Programma Apollo: differenze tra le versioni

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=== Annuncio del programma ===
 
Il programma Apollo fu il terzo progetto di lanci spaziali umani intrapreso dagli Stati Uniti, benché i relativi voli seguissero sia il primo programma ([[Programma Mercury|Mercury]]) che il secondo ([[Programma Gemini|Gemini]]). L'Apollo originalmente fu concepito dalla amministrazione Eisenhower come un seguito al programma Mercury per le missioni avanzate Terra-orbitali, ma fu completamente riconvertito verso l'obiettivo risoluto di [[allunaggio]] "entro la fine decennio" dal presidente [[John F. Kennedy]] con il suo annuncio a una sessione speciale del [[Congresso degli Stati Uniti d'America|Congresso]] il 25 maggio del 1961<ref>{{cita web|url=http://www.archive.org/details/jfks19610525|titolo=Discorso pronunciato dal presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy il 25 maggio 1961|lingua=en}}</ref><ref>Gli esperti della NASA avevano indicato che l'atterraggio sulla Luna poteva essere realizzato già nel 1967, ma l'amministratore dell'agenzia, [[James E. Webb]], ha preferito aggiungere due anni per tenere conto di potenziali contrattempi (Fonte: NASA - Monografia Progetto Apollo: una un'analisi retrospettiva).</ref>
 
{{Citazione|…credo che questo paese debba impegnarsi a realizzare l'obiettivo, prima che finisca questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo sulla Terra. Non ci sarà in questo periodo nessun progetto spaziale più impressionante per l'umanità, o più importante nell'esplorazione a lungo raggio dello spazio; e nessuno sarà così difficile e costoso da realizzare…|[[John F. Kennedy]]|…I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, of landing a man on the Moon and returning him safely to the Earth. No single space project in this period will be more impressive to mankind, or more important in the long-range exploration of space; and none will be so difficult or expensive to accomplish…|lingua=en}}
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[[File:Apmisc-MSFC-6870792.jpg|thumb|Il primo stadio del [[Saturn V]] viene ultimato nel centro di produzione.]]
 
Il 5 maggio 1961, pochi giorni prima dell'avvio del programma Apollo, [[Alan Shepard]] diventò il primo astronauta statunitense a volare nello spazio (missione [[Mercury-Redstone 3]]). In realtà, si trattò solo di un [[volo suborbitale]] ed il razzo utilizzato non era in grado di mandare in orbita una [[capsula spaziale]] di peso maggiore di una [[tonnellata]]<ref>La capsula Mercury era lanciata ad una un'altitudine di 180 km, prima di fare rientro con una traiettoria balistica.</ref>. Per realizzare il programma lunare risultava invece necessario portare in orbita bassa terrestre almeno 120 tonnellate. Già questo dato può far capire quale sia stato il cambiamento di scala richiesto ai progettisti della NASA che dovettero sviluppare un razzo vettore dalle potenze mai raggiunte fino ad allora. Per centrare l'obiettivo fu necessario sviluppare pertanto nuove e complesse tecnologie, tra cui l'utilizzo dell'[[idrogeno]] liquido come [[combustibile]].
 
Il personale impiegato nel programma spaziale civile crebbe in proporzione. Tra il 1960 e il 1963, il numero dei dipendenti della NASA passò da 10.000 a 36.000 addetti. Per accogliere il nuovo personale e per sviluppare le adeguate attrezzature dedicate al programma Apollo, la NASA istituì tre nuovi centri:
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[[File:S-IC engines and Von Braun.jpg|thumb|[[Wernher von Braun]] in posa vicino ai motori [[F-1]] del razzo Saturn V.]]
 
Lo sviluppo del motore [[F-1]], dotato di una un'architettura convenzionale ma di un potere eccezionale (2,5 tonnellate di [[propellente]] bruciato al secondo), richiese molto tempo a causa di problemi di instabilità nella camera di combustione, che furono corretti mediante la combinazione di studi empirici (ad esempio l'utilizzo di piccole [[esplosivo|cariche esplosive]] in camera di combustione) e la pura ricerca<ref>{{cita web
|url=http://history.nasa.gov/SP-4206/ch4.htm
|titolo=Stages to Saturn ''III. Fire, Smoke, and Thunder: The Engines - The injector and combustion stability''
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Il Modulo di Servizio (SM o "Service module" in [[lingua inglese|inglese]]) era un [[cilindro (geometria)|cilindro]] di 5 metri di lunghezza per 3,9 metri di [[diametro]], del peso di 24 tonnellate, non pressurizzato e realizzato in [[alluminio]]. Alla base era presente il motore principale in grado di fornire oltre 9 milioni di [[libbra|libbre]] di spinta. Accoppiato dal lato opposto con il modulo di comando, all'interno conteneva i serbatoi di [[elio]] (utilizzato per pressurizzare i serbatoi dei propellenti), tre [[cella a combustibile|celle a combustibile]], serbatoi di ossigeno e di propellente<ref>{{cita web|autore=Paolo Pognant|titolo=La conquista della Luna - Storia delle missioni Apollo|url=http://www.grangeobs.net/apollo.pdf|pagina=5|accesso=13 marzo 2011}}</ref>.
 
Disponeva inoltre di apparecchiature per le comunicazioni, strumenti scientifici (a seconda della missione), un piccolo satellite, macchine fotografiche, un serbatoio di ossigeno supplementare e di [[radiatore|radiatori]] utilizzati per disperdere il calore in eccesso scaturito dalle apparecchiature elettriche e regolare la temperatura della cabina. Tra le apparecchiature per le comunicazioni, una un'antenna in [[banda S]] che garantiva le trasmissioni anche quando la navetta era molto lontana dalla Terra<ref>{{cita|Patrick Maurel|pp. 221-223|PMA}}.</ref>.
 
Sopra il complesso modulo di servizio/comando era posto, durante il lancio, il ''[[Launch Escape System]]'' (LES o torre di salvataggio) che permetteva di separare la cabina (dove vi erano gli astronauti) dal razzo vettore, nella eventualità di problemi durante il lancio. Una volta in orbita, terminata la sua utilità, il LES veniva espulso<ref>{{cita web
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===== Stadio di discesa =====
 
Lo stadio di discesa del modulo lunare pesava oltre 10 tonnellate ed era di forma [[ottagono|ottagonale]] con un diametro di 4,12 metri e una un'altezza di 1,65 metri. La sua funzione principale era quella di portare il modulo sulla Luna. Per fare questo, nel pavimento è presente un motore a razzo pilotabile e dalla spinta variabile. La modulazione della spinta era necessaria per ottimizzare il percorso di discesa, risparmiare propellente e principalmente permettere un atterraggio dolce.
 
L'ossidante era costituito da [[tetraossido di diazoto]] (5 tonnellate) e il [[combustibile]] da [[idrazina]] (3 tonnellate), stoccati in quattro serbatoi collocati in scomparti quadrati situati intorno alla struttura. Il vano motore si trovava in posizione centrale<ref name="LMH">{{cita web
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[[File:Apollo 12 launch.jpg|thumb|Lancio di [[Apollo 12]].]]
 
Il razzo decollava dal [[complesso di lancio 39]] del Kennedy Space Center. Il lancio del razzo di 3000 tonnellate era uno spettacolo particolarmente impressionante: i cinque motori del primo stadio venivano accesi quasi contemporaneamente e consumavano circa 15 tonnellate di carburante al secondo. Dopo che il computer aveva verificato che il motore aveva raggiunto la potenza nominale, il razzo veniva rilasciato dalla rampa di lancio, grazie a dei [[bullone esplosivo|bulloni esplosivi]]. La prima fase di ascesa era molto lenta, si pensi che per lasciare completamente la rampa si impiegavano quasi dieci secondi. La separazione del primo stadio S1-C avveniva dopo 2 minuti e mezzo dal lancio, ad una un'altitudine di 56&nbsp;km e ad una velocità di [[Numero di Mach|Mach]] 8 (10.000&nbsp;km/h). Poco dopo venivano accesi i motori del secondo stadio S-II e successivamente veniva espulsa la torre di salvataggio (LES) in quanto non serviva più, poiché il veicolo spaziale si trovava sufficientemente alto per poter abbandonare il razzo vettore senza il suo utilizzo.
 
Il secondo stadio era a sua volta rilasciato ad una quota di 185&nbsp;km e quando aveva raggiunto una velocità di 24.000&nbsp;km/h. Il terzo stadio, S-IVB, veniva quindi messo in funzione per 10 secondi al fine di raggiungere un'orbita circolare. L'orbita di parcheggio era dunque raggiunta undici minuti e mezzo dopo il decollo<ref>{{cita|W.David Woodsp|pp. 63-103|HOW}}.</ref>.
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Durante il viaggio di 70 ore verso la Luna, potevano essere effettuate delle modifiche alla traiettoria al fine di ottimizzare il consumo finale di [[propellente]]. Sul veicolo era immagazzinata una quantità relativamente elevata di combustibile, superiore a quanto fosse necessario per compiere tali manovre. Soltanto il 5% del quantitativo presente a bordo, infatti, era effettivamente impiegato per le correzioni di rotta. La navetta, inoltre, era posta in lenta rotazione intorno al proprio asse longitudinale, in modo da limitare il riscaldamento, riducendo il periodo di esposizione diretta verso il Sole<ref>{{cita|W.David Woods|pp. 139-140|HOW}}.</ref>.
 
In prossimità della Luna, veniva acceso il motore del modulo di servizio per frenare la navetta e metterla in orbita lunare. Nel caso che l'accensione non fosse riuscita, la navetta, dopo aver compiuto una un'orbita intorno alla Luna, avrebbe ripreso autonomamente la via della Terra, senza dover utilizzare i motori. La scelta di questa traiettoria di sicurezza contribuì alla salvezza della missione Apollo 13. Poco dopo il motore del modulo di comando-servizio veniva azionato ulteriormente per posizionare il complesso su un'orbita circolare a 110&nbsp;km di altezza<ref>{{cita web |url=http://www.hq.nasa.gov/alsj/a11/a11.html |titolo=Apollo 11 press kit |pagina=26-33 |lingua=en |editore=NASA |data=1969 |accesso=10 ottobre 2009}}</ref>.
 
=== Discesa e atterraggio sulla Luna ===
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===== Fase di avvicinamento =====
 
La fase di avvicinamento iniziava a 7&nbsp;km dal sito preventivato di allunaggio, mentre il modulo lunare si trovava ad una un'altitudine di 700 metri dal suolo. Questa fase doveva permettere al pilota di individuare con precisione la zona dove atterrare e di scegliere il percorso più adatto, evitando i terreni più pericolosi (ad esempio cercando di evitare [[Cratere meteoritico|crateri]]). Il punto di partenza di questa fase era designato come "''high gate''", un termine in uso comune in [[aeronautica]].
 
Il modulo lunare veniva, quindi, gradualmente portato in posizione verticale, dando modo al pilota di avere una migliore visione del terreno. Era possibile individuare il punto di atterraggio a seconda del percorso intrapreso, grazie ad una scala graduata (''Landing Point Designator'', LPD) incisa su di un finestrino. Se il pilota avesse ritenuto che il terreno non era favorevole per l'atterraggio o non era corrispondente al punto previsto, avrebbe potuto correggere l'angolo di approccio, agendo sui comandi di assetto con incrementi di 0,5° in verticale o 2° in laterale<ref>{{cita|F. V. Bennett|p. 5|VBE}}.</ref>.
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[[File:Bean Descends Intrepid - GPN-2000-001317.jpg|thumb|Alan Bean esce dal LEM.]]
 
Quando il modulo lunare era sceso ad una un'altitudine di 150 metri, che lo posizionava teoricamente ad una distanza di 700 metri all'esatto punto scelto, iniziava la fase di atterraggio. Se la traiettoria era stata seguita correttamente, la velocità orizzontale e verticale sarebbero state rispettivamente di 55&nbsp;km/h e 18&nbsp;km/h. Era previsto che il pilota potesse pilotare il LEM in manuale oppure che ne lasciasse il controllo al computer di bordo, che disponeva di un programma relativo proprio a quest'ultima fase del volo. In funzione del propellente rimasto, il pilota poteva avere circa 32 secondi aggiuntivi per far eseguire al LEM ulteriori manovre, come cambiare il punto di allunaggio. Durante quest'ultima fase del volo, il modulo lunare poteva [[Volo a punto fisso|volare a punto fisso]] come un [[elicottero]] allo scopo di identificare meglio il sito. A 1,3 metri dal suolo, le sonde sotto le "zampe" di atterraggio del LEM toccavano il terreno e trasmettevano l'informazione al pilota, che doveva portare al minimo il motore per evitare che il LEM potesse rimbalzare o ribaltarsi (l'ugello quasi toccava il terreno)<ref>{{cita|F. V. Bennett|pp. 10-12|VBE}}.</ref>.
 
==== La permanenza sulla Luna ====
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Prima del decollo, al fine di determinare la traiettoria migliore era inserita nel computer di bordo la posizione precisa del LEM sulla superficie lunare. La base del LEM, ovvero il modulo di discesa, rimaneva sulla Luna e fungeva da [[rampa di lancio]] per il modulo superiore che, con a bordo gli astronauti, decollava. La separazione avveniva grazie a delle piccole cariche pirotecniche che tagliavano i quattro punti in cui i due moduli erano collegati, tranciando anche i cavi e i tubi.
 
Dopo essere decollato, il modulo di ascesa compiva prima una traiettoria verticale per poi gradualmente inclinarsi al fine di raggiungere una un'orbita ellittica di 15×67&nbsp;km.
 
Dopo l'aggancio tra le due navette, iniziava il trasferimento delle rocce lunari e degli astronauti dal LEM al modulo di comando-servizio. Dopo che ciò era stato concluso, il LEM, veniva sganciato e immesso in una traiettoria che lo avrebbe portato a schiantarsi sulla Luna. La navicella composta da modulo di comando e di servizio, con a bordo i tre astronauti, iniziava quindi il suo viaggio di ritorno verso la Terra. [[Apollo 16]] e [[Apollo 17]] rimasero in orbita lunare un giorno in più al fine di compiere alcuni esperimenti scientifici e di rilasciare un piccolo satellite, anch'esso per esperimenti, di 36&nbsp;kg<ref>{{cita|W.David Woods|pp. 283-314|HOW}}.</ref>.
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[[File:Mission Control Celebrates - GPN-2000-001313.jpg|thumb|left|Il ''Mission Control Center'' di [[Houston]] festeggia dopo l'ammaraggio di [[Apollo 13]].]]
 
La missione [[Apollo 13]] fu funestata da un'esplosione che compromise l'obbiettivo dell'allunaggio. Decollata l'11 aprile [[1970]], dopo 55 ore di volo, il comandante [[James Lovell]] comunicò con il centro di controllo con la frase "''Houston, we've had a problem''" ("Houston, abbiamo avuto un problema"). In seguito a un rimescolamento programmato di uno dei quattro serbatoi dell'[[ossigeno]] presenti nel modulo di servizio, si verificò una un'esplosione del medesimo con la conseguente perdita del prezioso gas. Il risultato fu che gli astronauti dovettero rinunciare a scendere sulla Luna ed iniziare un difficile e imprevedibile rientro sulla Terra, utilizzando i sistemi di sopravvivenza che equipaggiavano il modulo lunare. La Luna fu comunque raggiunta per poter utilizzare il suo campo gravitazionale per far invertire la rotta alla navetta (in quanto l'unico motore in grado di farlo, quello del modulo di servizio, era considerato danneggiato). Grazie alla bravura degli astronauti e dei tecnici del centro di controllo, Apollo 13 riuscì, non senza ulteriori problemi, a fare ritorno sulla Terra il 17 aprile. La missione fu considerata un "fallimento di grande successo"<ref name=NASApollo>{{cita web|url=http://www.nasa.gov/mission_pages/apollo/index.html|titolo=Apollo 13 - A Successful Failure|lingua=en|accesso=25 agosto 2010}}</ref> in quanto l'obbiettivo della missione non fu raggiunto, ma la NASA si mise in luce per le capacità dimostrate nell'affrontare una situazione tanto critica<ref>{{cita web
|url=http://www.nasm.si.edu/collections/imagery/apollo/AS13/a13.htm
|titolo=Apollo 13 (AS-508) « Houston, we've had a problem »
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=== Autori vari ===
* {{cita libro|autore=Giovanni F. Bignami|titolo=L'esplorazione dello spazio|città=Bologna|editore=Il Mulino|anno=2006|isbn=88-15-11404-1}}
* Luigi Pizzimenti, Progetto Apollo, "Il sogno più grande dell'uomo", Bologna, Elara, 2009, [http://www.collectionspace.it/progetto-apollo-il-sogno-piu-grande-delluomo/] ISBN 978-88-6499-017-0].
* {{cita libro|autore=Renato Cantore|titolo=La tigre e la luna. Rocco Petrone. Storia di un italiano che non voleva passare alla storia|città=Roma|editore=Rai-Eri|isbn=978-88-397-1481-7}}
* {{cita libro|autore=Walter Cunningham|titolo=I ragazzi della Luna|città=Milano|editore=Mursia|anno=2009|isbn=978-88-425-4256-8}}