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L''''Irredentismo italiano''' fu quel movimento che nacque dopo il [[Risorgimento]] perorando la "liberazione" (''redenzione'', appunto) delle terre ancora in mani straniere.
 
Dopo il 1870 fuori dai confini del Regno d'Italia rimanevano territori abitati da popolazioni italiane e considerati entro i limiti storici, geografici e culturali dell'Italia. Da più parti si lamentava soprattutto che il [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]] e la [[Venezia Giulia]] fossero ancora sotto sovranità austriaca:. siSi perorava quindi la ripresa delle armi contro l'Austria, o si chiedevano trattative diplomatiche per spostare il più possibile i confini, su quei versanti. Nella prima fase l'irredentismo si diffuse molto negli ambienti della sinistra di ispirazione mazziniana e garibaldina, organizzandosi a seconda dei contesti: nei territori appartenenti alla monarchia asburgica, il sentimento irredentista si diffuse sotto forma di comitati clandestini presso i ceti urbani sia trentini che delle località lungo sponda orientale adriatica; nei confini del Regno si organizzarono varie associazioni, che contestavano la politica [[Triplice alleanza (1882)|triplicista]] dei governi (e vennero anche contrastate dalle autorità in epoca [[Francesco Crispi|crispina]]).
 
Durante l'[[età giolittiana]] il movimento tornò alla ribalta, sviluppando anche un filone [[Nazionalismo italiano|nazionalista]], che oltre al Trentino e alla Venezia Giulia, reclamava anche l'[[Provincia autonoma di Bolzano|Alto Adige]], e soprattutto [[Fiume (Croazia)|Fiume]] e la [[Dalmazia]], queste ultime nell'ambito di un disegno di egemonia italiana nell'Adriatico. Allo scoppio della Grande Guerra il problema delle "terre irredente" fu agitato dal movimento per l'intervento bellico dell'Italia contro l'Austria-Ungheria, fino alla fine del conflitto che vide l'unione al Regno di quasi tutti i territori in questione.