Bambini di Selvino: differenze tra le versioni

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Creo pagina su un evento significativo dell'Olocausto in Italia, oggetto oggi di numerosi studi, con note e bibliografia.
 
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== Storia ==
 
Al termine della [[seconda guerra mondiale]], si cerco'cercò in Italia un luogo dove ospitare le centinaia di bambini orfani sopravvissuti all'Olocausto proveniente dai paesi dell'Est perche' potessero recuperare fisicamente, mentalmente e spiritualmente dalla loro esperienza traumatica, ed affrontare quindi il viaggio in Israele.
 
Furono [[Luigi Gorini]] e [[Raffaele Cantoni]] a suggerire una ex-colonia fascista che sorgeva ora inutilizzata a [[Selvino]] nel bergamasco, la Casa Alpina "Sciesopoli". La colonia era stata inaugurata l'11 giugno 1933, su progetto dell'architetto [[Paolo Vietti-Violi]] come un "palazzo dello sport" o scuola e centro di formazione per atleti. Il complesso era stato intitolato all'eroe risorgimentale [[Amatore Sciesa]] ed era servita come colonia "modello" per le vacanze estive dei figli della borghesia fascista milanese. Era "la colonia più bella d'Europa", secondo la propaganda fascista: piscina riscaldata, diciassettemila metri quadri di parco, sala cinema, dormitori ampi e confortevoli. Per un'ironia del destino il gioiello del regime diventava ora il rifugio delle sue vittime.<ref>[http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/01/26/news/sciesopoli_bergamo_bambini_ebrei_nazismo-156914357/ La Repubblica (26 gennaio 2017)].</ref>
 
La colonia venne affidata da [[Ferruccio Parri]] e dal sindaco di Milano [[Antonio Greppi]] alla [[Brigata ebraica]], che sotto la direzione di Moshe Ze'iri la trasformò in una struttura accogliente e funzionale per le centinaia di bambini ebrei, tutti orfani, sopravvissuti ai ghetti e ai campi di concentramento o vissuti per strada o nelle foreste. Dai primi di maggio 1947 al 1948, da quando Israele divenne uno stato, Amalia (maniaMania) Schoeps fu la direttrice di Sciesopoli.<ref>Aharon Megged, "''Il viaggio verso la terra promessa. La storia dei bambini di Selvino''", Milano, Mazzotta, 1997</ref>
 
La colonia funzionò come un kibbutz formativo e organizzò per quei giovani il ritorno in Palestina.<ref>[http://www.sciesopoli.com/news/alla-scoperta-di-sciesopoli-luglio-agosto-2017/ Selvino-Sciesopoli].</ref> La mattina si apprendeva un mestiere: calzolaio, falegname, sarto. Il pomeriggio c'era spazio per la scuola e per il gioco. Oltre ad imparare l'ebraico come lingua comune, i ragazzi dovevano essere (ri)educati alla tradizione e alla cultura ebraiche in preparazione per lail loro successivasuccessivo trasferimento in Israele.
 
Per quanto la colonia vivesse un'esistenza autosufficiente, i rapporti con la popolazione locale furono sempre improntati a grande rispetto e cordialita'cordialità. Di tanto in tanto si organizzavano delle partite di calcio tra i ragazzi ebrei e quelli italiani, e talora i cancelli si aprivano agli abitanti del villaggio per un invito a pranzo, molto gradito in quegli anni per tutti difficili.<ref>[http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/01/26/news/sciesopoli_bergamo_bambini_ebrei_nazismo-156914357/ La Repubblica (26 gennaio 2017)].</ref>
 
==La memoria==