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Si tratta di una collezione di arte contemporanea, voluta da [[Lucio Amelio]], donata alla reggia nel 1994: comprende circa una settantina di opere di autori come [[Joseph Beuys]], [[Keith Haring]], [[Anselm Kiefer]], [[Andy Warhol]] e artisti italiani<ref>{{cita web|url=http://www.arte.it/luogo/collezione-terrae-motus-caserta-5174|titolo=Collezione "Terrae Motus"|accesso=24 giugno 2016}}</ref>.
== Il Parco ==
[[File:Le cascate della Reggia.JPG|thumb|Veduta del parco]]
Il Parco della Reggia, che si trova alle spalle del Palazzo Reale, si estende per 3,3 km di lunghezza ed ha una superficie di 122 ettari. Così come la Reggia, venne progettato da Luigi Vanvitelli, che cominciò a lavoravi nel 1753. Tuttavia la struttura del Parco sembra rispettare solo in parte i progetti originali dell’architetto: in seguito alla sua morte (nel 1773) i lavori di costruzione vennero affidati al figlio Carlo Vanvitelli, che, pur rimanendo fedele alle volontà del padre, dovette applicare delle semplificazioni al progetto originale per ridurne le spese.
Il Parco è attraversato longitudinalmente (sull’asse sud-nord) da un ampio viale che collega il Palazzo al Giardino Inglese. La struttura prevede un vasto ''parterre'' iniziale, progettato secondo il modello dei giardini francesi, dal quale si dipartono le strade laterali che conducono al Bosco Vecchio (Peschiera e Castelluccia) e ai boschi di lecci circostanti. Lungo il viale si incontra una serie di 6 fontane (Fontana Margherita, Fontana dei delfini, Fontana di Eolo, Fontana di Cerere, Fontana di Venere e Adone, Fontana di Venere e Atteone) che termina alle pendici del monte Briano. Da questo scende una cascata alta 78 mt, la cui acqua proviene dall’Acquedotto Carolino, realizzato appositamente dal Vanvitelli per l’alimentazione dell’intero Parco.
=== Il Bosco vecchio ===
Alla sinistra del ''parterre'' si trova il Bosco vecchio, preesistente alla realizzazione del Parco. Questo infatti era stato realizzato tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento dai principi Giulio Antonio (1578-1589) e Andrea Matteo Acquaviva (1594-1634) e costituiva il giardino adiacente alla residenza della nobile famiglia casertana. In seguito divenne proprietà dei Catani di Sermoneta, dai quali Carlo di Borbone acquistò il terreno necessario all’edificazione della Reggia. Vanvitelli, nel rispetto del contesto naturalistico esistente, decise di non stravolgere la struttura del bosco, limitandosi a rinfoltire la vegetazione costituita da lecci, edera e ruscus. All’interno del Bosco Vecchio si trovano due strutture concepite in seguito per lo svago del re Ferdinando IV: la Castelluccia e la Peschiera.
La ''Castelluccia è'' una piccola torretta a pianta ottagonale circondata da un fossato. Costruita sopra ad un casino preesistente appartenuto agli Acquaviva (detto Prenesta), la piccola fortezza, con fossato, bastioni, ponti levatoi e caserme, fu realizzata nel 1769 dall’architetto Francesco Collecini, per lo svago del giovane Ferdinando IV: qui infatti venivano inscenate finte battaglie terrestri per permettere al re di esercitarsi nell’arte della guerra. Tuttavia la struttura che si può vedere oggi non presenta queste caratteristiche militari. L’edificio cadde infatti in disuso e fu fatto restaurare nel 1818 dallo stesso Ferdinando, ma con uno stile architettonico nettamente diverso, più simile all’elegante casino progettato dal Vanvitelli.
Anche la ''Peschiera'', così come la Castelluccia, è stata realizzata nel 1769 dall’architetto Francesco Collecini per “i giochi del re e della pesca”. Si tratta di una vasca ellittica di 270 mt di lunghezza per 150 di larghezza, con una profondità di 3,50 mt, destinata alle esercitazioni militari del sovrano. Ferdinando IV era infatti un grande appassionato di naumachie e il bacino artificiale gli permetteva di inscenare finte battaglie navali: il re, a bordo di “piccoli legni da guerra”, fabbricati appositamente per questo scopo, assaltava il cosiddetto “pagliaro” (un casino con il tetto di paglia) che sorgeva sull’isolotto centrale. Secondo i progetti del Vanvitelli sull’isolotto sarebbe dovuto sorgere un padiglione aperto da ogni lato, ma il re ordinò che venisse realizzata una sala da ballo per le feste; tuttavia il progetto rimase incompiuto.
=== La fontane e la “Via d'acqua” ===
[[File:Caserta jardín 49.JPG|thumb|Peschiera]]▼
Alla fine del ''parterre'' si trova la fontana Margherita, che segna l’inizio della seconda zona del Parco, la cosiddetta “Via d’Acqua”: estesa in lunghezza, appositamente progettata per creare uno scenografico effetto prospettico, si estende dalla fontana dei Delfini a quella di Diana e Atteone.
La ''fontana Margherita'' è la più modesta tra le fontane, nonché la prima ad essere stata costruita. È detta anche “del canestro” per la sua forma circolare e per le decorazioni che ricordano l’intreccio di un canestro.
Di seguito si incontra la prima fontana della “Via d’acqua”, la ''fontana dei Delfini'', realizzata dello scultore Gaetano Salomone tra il 1776 e il 1779. Prende il suo nome dai tre monumentali delfini in travertino di Bellona, dalle cui gole escono i getti d’acqua che alimentano la vasca sottostante, lunga 470 mt larga 27 e con una profondità di 3 metri. Il grande mostro marino centrale, con la testa e il corpo di delfino ma con braccia e artigli terrestri, è appoggiato ad una scogliera, il cui fondo è costituito da una parete semicircolare sormontata da una balaustra in ferro battuto.
=== Giardino all'italiana ===▼
▲[[File:Caserta jardín 49.JPG|thumb|Peschiera]]
La ''fontana di Eolo'' è la più spettacolare e la più ricca di gruppi marmorei, fu eseguita infatti da una squadra di artisti: Salomone, Brunelli, Violani, Persico e Solari e ultimata nel 1785. È composta da un emiciclo a porticato, le cui arcate riproducono delle “caverne”, figurativamente dimora dei venti, qui rappresentati come figure alate dalla cui bocca sgorga l’acqua. Le 28 statue dei venti inscenano l’episodio di Eolo che, sollecitato da Giunone, scatena la loro furia contro Enea. Il progetto originale prevedeva un grande gruppo scultoreo di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni, circondato da nuvole e ninfe, che però non fu mai realizzato. Le sculture di Giunone e dei pavoni sono state recentemente situate all’ingresso degli uffici nel secondo cortile del PalazzoReale.
La terza fontana della “Via d’acqua” è la ''fontana di Cerere'', realizzata in marmo di Carrara da Gaetano Salomone tra il 1783 e il 1785. Cerere, dea contadina della fertilità, sostiene la medaglia della Trinarchia (la Sicilia) circondata da coppie di tritoni, delfini e Nereidi. Ai lati sono rappresentati i due fiumi siciliani, l’Anapo e l’Arethusa, sotto forma di divinità maschili, che reggono anfore dalle quali escono getti d’acqua.
La penultima fontana è quella di ''Venere e Adon''e, anche questa realizzata da Gaetano Salomone tra il 1784 e il 1789. La composizione statuaria in marmo di Carrara raffigura il mito dell’amore dei due dei: Venere inginocchiata che prende la mano di Adone e lo supplica di non recarsi alla caccia, perché lì incontrerebbe la morte; Adone, ignaro, la guarda sorridente, mentre poco più in là si vede un cinghiale (nel quale nel mito si cela Marte, il dio della guerra) posto sulla roccia, in atteggiamento predatorio. L’interpretazione del mito è spiccatamente rococò, e testimonia come l’influenza della tradizione barocca napoletana fosse imprescindibile per gli artisti casertani.
’ultima, alle pendici del monte Briano, è la ''fontana di Diana e Atteone'', che segna i confini del giardino all’italiana. A questa lavorarono Tommaso e Pietro Solari, Paolo Persico e Angelo Brunelli e venne completata nel 1785 e il 1787. Nella fontana si distinguono due gruppi di statue: da una parte Diana circondata dalle sue Ninfe e dall’altra Atteone con la testa in cervo. Come racconta il mito Atteone aveva spiato Diana mentre faceva il bagno con la sue ninfe; di conseguenza la dea, per punirlo, lo aveva trasformato in cervo, causandogli la morte sbranato dai suoi stessi cani. Il tema della caccia è presente in tutta la simbologia del parco, come riporta Vanvitelli nei suoi scritti, essendo il culto di Diana molto diffuso nel casertano, ricco di boschi e selvaggina.
[[File:Caserta-reggia-15-4-05 186.jpg|thumb|Scorcio del giardino inglese]]
All'interno del parco fu realizzato da [[John Andrea Graefer]] un giardino voluto dalla regina [[Maria Carolina d'Asburgo-Lorena]], moglie di Ferdinando IV, secondo i dettami dell'epoca che videro prevalere il [[giardino all'inglese|giardino detto "di paesaggio" o "all'inglese"]], sottolineatura dell'origine britannica di spazi il più possibile fedeli alla natura (o almeno alla sua interpretazione secondo i canoni del [[Romanticismo]]).
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* {{cita libro | cognome=Touring Club Italiano-La Biblioteca di Repubblica | nome= | titolo=L'Italia: La Campania| editore=Touring editore | città= | anno=2004 }}
* Hersey, George. ''Architecture, Poetry, and Number in the Royal Palace at Caserta'', (Cambridge: MIT Press) 1983. Caserta interpreted through the Neapolitan philosopher [[Giambattista Vico]]
* Flavia Belardelli,Salvatore Bonomo, Anna Maria Romano, ''Reggia e parco, Caserta'', Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1996, ISBN 8824038352
* Lucia Bellofatto, Giovanna Petrenga, Anna Maria Romano, ''La Reggia di Caserta'', Milano, Skira, 1999, ISBN 8881186268
* Italo Bonardi, ''Il Parco della Reggia di Caserta'', Milano, Le vie d'Italia, 1926.
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== Voci correlate ==
* [[Residenze reali borboniche in Campania]]
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