La nera di...: differenze tra le versioni
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A Dakar Diouana sorride, è viva, felice: “ho trovato lavoro! Ho trovato lavoro!”
ripete a tutti i conoscenti dopo l’assunzione.
Il fatto di trovare un’occupazione è una rarità nel Senegal post-indipendenza. I sogni e le speranze di una nuova repubblica indipendente si infrangono nella realtà quotidiana:
Anche la nuova classe borghese nera, formata nelle scuole dei bianchi viene giudicata negativamente. Non c’è niente in comune tra loro e il popolo, nemmeno il monumento ai caduti di guerra. Infatti in uno dei flashback Diouana cammina tranquillamente, senza alcun senso di colpa, sul monumento, e viene aspramente rimproverata dal suo compagno, “un funzionario, cresciuto nel contesto socio-culturale del colonizzatore(…). Questo amico, come gli altri intellettuali, troppo rivolti verso l’Europa e le sue astratte riflessioni, non vede la realtà quotidiana del popolo” , parlando di sacrilegio: il gesto di Diouana invece non è un atto irriverente nei confronti dei caduti, ma un’inconscia ribellione nei confronti di tutto ciò che è formale e alieno dai problemi reali del popolo africano. I “sacrilegi” sono altri, sono il razzismo e l’indifferenza dei padroni, che causano il suicidio della ragazza, ma anche la corruzione e la dipendenza econonomico-culturale della nuova classe dirigente figlia dell’indipendenza, che rinuncia vigliaccamente allo sviluppo autonomo dei paesi africani.
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Il “mercato delle domestiche” dove ogni giorno le giovani senegalesi attendono nella speranza che qualcuno le scelga, è un esempio della crisi occupazionale dello stato africano. L’accostamento ironico tra Diouana, vestita semplicemente in cerca di lavoro, e l’abbigliamento elegante dei deputati senegalesi che escono da una riunione, rappresenta l’incomunicabilità tra il popolo africano e il neocolonialismo bianco appoggiato dalla nuova borghesia nera. Incomunicabilità che sta anche alla base di questo fatto di cronaca diventato film.
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