Transistor a effetto di campo: differenze tra le versioni

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In [[elettronica]] il '''transistor a effetto di campo''', abbreviato '''FET''', dall'inglese '''''f'''ield-'''e'''ffect '''t'''ransistor'', è un tipo di [[transistor]] largamente usato nel campo dell'[[elettronica digitale]] e diffuso, in maniera minore, nell'[[elettronica analogica]].
 
Si tratta di un substrato di materiale [[semiconduttore]] drogato, solitamente con il [[silicio]], al quale sono applicati quattro terminali: il ''gate'', il ''source'', il ''drain'' ed il ''bulk''; quest'ultimo, se presente, è generalmente connesso al source e se non presente è connesso al terminale esterno del gate. Il principio di funzionamento del transistor ad effetto di campo si fonda sulla possibilità di controllare la [[conduttività elettrica]] del dispositivo, e quindi la [[corrente elettrica]] che lo attraversa, mediante la formazione di un [[campo elettrico]] al suo interno. Il processo di conduzione coinvolge solo i [[portatore di carica|portatori di carica]] maggioritari, pertanto questo tipo di transistore è detto ''unipolare''.
 
La diversificazione dei metodi e dei materiali usati nella realizzazione del dispositivo ha portato alla distinzione di tre principali famiglie di FET: [[JFET]], [[MESFET]] e [[MOSFET]]. Il JFET, abbreviazione di ''Junction FET'', è dotato di una [[giunzione p-n]] come elettrodo rettificante; il MESFET, abbreviazione di ''Metal Semiconductor FET'', una giunzione Schottky raddrizzante metallo-semiconduttore ed il MOSFET, abbreviazione di ''Metal Oxide Semiconductor FET'', genera il campo elettrico grazie ad una struttura metallica esterna, separata dalla giunzione da uno strato di dielettrico.