Santa Fiora: differenze tra le versioni

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Già nel IX secolo compare il toponimo di Santa Fiora in una pergamena del 27 giugno 833, riportata da P.Presutti nel suo inventario del 1876 dei documenti dell'archivio Sforza-Cesarini... "in cui viene stabilita una enfiteusi pel monastero del Monte Amiata nello Stato di S.Fiora". Un altro documento datato [[890]], di controversa interpretazione - registra lo stesso toponimo " terra Sancte Flore" tra i confini di alcuni possedimenti dell'Abbazia di San Salvatore. Santa Fiora è ricordata come villa con oltre cento poderi nel 10841064 e come castello nel 11411081, detto di ''Santa Flore''. Nel 1164 l'Imperatore Federico I Barbarossa concesse al conte Ildebrando Settimo Novello il privilegio di battere moneta "il Provisino degli Aldobrandeschi". L'atto fu siglato a Pavia il 10 agosto 1164 e l'imperatore Enrico VI confermò tale privilegio a Ildebrandino VIII suo figlio. Il provisino traeva il suo nome dalla cittadina francese di Provins. In una delle due facce della moneta era scritto abbreviato, comes palatinus aldobrandinus, nel rovescio sancta flora. A partire dal maggio del 1251 il conte Ildebrandino Aldobrandeschi di Santa Fiora comincia ad instaurare rapporti di amicizia e alleanza con la Repubblica di Siena. Nel 1260 Santa Fiora affiancò l'esercito ghibellino senese nella [[battaglia di Montaperti]] contro la guelfa Firenze. La cronaca senese anonima elogia Ildebrandino per il coraggio dimostrato in battaglia. I rapporti con Siena negli anni immediatamente successivi alla battaglia di Montaperti mutarono però radicalmente. Infatti, a seguito della [[battaglia di Tagliacozzo]] del 23 agosto 1268, che vide la sconfitta di Corradino di Svevia e dei suoi alleati i conti Aldobrandeschi di Santa Fiora da parte di Carlo D'Angiò, Siena ritrattò l'alleanza conclusa con Santa Fiora schierandosi dalla parte guelfa. Da quel momento in poi i conti Aldobrandeschi di Santa Fiora e Siena furono spesso in lotta tra di loro.
[[File:Veduta Peschiera.png|thumb|upright=1.6|Santa Fiora - Veduta della Peschiera e del Terziere di Montecatino]]
Dominio storico dei conti [[Aldobrandeschi]], fu sede della [[Contea di Santa Fiora|contea]] assegnata ad Ildebrandino di Bonifacio nel 1274, quando il territorio aldobrandesco fu diviso nei due rami di Santa Fiora e [[Contea di Sovana|Sovana]]: l'area della contea di Santa Fiora comprendeva anche i territori di Arcidosso, Castel del Piano, [[Roccastrada]], [[Castiglione d'Orcia]], [[Semproniano]], [[Selvena]] Magliano e Scansano. Nel corso del XIII secolo, Santa Fiora divenne uno dei centri più importanti della Toscana meridionale, fulcro della resistenza [[Ghibellini|ghibellina]] al governo di [[Repubblica di Siena|Siena]]. "Tra il 1256 ed il 1297 Santa Fiora rinnova con maggiore forza il suo ruolo di capitale, come residenza di Ildebrandino XI e dei suoi figli, capostipiti del nuovo ramo comitale autonomo". Celebre è il verso «e vedrai Santafior com'è oscura» del [[Purgatorio - Canto sesto|VI canto]] del ''[[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]]'', dove la località è citata da [[Dante Alighieri|Dante]] proprio per la sua appartenenza ghibellina.
Nel luglio del 1300 l'esercito di Santa Fiora comandato da [[Guido di Santa Fiora]] sconfissero l'esercito senese e orvietano di [[Ghirardello da Todi]], nello scontro morirono 400 uomini e quasi tutti i comandanti senesi e orvietani.
"Nel corso del XIV secolo la contea aveva perso il suo splendore e risultava composta da Santa Fiora Castell'Azzara e Scansano. Santa Fiora: riuscì comunque a non cadere sotto la dominazione senese perché il conte Aldobrandeschi sposò una Piccolomini, da cui ebbe un figlio Guido, ultimo discendente della stirpe, che proseguì la politica patrimoniale paterna sposando una nobil donna senese appartenente alla famiglia Salimbeni." Nel 1438, a causa di una pestilenza, morirono sia Guido sia suo figlio ed unico erede maschio Federico; rimasero le tre figlie Cecilia, Giovanna e Gabriella. La mancanza di una discendenza maschile alimentò le mire di Siena ad incorporare il territorio della contea.
 
Con la fine degli Aldobrandeschi, nel 1439 il territorio della Contea passò alla famiglia [[Sforza]], in virtù del matrimonio tra [[Cecilia Aldobrandeschi]], figlia primogenita di Guido ultimo conte della casata, e [[Bosio I Sforza]], figlio di [[Giacomo Attendolo|Muzio Attendolo Sforza e quindi fratello di Francesco Sforza, duca di Milano.]] Il figlio di Bosio I e Cecilia fu Guido, che nacque a Santa Fiora il 20 febbraio 1445 e governò la Contea tentando di riportarlariportandola agli antichi fasti. Impreziosì la città con opere d'arte di grande valore, come le terracotte di [[Andrea della Robbia|Andrea e Luca della Robbia]] nella [[Pieve delle Sante Flora e Lucilla]]; fece costruire eleganti palazzi nobiliari e riadattò la Peschiera, un bacino idrico già utilizzato dagli Aldobrandeschi come vivaio di trote, modificandone e ampliando l'area interna ad uso giardino e parco. Nella Peschiera ospitò nel 1462 papa [[Papa Pio II|Pio II Piccolomini]], rinsaldando i già buoni rapporti con il Papato. Guido proseguì la saggia politica di alleanze matrimoniali intrapresa dai suoi avi sposando Francesca Farnese, nipote di [[Alessandro Farnese]], futuro Papa Paolo III. Il Conte Guido Sforza concesse ai suoi sudditi nel 1480 lo "Statuto della terra di Santa Fiora e suo stato" e difese la Contea dal tentativo di invasione delle truppe del duca Cesare [[Valentino Borgia|Borgia]], detto Il Valentino. Guido Sforza entrò nella leggenda e nel folclore locale per aver ucciso un "drago" che infestava quei territori, il cui teschio è oggi conservato nel [[Convento della Santissima Trinità alla Selva|convento della Selva]].
 
Federico Sforza, il figlio di Guido, sposò Bartolomea Orsini e prima di morire nel 1517, lasciò un atto con cui disponeva il vincolo di primogenitura per la Contea santafiorese, che non poteva essere suddivisa tra i figli, ma doveva essere interamente ereditata dal primogenito Bosio II. Questi, a sua volta, continuando la politica matrimoniale della famiglia, sposò Costanza Farnese, figlia prediletta del Papa Paolo III. Da lei ebbe 10 figli, tra i quali il cardinale Guido Ascanio, che ricevette dal papa Pio IV il feudo di Onano, Alessandro, anch'egli cardinale, che costruì la villa della Sforzesca e Mario I, a cui si deve, insieme alla moglie Fulvia Conti, la costruzione del Palazzo Sforza di Santa Fiora, intorno al 1552, opera che verrà poi portata a termine dal nipote Alessandro nel 1596. Entrambi arricchirono il Palazzo con due cicli di splendidi affreschi, ma soprattutto quello di Alessandro riveste grande importanza, perché attribuito alla scuola del Cavalier d'Arpino. Alessandro, che nel 1585 era diventato anche Duca di Segni, paese eretto a Ducato per volontà del Papa Sisto V, aveva sposato nel 1592 Eleonora Orsini, nipote di Maria de Medici regina di Francia e e di Ferdinando de Medici Granduca di Toscana e aveva stretto rapporti strettissimi con Enrico IV e con la Francia. Nel 1620 acquistò una lussuosa abitazione al Quirinale, di fronte al palazzo del cardinale Scipione Borghese, che aveva commissionato a Guido Reni la pittura l'Aurora, con il carro del dio Apollo-Sole, circondato dalle Ore. Alessandro fece affrescare da autore ignoto una stanza del palazzo di Santa Fiora con lo stesso motivo, facendo però aggiungere nella parete contrapposta la dea Diana- Notte, che traina il carro guidato da uccelli notturni. In un'altra stanza fece affrescare il ciclo delle quattro stagioni, unite da un girotondo di putti nudi e giocosi. Suo figlio Mario II sposò nel 1612 Renata di Lorena. Le nozze furono celebrate dal Papa Paolo V, che aveva elevato a Ducato Onano, pertanto Mario II poté assumere il titolo di Duca e tramandarlo ai suoi discendenti.Nel 1632 Ferdinando II de Medici acquistò la terra di Santa Fiora dal Conte Duca Mario II per 466.000 scudi, trattenendone 218.300 per l'infeudazione. Così da tale data i Conti di Santa Fiora divennero feudatari dei Granduchi di Toscana. Nel 1674 a seguito del matrimonio tra Federico Sforza di Santa Fiora, primo Duca di Segni e Livia Cesarini, ultima erede delle famiglie Cesarini, Savelli, Peretti, la famiglia si trasferì a Roma e cambiò nome in Sforza- [[Cesarini Sforza|Cesarini]], lasciando Santa Fiora nelle mani di alcuni vicari, tra i quali sono da ricordare soprattutto i Luciani. Santa Fiora conobbe una certa ripresa economica tra il XIX e il XX secolo, quando si affermò importante centro minerario per l'escavazione del [[cinabro]], venendo raggiunta da numerosi lavoratori da ogni parte della Toscana. Oggi Santa Fiora, dopo la chiusura delle miniere, è un'importante meta turistica del Monte Amiata, particolarmente ricca di tradizioni che si sono mantenute fino ad oggi a testimonianza di un grandioso passato quale antica capitale di questo versante della montagna.<ref>Lucio Niccolai, ''Santa Fiora. Invito alla scoperta del centro storico e del territorio'', Edizioni Effigi, Arcidosso, 2009.</ref>