Agape: differenze tra le versioni
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== In greco classico ==
Il ''nome'' greco '''ἀγάπη''' (con lettera "eta" finale) è già attestato in opere cristiane: nella [[Septuaginta|Bibbia dei Settanta]] (285-246 a.C.) (SET) col significato (unico) di "amore", "affezione", "oggetto di amore", "carità"; e col significato ulteriore di ''agape''(non tradotto in italiano), inteso come convito dei cristiani, in [[Ecclesiastico]] (EC)<ref>[[Lorenzo Rocci]], ''[[Vocabolario Greco-Italiano]]'', [[Società Dante Alighieri|Società Editrice Dante Alighieri]], finito di stampare in Delta Grafica-Città di Castello (Perugia), [[1993]], pag. 6 di 2074</ref>.</br>
Come sostantivo in autori classici troviamo di nuovo in [[Iliade]], '''ἀγάπ-ἦvωρ, -oσ''' (III declinazione): "amante della virilità", "virile", "coraggioso".
Il citato vocabolario è stato la ''massima e indiscussa autorità esistente per il greco antico'', per generazioni di studenti italiani del [[Liceo classico]], praticamente per tutto il novecento, subito a partire dalla data della sua prima pubblicazione.
Il ''verbo'' greco '''ἀγάπἀω''' (con lettera "omega" finale) è abbondamente citato in autori della Grecia Classica non cristiani, dove '''in modo del tutto simile al nome''' (detto prima) da esso foneticamente e grammaticalmente derivato, può avere uno dei seguenti due significati:
* 1) ''riguardo a persone'' (es. Figli, defunti): "accolgo con amore", "tratto affabilmente", "con affetto", "amorevolmente", "amo", "ho caro": '''già dal tempo di [[Omero]] (OM) e seguenti''', indicando '''amore di protezione''', cura, benevolenza, piuttosto che passione (e perciò equivale al latino '''''diligo''''', piuttosto che al verbo ''amo''), in [[Euripide]] (485-406 a.C., EU) così come nel filosofo [[Platone]] (428-348 a.C., PL);
* 2) ''riguardo a cose'': "sono contento", "soddisfatto" (ATT, prosatori attici); "preferisco", "tengo in maggior conto" in [[Demostene]] (384-322 a.C.) (263, DEM), e nell'oratore [[Licurgo]] (VIII secolo a. C., LICUR).
''Non citato'' nel Rocci, dobbiamo ricordare per forza il celebre passo evangelico sul [[Comandamento dell'amore]] (a Dio, e poi al [[Prossimo]]):
:'''''ἀγάπἀσɛισ τòv πλησìov σoὗ ὦς σɛαυτòv''''': ''amerai il prossimo tuo come te stesso'' (traduzione letterale e universale), dove ''ἀγάπἀσɛισ'' è il futuro semplice regolare del verbo ''ἀγάπἀω''. Pertanto, ''anche come verbo lo troviamo abbondantemente''sia in autori classici che nel Vangelo di Giovanni, ''con lo stesso significato'', e senza particolari innovazioni dell'evangelista.
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