Affreschi per le porte di Napoli: differenze tra le versioni
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Particolarmente suggestivo è il racconto fatto da [[Bernardo De Dominici]] (peraltro un discendente del pittore di [[Taverna (Italia)|Taverna]]) circa le modalità di reclutamento del Cavalier Calabrese per questa impresa artistica. Narra lo storico che Mattia Preti era stato imprigionato e condannato a morte per aver violato la prescrizione che vietava a chiunque di lasciare la città durante la pestilenza. Giunta al Viceré la notizia che il reo fosse un valentissimo pittore questi gli offrì la grazia se il Preti avesse accettato di realizzare i dipinti sulle porte cittadine gratis. La versione del De Dominici tuttavia è del tutto fantasiosa in quanto risulta da fonti storiche che Mattia Preti fu prescelto per il suo indiscusso valore artistico e lautamente compensato per gli affreschi votivi voluti dalle istituzioni civiche napoletane.
Mattia Preti portò a compimento l’opera affidatagli entro i primi mesi del 1659. Gli affreschi ebbero però sorte sfortunata: già nel 1688 un terremoto li danneggiò molto gravemente. Gli agenti atmosferici fecero il resto è già al tempo del De Dominci, come ci dice lo stesso erudito partenopeo, delle pitture sulle porte napoletane restava ben poco. Nei secoli seguire alcune delle sette porte di Napoli furono abbattute ed anche in quelle ancora esistenti si procedette all'eliminazione di ogni resto dell'affresco con la tamponatura della nicchia muraria che lo ospitava. Unica eccezione è la Porta San Gennaro dove, per quanto in stato molto precario, la pittura del Preti è ancora percepibile.
Naturalmente data la distruzione pressoché integrale degli affreschi non è dato sapere con certezza che cosa essi raffigurassero di preciso, salvo ovviamente che per il tema dell'Immacolata affiancata dai tre santi protettori, ripetuto su ogni porta, come deliberato dal Consiglio degli Eletti. Tema che occupava la parte alta dell'affresco come si deduce sia da quel che resta su Porta San Gennaro sia dai mirabili bozzetti pretiani di Capodimonte (sui quali più avanti).
In verità il De Dominici ha lasciato una descrizione abbastanza dettagliata di tutte e sette gli affreschi - anche delle parti in basso, dedicate a descrivere le tragedie della peste napoletana - ma essendo gli stessi già quasi del tutto perduti nel momento in cui egli ne scrive (né indicando quali fossero le sue fonti) sull'attendibilità di queste descrizioni vi è più di un dubbio<ref>In generale l'attendibilità storica di Bernardo De Dominci è ritenuta piuttosto labile, come del resto comprova anche il già riferito aneddoto, privo di ogni fondamento, circa la condanna a morte di Mattia Preti.</ref>.
Sempre secondo il De Dominici, ma anche questo è un dato che non può essere verificato, lo stesso Mattia Preti raccontava che per raffigurare su Porta Spirito Santo un drammatico episodio dei giorni della peste - cioè, una bambina che tentava di succhiare il latte dal senso vizzo della madre già morta ed accasciata sul sagrato di una chiesa - il pittore si sarebbe rifatto ad un evento di cui era stato testimone oculare.
==Descrizione e stile==
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