D'Adda: differenze tra le versioni
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===Dal medioevo ai nostri giorni===
Secondo gli studi eseguiti dagli storici L. Tettoni ed F. Saladini<ref>Cfr. 'Teatro Araldico, ovvero raccolta di armi e insegne delle più illustri e nobili casate'', Milano, 1843</ref>, la loro origine risalirebbe ad Addo, che Paolo Diacono nell'anno 670 d.C., annovera tra i capitani d'arme di [[Cuniberto]], re dei longobardi. Secondo il Campana, i D'Adda già in epoca longobarda ottengono in feudo il castello di [[Olginate]]. Il Bugatti annovera Giacomo tra i valvassori ed i capitani della città di Milano. Il Sandolino nelle sue opere commenta la splendidezza e la magnificenza di Giacomo, Rinaldo e Francesco D'Adda, tutti e tre versatissimi nelle belle lettere, e ricorda anche la contessa Bianca D'Adda Beccaria e la contessa Costanza Litta D'Adda, quali donne esemplarissime di tutte le virtù del loro secolo. Nei secoli la famiglia si divideva in parecchi rami, salvo poi restarne solo tre a metà Ottocento ed a due soli a fine Novecento.
Tutti i rami riconoscono per loro progenitore il celebre Antonio D'Adda, cameriere ducale, fiorito nell'anno [[1367]]. Egli fu padre di quel Rainaldo che ebbe per figlio il nobile ed esimio Antonio II. Quest'ultimo generò Pagano, fiorito nel [[1475]], e del quale la generosità e le virtù furono molto commentate. Dai figli di questo Pagano (Bartolino, Pietro, Costanzo e Palamede) si divisero i rami di casa D'Adda. Palamede fu Tesoriere della Camera Regia sotto re [[Luigi XII]] di Francia e poi Consigliere del Duca Massimiliano Sforza e Ministro del re [[Francesco I di Francia]] oltre che Governatore di Normandia. Egli non fu, come può sembrare, favoreggiatore dei Francesi o degli Austriaci, ma si mantenne sempre caldo amatore della patria. L'imperatore [[Carlo V]] lo ebbe in molta stima, e se Don Antonio de Leyva, suo Generale, lo accolse con molte dimostrazioni di esultanza, se lo favorì nelle sue imprese, se gli fece dono di molti beni nei dintorni di Pavia, fu proprio su segnalazione dello stesso Imperatore. Palamele ebbe come figlio Ferrante, Dottore del Collegio dei Giudici di Milano, due volte Ambasciatore presso la Corte Inglese per la causa del Duca [[Francesco II]].
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L'illustre propagatore del ramo tuttora fiorente in Milano, insignito dei titoli di duca, marchese, conte, barone, fu cavaliere del Sacro Romano Impero e fu il nobile ed augusto Don Gaspare D'Adda, figlio del sunnominato Pagano. Gaspare fu padre di Giacomo, Ottaviano e Ludovico. Ottaviano morì senza stirpe, mentre Giacomo, amico e confidente di San Carlo Borromeo, dava ospizio ai poveri presso il feudo di Varallo in Valsesia. Fu capitano di cavalleria, alla sua morte, lascio in eredità una grossa somma agli Orfani di San Martino in Milano perché erigessero un orfanotrofio in Trivulzio. Da lui discesero Girolamo, dottore di ambo le leggi, aggregato al Collegio dei Nobili Giureconsulti, Cavaliere Laureato, conte del Palazzo Lateranense, Giovanni Antonio, abate, Giorgio, cavaliere di Malta, Francesco, patrizio milanese, Geronimo Maria, capitano di fanteria, e la marchese Livia D'Adda, sposa del cugino Don Giuseppe D'Adda. Da Ludovico, figlio di Gaspare, ebbe origine Gaspare II, che elevò la sua famiglia alla più alta nobiltà per aver esercitato le più alte cariche patrie. Due volte Giudice delle Strade e Decurione perpetuo.
Egli procreò Paolo Camillo, Ercole e Dominione. Paolo Camillo fu Decurione, e dopo di se lasciò il figlio Ludovico membro di provvigione, questi fu padre di Camillo II, cameriere di Palazzo e Decurione. Il Dominione generò Giovanni, Decurione. Ercole fu consigliere del Duca di Savoia e propago la seguente discendenza: Giuseppe, che l'Imperatore [[Leopoldo I]] volle duca di Cassano e Stockerau, marchese di [[Pandino]], conte, cavaliere, libero barone del Sacro Romano Impero e cavaliere del Toson d'Oro con tutti i suoi discendenti e successori; ed inoltre nel caso di estinzione della famiglia, gli diede ampia facoltà di nominare
Da Giuseppe discendono Don Felice ed il di lui figlio Ercole II. Da Don Ercole II ebbero orgigine Don Felice, canonico ordinario e decano del capitolo metropolitano, Don Paolo Camillo II, capitano di fanteria germanica e colonnello del reggimento Piccolini, Don Giuseppe II il quale, rimasti i fratelli senza prole e per succitato Diploma Cesareo, veniva insignito con l'eredità paterna di tutti i titoli appartenenti alla famiglia D'Adda. A Don Giuseppe II fu inoltre accordato il diritto di poter scavare tutte le miniere della Valsesia e di detenere una sua propria milizia armata.
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