E aggiunge: "Verrò a conoscere, un giorno, un'astuzia usata dai titini allo scopo di riuscire a catturarlo anche se egli, trovandosi in casa al loro sopraggiungere, avesse tentato la fuga. Precedentemente durante i suoi contatti per un'intesa con gli slavi [...] un agente di Tito, mostrando di preoccuparsi della sua incolumità gli aveva domandato [...] "Ha in casa una seconda uscita, un'uscita di sicurezza?" "Si - aveva risposto Schiffrer - c'è nel cortile un albero che arriva coi suoi rami sino alle mie finestre. [...] Se volessi". Ebbene, ieri, al momento del suo arresto, gli slavi vigilavano armati anche quell'albero". L'episodio è citato anche in </ref>.
 
Fece parte del gruppo di esperti giuliani aggregati alla delegazione italiana a Parigi, alla [[Trattati di Parigi (1947)|conferenza di pace]], per le questioni relative al nuovo confine italo-jugoslavo. Dopodiché, oltre ad iniziare ad insegnare all'Università a Trieste, si impegnò nell'attività politica, durante il [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. Fu membro del "Partito Socialista della Venezia Giulia", e come molti esponenti triestini e istriani si espresse per il ritorno di tutto il mai costituito [[Territorio Libero di Trieste]] (compresa la Zona B, sotto occupazione jugoslava) sotto sovranità italiana. Al contempo fu anche sostenitore di una certa autonomia della politica triestina dal governo di Roma, che riteneva favorisse troppo i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.
 
Divenuto anche vice-presidente della Zona A, dopo il ritorno di Trieste all'Italia (1954) fuvenne sollecitato - per incompatibilità di cariche - dal ministero dell'istruzione a riprendere l'insegnamento al "liceo Petrarca". A malincuore, rinunciò dunque alle ultime prospettive di carriera universitaria.
 
Ormai dedito perlopiù a quell'attività, dedicò gli anni a venire soprattutto allo studio e al racconto della storia recente di Trieste e della Venezia Giulia. Scrisse numerosi articoli e tenne numerose conferenze, anche presso i circoli dei pochi italiani rimasti dopo l'[[Esodo giuliano dalmata|esodo]] nei territori passati alla Jugoslavia.
 
Oggetto anche di un attentato dinamitardo di matrice [[Neofascismo|neofascista]] alla sua abitazione nel 1962, si spense poco prima di aver compiuto sessantotto anni, a causa di un tumore che lo aveva colpito da tempo.
 
== Note ==