Cesare Magati: differenze tra le versioni
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[[File:Fracastoro Syphilis Hamburg 1857 frontispiz.jpg|thumb|upright=0.7|Girolamo Fracastoro]]
Sebbene l'esperienza ospedialiera sia stata importante per l'evoluzione del pensiero di Magati, essa non fu la sola ad influire sulle sue concezioni. Nonostante egli riveli espressamente nelle sue opere di rifarsi principalmente ad alcuni chirurghi pratici romani<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 16</ref>, comunque è difficile credere che non si sia basato su alcun fondamento teorico. I principali medici e studiosi ai quali le sue opere si rifanno sono: [[Girolamo Fracastoro]], [[Ambroise
Fracastoro riteneva che l'aria (composta, secondo lui, da ''atometti'' piccolissimi e quasi invisibili) fosse nociva per la cura delle ferite nei malati (difatti, secondo lo studioso, la diffusione negli ospedali dell'[[antrace]] era da riferirsi proprio a questo)<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 17</ref>. La concezione che l'aria fosse non un alleato (idea diffusa a quel tempo tra i maggiori medici e chirurghi) ma un potente ostacolo alla guarigione delle ferite venne presa in toto da Magati a sostegno del suo metodo. Infatti, nel capitolo 53 del secondo libro del ''De medicatione vulnerum'', espone quanto sotto riportato:
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[[File:Paracelsus-portrait.jpg|upright=0.7|thumb|Paracelso]]
Un altro importante chirurgo che influenzò con i suoi scritti il Magati fu [[Ambroise
Anche le idee del medico [[Paracelso]] influenzarono il Magati nella sua trattazione: la più importante tra queste, e anche la più oggetto di citazioni, è la ''Mumia'', ''la virtù terapeutica del cadavere umano''<ref>Pirmin Meier, ''Paracelso, medico e profeta'', Salerno Editrice, p. 162</ref>, una virtù speciale che corrisponde al potere naturale dell'organismo di guarire (la cosiddetta ''vix medicatrix naturae'')<ref name="L. Münster G. Romagnoli p. 23">L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 23</ref>. In verità Magati (alcuni autori dicono che conoscesse il tedesco<ref name="L. Münster G. Romagnoli p. 23"/>) cita (nel cap. 36 del primo libro del ''De rara medicatione vulnerum'')un altro studioso e medico tedesco, [[Joseph du Chesne]], discepolo di Paracelso, che fa riferimento ad un ''Balsamo radicale'', definito come il calore del corpo umano (di cui anche Paré ne aveva parlato), presente nelle ferite e durante la malattia, e a cui se ne deve la guarigione. Sia Paracelso che il suo discepolo orientarono i loro sforzi nel cercare di realizzare artificialmente questo balsamo o principio curativo naturalmente presente nel nostro corpo ma carente nel momento del bisogno (come in una ferita).
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