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=Castello Normanno-Svevo di Nicastro=
==Cenni storici==
[[File:Castello di Lamezia.jpg|thumb|Castello di Nicastro]]
Il castello normanno-svevo, ad oggi, risulta il simbolo di Nicastro, circoscrizione comunale di [[Lamezia Terme]] (CZ). Il Castello sorge sul colle di San Teodoro, dominando la cittadina di [[Nicastro]].
Il castello venne costruito intorno al IX secolo secondo la volontà dei Bizantini che, oltre al castello, avviarono i cantieri per la costruzione del borgo di Nicastro, così che costituisse una linea di difesa per la piana di Sant’Eufemia.
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Il terremoto del 1638 causò ingenti danni alla struttura del castello, che ancora oggi, seppur in condizioni di dissesto, è visitabile.
Del
Lo scrittore e viaggiatore [[Henry Swinburne]] (1743-1803), nel 1778, scrive che, a chiunque visitasse il castello, questo appariva come “un romantico rudere in posizione pericolante sul letto di un fragoroso torrente che scorre giù in una valle buia e boscosa”.
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==Il
Lo storico Vincenzo Villella ritiene che, ad oggi, non siamo in possesso della data esatta della costruzione del castello. Una notizia certa è la paternità dell’edificio, che spetta ai [[Normanni]], i quali, nella seconda metà dell’XI secolo, edificarono il maniero su una zona sopraelevata preesistente.
Il nucleo iniziale sorse sull’altura del centro abitato su una precedente fortezza innalzata tra il VIII e il IX secolo.
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Una versione più vicina ai giorni nostri sostiene che Enrico VII sia deceduto per morte naturale a causa di una malattia contratta in carcere.
Il corpo del re fu trasportato nel [[duomo di Cosenza]] dal vescovo di Martirano Leone Filippo De Matera (1218-1237), patrizio cosentino e cancelliere del Regno.
Le ambiguità sorte sulla morte del re sono scaturite da una traduzione inesatta della frase latina “ex improvviso cadens infirmatus obiit” riportata dalle fonti di Riccardo di San Germano, Salimbene da Parma e dal cosiddetto Anonimo Cronista Umbro.
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La frase tradotta letteralmente significa "cadendo improvvisamente malato, morì", e non, come è stato finora sostenuto, "cadendo da cavallo, morì".
Il direttore della sezione di [[paleopatologia]] dell'[[università di Pisa]], Gino Fornaciari, ha dato il responso in una dettagliata relazione nella quale ha diagnosticato un caso di lebbra lepromatosa, il tipo più grave e più diffuso in passato, in fase discretamente avanzata di evoluzione, con epoca di infezione e di esordio clinico riferibile ad alcuni anni prima del decesso.
=Fonti=
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